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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

martedì 23 febbraio 2010

La Psicoterapia: l'Altra Stanza

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Siamo nello studio del dottor Luigi Turinese, nel quartiere Garbatella, a Roma, nella stanza dove esercita come Omeopata, dopo che ha lasciato a me la scelta se sistemarci qui o in un'altra stanza, dove invece esercita come Psicoterapeuta. Due attività, lo spiegherà più avanti, contigue, che in parte si sovrappongono, ma che è fondamentale tenere ben distinte.


Parliamo della sua attività come Psicoterapeuta ...
All'università non ho incontrato una figura di maestro forte come quella di Antonio Santini. Questo, unito alla pratica accanto a lui e alla constatazione empirica della sua efficacia, mi convinse a cominciare direttamente dall'Omeopatia.
Ma non fu una scelta scontata.
Negli studi di medicina ciò che mi aveva appassionato, tanto da condurmi a laurearmi in quella discipilina con una tesi di argomento psicanalitico, era stata la clinica psichiatrica.
Non mi specializzai in Psichiatria per un semplice gioco della sorte: il mio relatore, che sembrava stesse per aprire una propria scuola di specializzazione, non lo fece per i successivi quindici anni e la vita mi prese da un altro lato.
Ma negli anni Novanta ripresi questa passione, mi specializzai e oggi esercito anche come analista.


Ci sono delle affinità di questa pratica con quella dell'Omeopatia?
Nel formulare la diagnosi omeopatica, è importante anche valutare lo stato psicologico del paziente. Per questo può succedere che l'Omeopata si trasformi - senza volerlo e senza saperlo - in psicoterapeuta selvaggio.
D'altra parte alcuni pazienti , anche loro senza volerlo e senza saperlo, invece di andare dallo Psicoterapeuta, vanno dall'Omeopata che, tanto, si occupa anche del lato psicologico. Le "aree di sovrapposizione" tra Psicologia e Omeopatia talvolta inibiscono la soluzione di un problema clinico perché l'Omeopata pensa: "Faccio tutto io".
Dopo qualche anno cominciai a rendermi conto di questi problemi e decisi di fare un'analisi personale dal 1991 al 1995. Alla fine di questo percorso, che avevo intrapreso per semplice bisogno di esplorazione di me, "mi ricordai" che avevo, come medico, la possibilità di entrare in una scuola di formazione psicoterapeutica. Così feci domanda all'AIPA, Associazione Italiana di Psicologia Analitica, la più grossa associazione junghiana in Italia, di partecipare ai loro corsi di formazione.
Fui accettato e dopo una formazione di sei anni ho cominciato ad esercitare anche come Psicoterapeuta, tenendo però nettamente separate le due attività: non faccio Psicoterapia ai miei pazienti omeopatici e viceversa. In questo modo anche il mio lavoro medico si è chiarito, perché io mi sono chiarito interiormente le posizioni.


Ma se viene dall'Omeopata un paziente e lei capisce che ha bisogno dello Psicoterapeuta...
Se lo capisco nella prima parte del colloquio e sono ancora in tempo, posso dire che faccio anche lo Psicoterapeuta, ma se lo capisco tardi, oppure si tratta di un mio vecchio paziente, lo mando da un collega Psicoterapeuta. Allo stesso modo se dallo Psicoterapeuta viene una persona che ha bisogno dll'Omeopata, lo mando da un collega. Credo sarebbe sbagliato mescolare le due pratiche.
Questa doppia attività influisce anche sul modo in cui procede la mia riflessione teorica. Per esempio, la seconda edizione di Biotipologia, uno dei libri che ho scritto per Tecniche Nuove, contiene un'appendice che è squisitamente psicoanalitica, in cui analizzo il rapporto fra tipologia e individuazione, un concetto junghiano.

Tratto dall'intervista di F. Travaglini apparsa su Medicina Naturale n.6, Novembre 2006 Leggi la Prima Parte e la Seconda Parte dell'intervista

(In foto: L'Ombra & il Palazzo, Rosa Antico, Interior)

lunedì 22 febbraio 2010

La "mentalità omeopatica"


La mentalità omeopatica è la capacità di osservazione del paziente nel suo complesso, che significa un allargamento di questa osservazione nello spazio e nel tempo.



