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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

venerdì 4 marzo 2011

Le Recensioni di L.T. - "Lo Yoga della Potenza" , di J. Evola

Julius Evola, "Lo Yoga della Potenza", Edizioni Mediterranee, Roma 1994

Il tantrismo, nell'accezione buddhista di Vajrayana e più ancora come vivificante innesto al tronco dell'induismo, si configura, all'inizio dell'era cristiana, come una via spirituale perseguita attraverso il corpo. In quanto tale, esso è di totale modernità, e in un certo senso la via di realizzazione più coerente all'era in cui ci troviamo a vivere, il kaly-yuga.
Trasformare il veleno in farmaco, questo il principale precetto del tantrismo, conseguito cavalcando le passioni apparentemente più "amorali" strappate al segno dell'attaccamento per vederne l'intrinseca spiritualità.
Ponendo al centro della ricerca la dialettica tra principio maschile (Shiva) e principio femminile (Shakti), il tantrismo fa della polarità sessuale una figura dell'unione tra Shiva e Shakti, adombrando così ciò che nella psicologia junghiana prende il nome di "coniunctio oppositorum".

Secondo Evola, le principali caratteristiche del tantrismo sono tre: la metafisica della shakti, la valorizzazione del sadhana (la pratica, che si avvale dello hatha yoga, soprattutto del pranayama e, in alcune scuole, dell'unione sessuale rituale); la dottrina del mantra cui è dedicato per intero l'ottavo capitolo del libro. Lo shaktismo è visto da Evola come l'espressione di un residuo comune ad antiche civiltà, identificabile nel culto della Magna Mater.
Molto interessante è anche il X capitolo, dedicato ai chakra, centri energetici di una fisiologia occulta.
Nelle prime battute di questo lavoro Evola dichiara di "voler mantenere una ugual distanza sia dalla scialbe esposizioni bidimensionali specialistiche dell'orientalismo universitario e accademico, sia dalle divagazioni degli "occultisti"e dei cosiddetti "spiritualisti" dei nostri giorni" (pag. 27).
Intento lodevole e per molti versi rispettato, in un libro ben scritto e in cui si avvvertono meno del solito le sgradevolezze evoliane, o quelle che ci paiono tali: un certo supponente nietzschianesimo, un'ostentata aristocrazia dello spirito contrapposta alla "democrazia" del mondo moderno, i segni di un razzismo che gli evoliani sono soliti negare con cavillose argomentazioni, ma che affiora non appena l'autore "si distrae". Come quando leggiamo che lo yogi persegue "l'assenza di ogni segno del volto rivelante un pensiero o un sentimento, ottenuta con un completo controllo dei muscoli facciali fino ad una impassibilità tipicamente ariana (sic!) da statua" (pag. 113).
Non a caso il titolo della prima stesura dell'opera, poi largamente rimaneggiata, doveva essere "L'Uomo come Potenza".
Molto opportuna risulta dunque la lettura della recensione che Marguerite Yourcenar scrisse nel 1972 per "Le Monde" e che viene riportata in fondo al volume. Recensione tutto sommato positiva, ma in cui si pone un'acuta distinzione tra mistico e mago, riconoscendo in Evola la propensione verso la seconda realtà, piuttosto che verso la prima.

Luigi Turinese


In foto: "Orecchie d’asino"


Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA , Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo ", Anno XIV, n. 55, Luglio-Settembre 1995

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