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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

sabato 5 novembre 2011

Le Recensioni di L.T. - "Tra mente e corpo", di L. Solano

Luigi Solano, "Tra mente e corpo", Milano, Raffaello Cortina Editore, 2001, pp. 450
Nel 1994 lo psichiatra Luigi Solano – docente di Psicosomatica presso la Facoltà di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma e membro della Società Psicoanalitica Italiana – pubblicò per Piccin uno studio a quattro mani (coautrice Rosamaria Coda) sulla psicoimmunologia dal titolo Relazioni, emozioni e salute.
Vi si spiegava come i fattori psicosociali influenzino la fisiologia e la salute; la via scelta era quella nosografica, rinunciando in pratica all’elaborazione di un’adeguata cornice teorica.

Al centro del recentissimo Tra mente e corpo, invece, non ci sono più le patologie ma i fenomeni psicologico-relazionali e le teorie che li sottendono, le quali riguardano eventi, emozioni, relazioni oggettuali interne ed esterne. Il riferimento – esplicito – è ai lavori di Graeme Taylor, a partire da Medicina psicosomatica e psicoanalisi contemporanea (1987; tr. it.: 1993) fino a I disturbi della regolazione affettiva (1997; tr. it.: 2000), scritto a più mani e riguardante soprattutto l’alessitimia, letteralmente mancanza di parole per le emozioni.
La cornice teorica utilizzata in Tra mente e corpo è quella della regolazione degli stati affettivi e fisiologici nel rapporto con un oggetto che è prima esterno e poi interno.
Allineandosi alle posizioni della psicosomatica più recente, Solano perviene al superamento dell’idea – invero alquanto primitiva – che alla salute giovi la semplice “scarica” delle emozioni; sembrano piuttosto essere cruciali l’elaborazione cognitiva e una regolazione ottimale del vissuto emozionale.

Viene inoltre sottolineato il carattere relazionale del funzionamento mentale: concetto che la psicoanalisi contemporanea va sostenendo da tempo, in un crescente distanziamento dalle posizioni pulsionali delle origini. Non si può non chiamare in causa, a questo proposito, gli assunti dell’intersoggettività; così come il lavoro di Daniel Siegel, di cui Raffaello Cortina ha appena edito in italiano La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, nel quale si spiega come l’esperienza relazionale per così dire “modelli” la morfofisiologia del cervello.

Tra mente e corpo è strutturato in quattro parti, per un totale di quindici capitoli, alcuni affidati a collaboratori di calibro internazionale (Lydia Temoshok, James Pinnebaker, Wilma Bucci).
Nella preziosa introduzione sono esposti i concetti di base, a partire dai cenni storici sull’evoluzione della psicosomatica. Per come si è sviluppata nell’ultimo quarto di secolo, questa disciplina presenta alcuni assunti fondamentali:
1) Con l’introduzione di un paradigma di salute unitario, si è giunti ad eliminare la tradizionale distinzione tra malattie psicosomatiche e malattie organiche: al limite, le stesse malattie mentali non sono che malattie psicosomatiche il cui organo bersaglio è il sistema nervoso centrale.
2) Il modello monocausale (“le emozioni influenzano la fisiopatologia”) è stato superato a favore di un modello bio-psico-sociale, la cui lettura non è lineare ma sistemica.
3)È decaduto l’interesse dei primi psicosomatisti (vedi Alexander) per il valore simbolico dei sintomi somatici.
4)Piuttosto che ad un conflitto, la genesi dei disturbi viene attribuita ad un deficit (dell’Io o del Sé), con grande enfasi sulle relazioni oggettuali. In linguaggio junghiano, si potrebbe dire che il fattore patogeno principale risieda in una carenza di funzione simbolica.

