La medicina ha bisogno di mètis
di Luigi Turinese
La mancanza di mètis
In questi mesi ho lavorato intorno ad alcuni temi interdisciplinari, considerata anche la mia doppia competenza, di medico e di psicologo analista. Alcune settimane fa, mentre approfondivo il concetto di mètis per un Convegno di psicoanalisti junghiani, mi è sembrato di avere sempre più chiaro perché trovo insoddisfacente l’ingiunzione della medicina contemporanea di procedere per linee-guida e protocolli: infatti la nostra pratica, così come viene proposta, manca di mètis, ovvero di quella intelligenza astuta in grado di vedere soluzioni dove la statistica non sa guardare. Possiamo dire che la cultura scientifica dominante ha privilegiato il pensiero logico (logos): unilateralità particolarmente dannosa in medicina, disciplina complessa che non si risolve in pura oggettività. Alcuni correttivi stanno nascendo: si veda l’attenzione nei confronti della medicina narrativa, che viene presentata come una novità ma che per noi medici omeopati è una realtà da oltre due secoli. Si tratta però di correttivi isolati, mancando una visione d’insieme sorretta da una appropriata filosofia della medicina, che ne riconosca e rispetti la duplice natura di scienza e arte.
Mito e mètis
Che cosa dunque è la mètis? La mitologia greca ci dà qualche spunto iniziale, ricordandoci che Mètis è la prima moglie di Zeus: una oceanina che gli sfuggiva in ogni modo, tanto che alla fine Zeus si risolse di ingoiarla, quando però era oramai gravida. Le doglie si annunciarono sotto forma di una terribile emicrania, e dal cranio di Zeus nacque Atena, la dea della sapienza (sophìa). Nel terzo secolo a. C. il filosofo stoico Crisippo pone una distinzione tra sophìa e phronesis: la prima si interessa degli universali, la seconda, intrisa di mètis, è una qualità che dirige l’agire, tenendo conto della complessità e del contesto.
Il pensiero “laterale”
Ora, è evidente come la medicina, per lo meno nella sua declinazione clinica, abbia bisogno di un pensiero contestuale, di un pensiero flessibile, piuttosto che di un approccio sistematico e astratto che proceda per squadrate verità. Potremmo dire che, oltre alla via del razionale, urge percorrere la via del ragionevole, che sappia scegliere di volta in volta, da caso a caso, la soluzione più adatta. La via del ragionevole si nutre di intuizione, di colpo d‘occhio. [...]
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