Nello spazio, nel senso che osservo tutti i sintomi che mi presenta e tutto il resto che sta nel campo dell' osservazione, la costituzione, altre caratteristiche, tutto quello che è la globalità dell'individuo nel momento dato.


Allargamento nel tempo, perché m'interessa la sua anamnesi, familiare e personale. In questo modo riesco ad avere, come un grand'angolo in fotografia, un'ampia panoramica sulla persona che ho davanti. Quel che conta è la qualità dell'idea che mi faccio, naturalmente con tutti i limiti e la perfettibilità...

Mantenendo la metafora: se la qualità della foto panoramica è buona, io poi posso fare dei ritocchi, anche di tipo allopatico... Perché no?

La farmacologia moderna nasce nel 1806 con l'estrazione del principio attivo morfina dall'oppio. Hahnemann fonda l'omeopatia, sebbene non la chiami ancora con questo nome, nel 1796. L'atteggiamento polemicamente spregiativo che aveva nei confronti dell'allopatia si basa anche su questa assenza di farmaci efficaci e sicuri. Ma un Hahnemann che nascesse oggi non potrebbe fare a meno di prendere in considerazione quel che nel frattempola ricerca farmacologica ha messo a disposizione del medico.



Vuole ricordare un suo successo e un suo fallimento come omeopata?
Come caso di successo, mi piace ricordare un tipico esempio di sapienza omeopatica applicata alla semeiotica. Un'anziana signora che seguivo da alcuni anni per sindromi di tipo funzionale mi cercò senza trovarmi - forse era un giorno festivo - per una forma di raffreddamento, così fece una terapia antibiotica, ma senza successo. Mi telefonò dopo qualche giorno e le chiesi di fare una radiografia del torace e ne risultò un grosso tumore polmonare. Era a destra e fu operata con ottimi risultati.
Io sono sicuro di avere avuto quell'intuizione di chiedere una lastra, di fronte ad un apparentemente banale caso di tosse, perché la signora è tipologia sensibile Thuya e io so che quella tipologia ha un'inclinazione alle forme tumorali; lo so dall'omeopatia, dallo studio del suo terreno, non perché ci sono dei sintomi speciali...

E l'insuccesso?
Curavo una signora per intestino irritabile, ma non migliorava mai granchè, pur essendo sicuro del suo inquadramento omeopatico. Migliorò solo quando divorziò. Questo tra l'altro dimostra che non è vero che l'omeopatia agisce bene nei casi psicosomatici.
Perché i casi psicosomatici sono i più duri da risolvere, per ogni medico. Il sintomo psicosomatico è forte e non se ne va in nessun modo né con l'omeopatia né coll'allopatia.

Gli insuccessi si hanno sempre quando non si riesce a fare una buona "foto panoramica", perché c'è qualcosa che determina la patologia che non riusciamo a identificare.






In quel caso sarebbe stata più utile la psicoterapia. Oppure, come effettivamente è stato, l'avvocato...


Tratto dall'intervista di F. Travaglini apparsa su Medicina Naturale n.6, Novembre 2006
Leggi la Prima Parte e la Terza Parte dell'intervista


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Mitologie della Psiche . Seminari IMPA


Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica IMPA

Comune di Catania Assessorato alla Cultura
Mitologie della Psiche
Un ciclo di seminari che intende presentare
il mito e la fiaba come possibilità di lettura del mondo




"E’ soltanto nella mitologia che la patologia riceve uno specchio confacente, giacché i miti parlano il medesimo linguaggio distorto e fantastico"
(James Hillman in Revisione della Psicologia)


Catania, Biblioteca Comunale, Via di S. Giuliano 307
ore 9.30-12.30

Ingresso gratuito (per un numero massimo di 40 partecipanti)


Il programma
Sabato 30 Ottobre 2010 ore 9.30/12.30

LO SPIRITO DELLA FIABA: PERCORSI IMMAGINALI DELLA CURA
Introduce Riccardo Mondo
Video di presentazione a cura di Agata Maugeri
Interventi di Patrizia Manara e Cinzia Caputo

