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giovedì 3 novembre 2011

Le Recensioni di L.T. - "La colomba nello studio dell’analista", di G. Mogenson

Greg Mogenson (2003): "La colomba nello studio dell’analista. L’isteria e l’Anima in Bollas e Jung", Moretti&Vitali, Bergamo 2005, pp. 367

Questo libro […] tratta della dimensione spirituale dell’attività analitica […] Ciò che la religione ha definito anima, e la psicologia isteria, la tradizione junghiana […] l’ha definita Anima” (pp. 25-26).
L’intento di Greg Mogenson, analista junghiano canadese, non potrebbe essere più chiaro.
Nondimeno l’operazione è di quelle che presuppongono cultura molto ampia e coraggio equivalente; tanto più che la pietra di paragone presa a prestito dall’autore per perseguire la sua meta è un libro importante di area freudiana, Isteria, pubblicato da Bollas nel 2000 (edizione italiana 2001), quasi a segnare il centenario della Traumdeutung con un’opera altrettanto capitale.

D’altra parte, “l’isteria è stata la matrice caotica da cui si è sviluppata la psicoanalisi” (p. 176). Come afferma David Miller nella bella prefazione Bollas e, per il versante junghiano, Giegerich vengono utilizzati come “collanti” tra Freud e Jung. Uno degli obiettivi del libro, infatti, è quello – trattando di una crepa endopsichica – di sanare una crepa storica, “oltre il Freud e lo Jung letterali e i letteralismi freudiani e junghiani” (dalla prefazione, p. 14).
Mogensen considera l’anima correlata alla colomba in quanto figura dello Spirito; dando uno sfondo archetipico al suo discorso, egli cerca di far apparire il religioso implicito nel dettato di Freud e Bollas; laddove il letteralismo di Bollas riduce la Sacra Famiglia a paradigma dell’isteria, l’autore afferma che “nella funzione religiosa c’è sicuramente qualcosa di più che non una fuga isterica dal padre sessuale” (p. 68).

Jung, d’altra parte, non nega l’importanza della sessualità ma ne indaga il fondo numinoso, che la rende partecipe al processo individuativo. Il rispetto di Jung per la potenza dell’Anima corre in parallelo con la sua scoperta (v. le fantasie di Miss Miller) del controtransfert archetipico. È suggestiva la parentela posta tra isteria e fenomenologia di Afrodite: come quest’ultima nasce dalla schiuma prodotta dalla caduta in mare dei genitali di Urano, così l’isteria viene messa in essere dalla corruzione dell’ordine simbolico paterno. Bollas interpreta l’isterico come un individuo che rifiuta il padre e ritorna alla madre preedipica. Ma è isterica anche la prospettiva di Bollas, cieco al mondo dello spirito e abbarbicato alla realtà personale.

È vero che Bollas introduce il termine “spirito” nel suo discorso. Tuttavia egli stigmatizza la spiritualità dell’isterico come una struttura difensiva nei confronti della realtà della sessualità e del padre. Per Mogenson, invece, essa è “espressione compensatoria rispetto all’ateismo psicoanalitico” (p. 200). “[…] ciò che nella psiche sembra onnipotente od onnisciente viene per la maggior parte liquidato […] come illusione infantile. Laddove la psicologia analitica parla di numinoso, la psicoanalisi parla di idealizzazione. Laddove gli junghiani parlano di psiche oggettiva, le loro controparti freudiane e post-freudiane parlano di paranoia, di fantasie d’onnipotenza […] L’isterico, con tutte le sue esibizioni teatrali, il suo linguaggio immaginoso e le sue aspirazioni spirituali, viene definito presimbolico” (p. 237).

Ora, non si vuole certo negare l’ubiquitarietà dell’isteria, anche nel mondo contemporaneo. L’analisi stessa, in fondo, è una prassi isterica, coi suoi interdetti alla vita concreta e alla sessualità. “A livello inconscio, diagnosticabili o meno, siamo tutti isterici” (p. 147). D’altra parte, Jacques Lacan non veniva chiamato – dai suoi stessi accoliti – l’”isterico”, certamente sulla suggestione costituita da quello che potremmo definire l’elemento profetico dell’isteria? Non si possono non condividere le parole di Mogenson, quando scrive (pp. 269-270): “L’isteria […] ci appare non come la sirena distruttrice dell’analista immaginata da Bollas […] bensì nelle svariate guise di Shahrazad, Eliza Doolittle e, cosa più sorprendente di tutte, della Madre Santa”.

In conclusione, siamo di fronte a un libro importante, colto ponte tra due tradizioni imprescindibili, come testimonia la doppia citazione in esergo a ciascuno dei dieci capitoli che lo compongono: una tratta dal libro di Bollas sull’isteria e l’altra dalla sterminata produzione di Jung.

Luigi Turinese

In foto: "Losanghe"

Recensione apparsa su. "Cure analitiche e psicosi - Polifonia per Ofelia", "Rivista di Psicologia Analitica", Nuova serie, n.22,74/2006, pp. 205-206

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