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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

lunedì 14 novembre 2011

"Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica" - Recensione di A. Dorella

Luigi Turinese, "Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica", Tecniche Nuove, 1997


di Antonio Dorella

"La tipologia accoglie con pienezza l'accorato appello della scienza medica a riprendere il suo tratto umanistico", è scritto nella prefazione del bellissimo libro di Turinese, in controtendenza rispetto ai recenti fatti di cronaca. La biochimica sembra, proprio in questi mesi, aver toccato l'apogeo del successo e del consenso: con una pillola la farmacologia promette alle persone che soffrono di disfunzioni erettili il ripristino immediato del loro vigore, rassicura ai timidi di poter superare gli imbarazzi delle loro titubanze e agli obesi il recupero di una forma fisica straordinaria. Anche le migliori prestazioni sportive sembrano in alcuni casi essere possibili solo in virtù degli aiuti che provengono dalle farmacie.

Eppure qualcuno ancora si ostina a mettere in discussione lo strapotere senza rivali di questa concezione biochimica dell'uomo. Un vitalismo indisponente continua ad argomentare che le patologie sono anche le modalità con cui il corpo dà voce ai propri disagi e che, al di là delle classificazioni semeiotiche , rappresentano la via maestra per valutare gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo della nostra individualità. Ognuno ha la malattia che si merita, o meglio: ogni sintomo, se guarito perché compreso, potrebbe essere la chiave di accesso ad un nuovo livello di coscienza.

Luigi Turinese, medico-omeopata e analista, appartiene alla schiera dei pionieri che affiancano al rigore dell'indagine anatomo-patologa della malattia anche lo sforzo di comprensione del particolare significato che quella malattia riveste nella vita del paziente, utilizzando l'analisi delle caratteristiche tipologiche dell'individuo. Perché, dice Oscar Wilde, con una elegante provocazione - "soltanto i superficiali non giudicano dalle apparenze".

L'interesse per lo studio della tipologia ha una storia antica. Dalle dottrine umorali - in Oriente - della medicina ayurvedica e - in Occidente - di Ippocrate di Coo, alla fisiognomica di Aristotele, di Giovan Battista della Porta e per ultimo Lavater, noto per le silhouettes delle sue teste. Alcuni tentativi maldestri di correlare direttamente le circonvoluzioni della parete esterna, quella palpabile, del cranio con le predisposizioni caratteriali, ad opera del frenologo Joseph Gall, o con la tendenza al crimine, come fece Cesare Lombroso nella sua antropologia criminale, incrinarono nei secoli successivi lo studio del volto umano. Per ironia della sorte, proprio al Lombroso, qualche giorno dopo la sua morte, durante l'autopsia del cranio, vennero riscontrate le caratteristiche che - secondo la sua dottrina - prevedevano la natura dell'alienato e del criminale!

Nel XX secolo riaffiorerà l'interesse per la scienza delle costituzioni umane, attraverso un'indagine anatomicamente più definita delle differenze individuali. A secondo dei criteri di analisi adottati, si differenziano essenzialmente quattro diversi sistemi classificatori: morfofisiologico, antropometrico, endocrinologico e embriologico.

Il primo criterio, quello morfologico, annovera numerosi rappresentanti, fra i quali si evidenziano Allendy e Sigaud.
Allendy distingue i costituzionali in cefalico, toracico e addominale, ciaascuno contrassegnato da un maggior sviluppo del rispettivo segmento anatomico. Sigaud descrive invece quattro tipi base: digestivo, respiratorio, muscolare e cerebrale. Ognuno con precise caratteristiche somatiche e psicologiche.
Il sistema classificatorio antropometrico è basato invece su parametri di misurazione e di rapporti metrici fra alcuni segmenti del corpo.
Concetti e terminologie più dettagliatamente mediche sono introdotte dagli altri criteri di classificazione delle costituzioni umane: il criterio endocrinologico, che applica i nuovi punti di vista biochimici-ormonali e il criterio embriologico che parte dall'ipotesi che esista in ciascun individuo una preponderanza di sviluppo degli organi derivati dai tre foglietti germinativi embrionali (endo. meso ed ecto - derma).

L'omeopatia odierna, malgrado il disinteresse del suol fondatore Hahnemann, raccoglie, personalizzandole, le informazioni sulle biotipologia umana e le congloba a pieno diritto all'interno del suo armamentario terapeutico.
Costituzione sulfurica, carbonica e fosforica divengono i nomi delle principali categorie ermeneutiche per la valutazione dei pazienti omeopatici e delle loro malattie.

Il quinto e ultimo capitolo del libro di Turinese è dedicato alle indagini tipologiche fornite dalla psicologia e dai suoi più illustri rappresentanti, come William Reich, Sigmund Freid e soprattutto Carl Gustav Jung.

La prima opera di Turinese è un libro dotto, armonioso, avvincente ma non sempre facile. Pregiato anche della post-fazione del musicista Franco Battiato che alla fisiognomica ha dedicato alcuni anni di Studio e un album di canzoni sul tema.
Un libro ricco di immagini che ci sarebbero piaciute più grandi per poterne meglio godere i fondamentali dettagli. Manca - ed è l'unica notazione che ci sentiamo di fare all'autore - il coraggio di una sintesi personale e complessiva, per non congedare il lettore con la sensazione finale di una insuperata e insuperabile frammentazione negli studi sulla biotipologia.

Antonio Dorella

In foto: "Il volo"

Recensione apparsa su "Giornale Storico Di Psicologia Dinamica. Rivista del Centro Studi di Psicologia e Letteratura" "Scrittori (Seconda parte)", Vol. XXIII n. 46, Giugno 1999, pp.149-152

Vai alla scheda del libro "Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica", di Luigi Turinese

Ascolta la postfazione di Franco Battiato nell'archivio radiofonico latta da Roberta Maresci durante il programma "Due di Notte", Rai Radio2

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