Potremmo allora chiederci se è ancora legittimo parlare di psicosomatica o non piuttosto di pressioni multifattoriali sulla salute. Da questo punto di vista, il tradizionale concetto di stress deve allargarsi fino a comprendere un crescente interesse per le caratteristiche individuali del soggetto che subisce l’azione degli stressor: allargamento che chiama in causa la categoria della tipologia. Qui si inserisce il discorso – che Solano fa suo – sulla neonata psicologia della salute, che si occupa della promozione del benessere piuttosto che della prevenzione e della cura del malessere. Tale approccio rivoluziona i dati sui fattori di rischio e sulle strategie di prevenzione, ridimensionando l’assolutismo di una certa epidemiologia.

Nella prima parte del volume, intitolata Eventi di vita e salute, vengono descritte le tappe del superamento dell’approccio veterocomportamentista allo stress a favore di un’integrazione cognitivista, coi suoi richiami ai vissuti individuali nell’incontro con gli eventi. Particolarmente interessante è la descrizione del profilo di personalità di tipo C, comportamento disadattivo appreso che sembra predisporre al cancro.
Laddove viene riportato uno studio sugli effetti delle situazioni di disagio sul sistema immunitario, l’impressione è che si conferisca una sia pur utile copertura sperimentale a dati normalmente attinti col buon senso clinico; l’effetto ha venature involontariamente comiche quando si espone l’effetto benefico – attestato da un aumento delle IgA sieriche – della visione di un film su Madre Teresa di Calcutta.

Molto interessante mi è parso invece il V capitolo, in cui James Pinnebaker, dell’Università del Texas, dimostra come la narrazione scritta di eventi traumatici apporti benefici effetti alla salute. “La pura e semplice espressione di un trauma non basta per determinare cambiamenti fisiologici duraturi. Per ottenere miglioramenti nello stato di salute, sembra necessario tradurre le esperienze in parole” (p. 167). Per amore di verità, a queste conclusioni – per via non sperimentale ma “poetica“ – era giunto James Hillman scrivendo nel 1983 Le storie che curano (tr. it.. 1984), che naturalmente non viene citato neppure nella sterminata bibliografia, in omaggio al vezzo freudiano di fingere di non accorgersi della letteratura di parte junghiana; e nell’illusione che qualche dato sperimentale metta fine alla vexata quaestio circa la presunta scientificità della psicoanalisi.

La seconda parte del libro, Emozioni e salute, è dedicata allo studio della capacità di esprimere le emozioni; in linguaggio bioniano, alla capacità di trasformare gli elementi β, grezzi, originati dall’esperienza, in elementi α, ovvero rappresentazioni mentali di pensieri, sogni, fantasie, emozioni. Le psicosomatosi sono caratterizzate certamente da scarsa espressione emotiva; alla luce degli studi più recenti, tuttavia, come correlato di un peggiore stato di salute appare più esatto parlare di espressione emotiva inadeguata, pertanto non soltanto scarsa ma anche incontrollata.
In questa parte, è degno di menzione il VII capitolo, dedicato all’alessitimia. È particolarmente rilevante il fatto che i soggetti alessitimici non riescano neppure a decodificare le emozioni negli altri. Poiché questi pazienti – tra l’altro – non ricordano quasi mai i sogni, potremmo aggiungere che essi mancano di facoltà simbolica. Alla base c’è una disregolazione affettiva: si ricordi che alti livelli di alessitimia si riscontrano anche nella personalità di tipo A, caratterizzata da livelli di espressione emotiva eccessivi. Caratteristiche alessitimiche si riscontrano in fenomeni come tossicodipendenze, disturbi del comportamento alimentare, sessualità promiscua e atletismo coatto. L’alessitimico – e questa è una notazione importante nella pratica clinica – induce frequentemente nel terapeuta una reazione di noia e/o sonnolenza. L’alessitimia, infine, riferisce una misura di tratto della personalità.