Sabato 11 Dicembre 2010 ore 9.30/12.30
IL MIRABILE ARTIFICIO: L’OMBRA DI EFESTO E LA TECHNE
Introduce Luigi Turinese
Video di presentazione a cura di Raffaella Bonforte
Interventi di Giuseppe Castagnola e Salvo Pollicina

Sabato 22 Gennaio 2011 ore 9.30/12.30
L’ATTRAZIONE FATALE DI ADE OVVERO LA PROSPETTIVA INFERA DELLA PSICHE
Introduce Riccardo Mondo
Video di presentazione a cura di Gabriella Toscano
Interventi di Matteo Allone e Antonella Russo

Sabato 12 Marzo 2011 ore 9.30/12.30
DAL CAOS DELLE ACQUE ALL’INDIVIDUAZIONE: LE “CADUTE” DI AFRODITE
Introduce Luigi Turinese
Video di presentazione a cura di Giusy Porzio
Interventi di Giusi Polizzi e Fabrizia Vinci



I relatori, membri dell’IMPA

Matteo Allone psicologo analista AIPA
Raffaella Bonforte psicologo, psicoterapeuta
Cinzia Caputo psicologo analista AIPA
Giuseppe Castagnola psichiatra, psicoterapeuta
Patrizia Manara psicologo, psicoterapeuta
Agata Maugeri psicologo, counselor
Riccardo Mondo psicologo analista AIPA
Giusi Polizzi psicologo, psicoterapeuta
Salvo Pollicina neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta
Giusy Porzio psichiatra, psicoterapeuta
Antonella Russo psicologo, psicoterapeuta
Gabriella Toscano psicologo, psicoterapeuta
Luigi Turinese medico, psicologo analista AIPA
Fabrizia Vinci psicologo, psicoterapeuta


Coordinatore scientifico: Giuseppe Castagnola
Segreteria organizzativa: Francesca Amorini cell 3382339346
Foto e grafica di Gianna Tarantino

Vai alle pagine dei Seminari "Mitologie della Psiche"

domenica 21 febbraio 2010

Omeopati si nasce o si diventa?

A metà degli anni 70 - all'università mi ero iscritto nel 1974 - ho fatto un'esperienza da paziente, una storia comune, credo. Ero incuriosito da tutto l'insolito e l'omeopatia a quell'epoca sicuramente lo era, così, oltre a leggere tanto, decisi di andare a verificare di persona. E lo feci, con una certa soddisfazione, dal dottor Pier Luigi Molinari.
Proprio in quel periodo si era consumata la rottura drammatica tra due capiscuola dell'omeopatia italiana: Antonio Negro e Antonio Santini. Santini mi era stato segnalato da un amico, andai a trovarlo e mi trovai di fronte un personaggio di grande rilievo dal punto di vista umano. che quell'anno, era il 1977, aveva inaugurato una piccola scuola.
Il lunedì sera un manipolo di giovani medici e, come nel mio caso, di studenti, andava ad assistere alle lezioni nel suo studio ed era un vero piacere ascoltarlo.
Antonio Santini, che all'epoca aveva 59 anni, era portatore di un pensiero di tipo costituzionalistico che mi affascinava molto, parlava di terreni, di tipi umani...

Frequentavo l'università, andavo a fare gli esami con profitto, poi però il lunedì c'era questa specie di fronda che sembrava un contrappeso allo scientismo positivista.
La cosa mi appassionò molto.

Nel 1980 finì il corso di base di Santini e nel novembre dello stesso anno finii l'università. Così mi trovai laureato in medicina, ma anche con un bagaglio già acquisito in medicina omeopatica.
Qualche mese dopo la laurea, Santini mi mandò a fare una visita a domicilio a una sua paziente - mi ricordo ancora la data, 7 aprile del 1981 - e questo mi sembrò un atto di fiducia formidabile: avevo già avuto la sensazione di essere divenuto il suo allievo prediletto, quell'episodio me lo confermò.

Un'ulteriore conferma venne poco più tardi, quando mi chiese di andare a lavorare presso il suo centro, che nel frattempo si era ampliato e ormai le lezioni non si tenevano più nel suo studio ma in una vera e propria aula.
Quell'estate poi, quando partì per le ferie, lasciò nella segreteria telefonica il mio numero per le urgenze estive.

