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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

sabato 11 settembre 2010

Le Recensioni di L.T. - Thomas Merton: "Lo Zen e gli Uccelli Rapaci", Ed. Garzanti, Milano 1970

Nota - Si inaugura qui la "rubrica" Recensioni. Si tratta della raccolta delle recensioni di libri che Luigi Turinese ha pubblicato nel corso del tempo e su varie riviste, a partire dal 1984. Ovviamente alcuni di questi libri non sono più in commercio, o non lo sono con le edizioni indicate, nonostante ciò la lettura può risultare interessante per i temi affrontati.

Thomas Merton: "Lo Zen e gli Uccelli Rapaci", Ed Garzanti, Milano 1970
Morto a Bangkok nel 1968, l'americano Thomas Merton è stato tra i più acuti studiosi, in campo cristiano, delle filosofie orientali, in particolare dl Buddhismo.
Tale studio non fu mai per lui, monaco cistercense di stretta osservanza, un arido esercizio di erudizione, ma un modo per rendere più vivo e profondo il suo cristianesimo.
Il libro in questione, dato alle stampe lo stesso anno della sua morte, contiene nella prima parte alcuni saggi su temi specificamente budddhisti ("Lo studio dello zen","Il nirvana", "Lo Zen nell'arte giapponese", ecc ...) e altri in cui vengono lumeggiati i punti d'incontro salienti tra Buddhismo e Cristianesimo, come pure alcuni problemi inerenti al confronto.
Un'attenzione alle religioni orientali può ricondurre le coscienze cristiane ad occuparsi dell'Essere e a non ridurre la parola di Dio a semplice invito all'azione moralmente encomiabile. "Bisogno dell'uomo moderno - scrive Merton - è la liberazione dalla sua eccessiva autocoscienza, dalla sua smania di autoaffermazione", e in questa operazione lo zen può aiutarlo.

Merton
pone l'accento sulla crucialità dell'esperienza nell'universo giudaico-cristiano e propone di cercare le convergenze tra Buddhismo e Cristianesimo proprio sul piano esperenziale.
Essere "inchiodati alla Croce con Cristo"(non teoricamente, ma come esperienza esistenziale: morire al proprio egoismo) fa sì che le nostre più profonde azioni non provengano dalla contingenza fenomenologica dell'io, ma da quel Fondo assoluto che è Dio, o, in termini buddhisti, il Vuoto. "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Paolo, Galati, 2, 19-20).
L'illusione di un IO separato che ogni cosa autoriferisce come oggetto di desiderio o di avversione e che non entra mai in relazione con la vita, ma tutt'al più con le proprie idee su di essa, è per il Buddhismo ignoranza (avidya), radice di ogni male e di ogni sofferenza. Tale tendenza egocentrica a falsificare il rapporto con il mondo e con gli esseri è adombrata dal concetto cristiano di "peccato originale", che Merton assimila al suddetto concetto buddhista di avidya.

L'estinzione dell'io psicologico, sociale e culturale segna, in ogni grande via religiosa, l'ingresso in un regno di libertà spirituale (nirvana buddhista). "Amor meus, pondus meum" dice Agostino. Per il Cristo l'unica salvezza, l'unica possibilità di aprirsi agli altri e alla vita, sta appunto nel perdersi, nell'abbandonare cioè il proprio io.


La seconda parte del libro comprende un dialogo tra Merton e D.T. Suzuki. L'eminente professore giapponese di filosofia buddhista, prendendo a spunto alcune traduzioni delle parole dei Padri del Deserto fatte da Merton, mette a confronto la spiritualità degli eremiti cristiani e la paradossale innocenza dei maestri zen. Merton risponde con un articolato saggio dove viene indicata la via di riacquisto di quella purezza di cuore, di quell'innocenza così presente nel tipico spirito dello zen che è il passaggio obbligato per il "ritorno in Paradiso" cioè per la scoperta del "regno di Dio in noi".

Non rimane che consigliare vivamente la lettura di questo libro e degli altri dell'Autore, a quanti - buddhisti, cristiani o cercatori liberi - abbiano compreso, per dirla con le parole dello stesso Merton, che "comunicare in profondità, al di là dei confini che hanno diviso le tradizioni religiose o monastiche, è ora non solo possibile e augurabile, ma quanto mai importante per i destini dell'uomo del secolo XX"

Luigi Turinese



In foto: "Visione velata"

Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA - Quaderni di Buddhismo", n. 9, Anno III, Gen-Marzo 1984

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Luigi Turinese Cantautore

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