Un altro parametro indicativo è la cosiddetta attività referenziale, che valuta la capacità di tradurre in linguaggio un’attivazione non verbale: più essa è bassa, maggiore è il rischio di malattia. Di essa si tratta nell’VIII capitolo, scritto a sei mani (con Solano, Wilma Bucci e Luisa Zoppi, quest’ultima membro candidato dell’A.I.P.A.). L’attività referenziale misura lo stato del momento ed è connessa alla teoria del codice multiplo, secondo la quale l’attività mentale si organizza secondo tre sistemi:
•Sistema non verbale-non simbolico.
•Sistema non verbale-simbolico.
•Sistemaverbale-simbolico.
La malattia sarebbe l’esito di una disconnessione tra i diversi codici di elaborazione dell’esperienza.

Potremmo definire la terza parte del libro, Relazioni esterne, relazioni interne e salute, come una sorta di intersoggettività estesa al funzionamento somatico. Nel discutere del rapporto tra relazioni primarie e salute, viene postulata un’attività del bambino sin dalla nascita e una sua differenziazione precoce: non più considerato “tabula rasa”, il bambino contribuisce alla relazione primaria. Si parla di temperamento, pur senza mai entrare nella questione tipologica; allo stesso modo, vengono introdotti termini come memoria implicita, memoria procedurale, modelli operativi interni: tutti neologismi a proposito dei quali non si riconosce una qualche parentela concettuale con la nozione di archetipo.
Il fatto di considerare le relazioni sociali come dei regolatori psicobiologici è in linea con la celeberrima definizione che della salute dà l’O.M.S.: “stato di benessere fisico, psichico e sociale…”.

Dal punto di vista clinico, riveste un certo interesse il capitolo X, dedicato all’analisi di due patologie somatiche: il torcicollo e il diabete mellito (particolarmente rivoluzionario, com’è ovvio, è considerare la valenza psicosomatica di quest’ultimo).

L’ultima parte del volume è dedicata al ruolo del sistema immunitario. In particolare, vengono descritte le vie biologiche attraverso cui fattori emotivi, relazionali, sociali possono influenzare il sistema immunitario; così come gli effetti sul piano biologico degli interventi psicologici. Sono altresì riferiti i risultati degli interventi su pazienti oncologici o HIV+.

Tutto il libro è pervaso da un’enfasi maggiore sui fattori di salute e di guarigione piuttosto che sui fattori di malattia. Analogamente, vi è una critica a mio avviso salutare all’egemonia, ormai apodittica, del DSM IV. Si sostiene “[…] la necessità di giungere a una classificazione dei disturbi mentali sul piano della diagnosi, della prognosi, dell’intervento, che parta non dai sintomi, ma dalla configurazione mentale dei soggetti, definita con teorie che abbiano senso rispetto alla prospettiva di un intervento psicoterapeutico” (pp- 386-387).

Si chiude il volume con un condivisibile auspicio di revisione terminologica: “Alla luce di questi dati il termine di psicosomatica appare sempre meno adeguato e possibilmente fuorviante. Sarebbe piuttosto necessario costruire un termine che denoti gli effetti sul corpo individuale di una disregolazione affettiva e relazionale” (p. 387).

Tra mente e corpo è certamente un libro importante, che fa il punto sullo stato dell’arte della psicosomatica. Si tratta, in un certo senso, di un lavoro di alta compilazione: ne fa fede una bibliografia di circa ottocento referenze, che se da un canto è preziosa, al tempo stesso appanna un poco l’originalità del pensiero. Affiora una domanda che contiene un auspicio e un invito: a quando un contributo sulla psicosomatica di area junghiana? E infine: è possibile un contributo sul tema che mantenga vivi metafore e concetti psicoanalitici? Perché – e non suoni come critica – anche l’ottimo lavoro di Solano, nonostante la provenienza freudiana dell’Autore, ha piuttosto un sapore cognitivista.

Luigi Turinese

In foto: "La soglia"

Recensione apparsa su "Psiche e Psichiatria", "Rivista di Psicologia Analitica", Nuova serie n.12, La biblioteca di Vivarium, 64/2001, pp. 19250-253

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