Fu una grande esperienza di formazione, perché mi mise in contatto con un numero di pazienti e di "casi" molto maggiore di quelli che mi consentiva normalmente la mia esigua clientela.
Con Santini continuai a lavorare fino al 1987 quando ci separammo.
Rimanemmo poi in contatto fino a quando morì, nel 1989, anno in cui io terminai un triennio di specializzazione in omeopatia e terapia omeopatica all'università di Bordeaux, sotto la direzione di Denis Demarque che è stato, secondo me, il più importante omeopata del Novecento.


Cosa distingueva di più il corso di Santini dal curriculum di studi che seguiva all'università?

L'elemento di novità maggiore era lo studio approfondito delle costituzioni umane, i biotipi, che nelle università italiane fino agli anni Cinquanta era presente e che però in quel momento non c'era più. Santini conosceva molto bene questa materia e fondava su di essa la sua prassi omeopatica.
Perché la scienza delle costituzioni umane era una scienza non omeopatica ma applicata all'omeopatia, studiarla non mi metteva in crisi nei confronti dell'apparato tradizionale di studi che stavo seguendo. Io potevo utilizzare un approccio globale, olistico e la farmacopea omeopatica, però dopo un'analisi semiologica che era quella tradizionale con in più quest'aspetto che l'università aveva dimenticato da un quarto di secolo e che però le era appartenuto: la scienza delle costituzioni.
Per questo non entrai mai in crisi, non mi sentii mai di dover rinnegare quello che facevo all'università.

La sua, dunque, non è stata una scelta originata dalla critica alla medicina convenzionale e dalla constatazione della maggior efficacia dell'omeopatia...
No, io non credo tuttora che l'omeopatia sia più efficace dell'allopatia. L'omeopatia per me è più convincente dal punto di vista intellettuale. L'allopatia è a volte molto efficace, ma, curiosamente, è poco convincente, molte volte. Sul piano della diagnosi, della comprensione del paziente le nozioni dell'omeopatia sono molto utili e integrano in meglio le nozioni della semeiotica tradizionale. Quello che penso, dopo 25 anni di pratica, è che, oltre alla terapia che spesso è efficace,ciò che è più importante di una formazione in omeopatia è che mette in grado il medico di diagnosticare meglio e più in fretta.

Luigi Turinese



Tratto dall'intervista di F. Travaglini apparsa su Medicina Naturale n.6, Novembre 2006 Leggi la Seconda Parte e la Terza Parte dell'intervista
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martedì 16 febbraio 2010

Il farmaco omeopatico: le diluizioni

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Il farmaco omeopatico viene indicato con una nomenclatura internazionale, per cui al nome latino vengono fatti seguire: un numero, che indica il numero delle diluizioni subite; la lettera C (più raramente la D), che indica il fatto che le diluizioni sono state effettuate 1 a 100 (più raramente1 a 10), ovvero con il metodo centesimale (più raramente decimale); la lettera H, che sta per hahnemanniano.

Per fare un esempio, NUX VOMICA 9CH indica la nona diluizione centesimale hahnemanniana di noce vomica.

Se il farmaco è preparato secondo altri metodi, ovviamente le sigle saranno dicverse: NUX VOMICA 06/LM è una diluizione cinquantamillesimale; e così via.

Naturalmente - mi si perdoni la precisazione - il farmacista è tenuto a consegnare il prodotto così come il medico lo ha richiesto, senza tentare spericolate sostituzioni: sempre a proposito di leggende metriopolitane, gira voce che qualche farmacista sprovveduto - non disponendo di un tubo-dose alla 15CH - abbia consigliato mezzo tubo alla 30CH...

Ci sono certamente diluizioni molto vicine tra loro che potrebbero "sopportare" la sostituzione: la 5CH e la 6CH oppure la 7CH e la 9CH, per esempio. Tuttavia mi fa sempre piacere ricevere la telefonata di un farmacista che mi chiede che cosa fare in caso di mancata disponibilità di un prodotto: è anche così che si crea un'alleanza professionale, a tutto vantaggio del paziente (e dell'Omeopatia).

Luigi Turinese

tratto da Il farmacista omeopata (Tecniche Nuove, Milano, 2002)

giovedì 11 febbraio 2010

La visita omeopatica

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La visita omeopatica è innanzitutto un’accurata visita medica.

Su di essa si sono sviluppate vere e proprie leggende metropolitane, la principale delle quali riguarda la sua durata. Ora, una visita medica ben condotta e comprensiva di alcune domande e di alcune manovre peculiari alla semeiotica omeopatica non dovrebbe comunque – a mio avviso – oltrepassare i quarantacinque minuti, salvo casi eccezionali. In primo luogo per non stressare il paziente, soprattutto il neofita, che non deve avere la sensazione di subire un interrogatorio; inoltre per non correre il rischio di creare una relazione terapeutica vischiosa, nell’ambito della quale il paziente possa riconoscere uno spazio psicoterapeutico abusivo e fonte di possibili danni per entrambi, il medico – che non ha di norma una formazione terapeutica – e il malato.

In quanto diagnosta, il medico deve orientarsi nel dedalo dei segni del paziente ordinandoli in una trama coerente. Più precisamente, egli deve sforzarsi di creare un ordine a partire dal caos rappresentato dai sintomi e dai segni che il paziente riferisce. Entrambe le categorie sono indizi di uno stato morboso; se non che i sintomi sono fenomeni soggettivi che il medico deve decodificare, mentre i segni sono fenomeni oggettivi che il medico è chiamato a riscontrare .
La semeiotica medica riveste un ruolo preminente nel lavoro clinico. Essa, attraverso quattro momenti fisici (ispezione, palpazione, percussione, auscultazione), cui si affiancano sempre più numerosi metodi diagnostici per immagini (semeiotica strumentale), si pone l’obiettivo di pervenire alla diagnosi clinica.


L’attenta applicazione della semeiotica medica consente dunque di pervenire alla diagnosi, o quanto meno a un sospetto cui la diagnosi strumentale e di laboratorio, oggi molto sviluppate, si incaricano di dare conferma.

Certo, senza una qualità che fa da sfondo alla perizia tecnica, e che costituisce in ultima analisi ciò che una volta si denominava occhio clinico o più semplicemente intuito, non si va molto lontano. Possedere la qualità dell’intuizione significa avere la capacità di operare una sintesi rapida della situazione che si ha di fronte.

Si snoda così il percorso: occhio clinico (intuizione)-> ragionamento clinico -> diagnosi -> terapia.

Si potrebbe dire che la qualità maggiore di un buon medico sia un’estrema capacità di attenzione o, meglio, una coltivata attitudine all’esercizio dell’arte dell’osservare.

Perché la medicina è sopra ogni altra cosa un’arte dell’osservare.

Luigi Turinese

tratto da Il farmacista omeopata (Tecniche Nuove, Milano, 2002)
(In foto: Semeion)

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lunedì 8 febbraio 2010

Congresso: Valentino & Valentina ...tra sessualità ed emozioni

Terni, 12 febbraio 2010



Luigi Turinese partecipa con l'intervento dal titolo: Menopausa: l'occasione per ridisegnare la freccia del tempo

Il Programma:

lunedì 1 febbraio 2010

Intervista: Omeopatia - RaiNews24

Con Riccardo de Torrebruna, ospiti di Carlo de Blasio nella trasmissione Tempi Dispari del 14 marzo 2007, RaiNews24


Intervista: Etnopsicologia - RaiNews24

Sull'immigrazione nella trasmissione Tempi Dispari
di Carlo de Blasio, RaiNews24

Intervista radiofonica del 8.12.2009 su Rai Radio2

Ospite di Barbara Palombelli nella trasmissione 28 minuti di Rai Radio2 Luigi Turinese parla del suo ultimo libro "Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica" (ed. Elsevier-Masson, Milano 2009.

Particolare della copertina del libro, disegno di Prospero Andreani


Ascolta l'intervista


Il sito di Rai Radio2 dove poter ascoltare l'intera puntata.

Libri di Luigi Turinese

Luigi Turinese Cantautore

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