Piazza N. Longobardi 3, 00145 Roma tel 06 51607592
"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

venerdì 12 novembre 2021

Prefazione a "Tutto - un romanzo di FantaUmanità" di Chiara Fusi (Edizioni WE)

 



Prefazione di Luigi Turinese

Difficile dire che cosa è questo strano oggetto che l’Autrice definisce “romanzo di Fantaumanità”. È un romanzo, innanzitutto? Anche; ma non solo. È un esperimento letterario? Sicuramente. Scritto, forse non a caso, in periodo di pan-demia, sin dal titolo reca una traccia indelebile del dio che il termine medico contiene. Tutto, in greco pan: come il nome del dio Pan, signore della natura e delle sue pulsioni. Riassumerne la trama – una sorta di terapia di un’umanità ferita e votata all’estinzione – non rende l’idea di un “libro multiverso”, come gli universi che descrive. È un romanzo-utopia, una narrazione distopica non priva di sfumature dada, come si addice a un’Autrice che si definisce “creativa culturale”. Chiara Fusi si propone infatti di “attivare la potenza immaginifica insita nella nostra natura”, perché “l’immaginazione è la materia prima della creatività”. 

Nel romanzo, l’umanità è minacciata dal danneggiamento del Dialogh’io, ovvero della funzione di connessione tra l’Io e il proprio daimon. La cura dell’umanità sofferente si applica per un quarto di secolo, tra il 2025 e il 2075, grazie all’uso di un insieme di “morbide-invenzioni”. Dunque c’è anche una spruzzata di fantascienza à la Philip K. Dick, in questa narrazione popolata di utopici espedienti, come la creazione di sexoranti, luoghi dove ci si può scambiare libere e consensuali effusioni. 

Ho usato non a caso il termine utopico e non il più comune utopistico: il primo aggettivo infatti comprende una realizzabilità che il secondo non prevede. Il libro di Chiara Fusi è pervaso da una coloritura immaginale. Non immaginaria, si badi bene, ma appunto immaginale. Differentemente dall’immaginario, categoria che sottende un uso compensatorio della fantasticheria, l’immaginale è il luogo dell’esperienza simbolica, popolato di archetipi, uno stato intermedio tra conscio e inconscio. “Ogni processo psichico è un’immagine e un immaginare, altrimenti non potrebbero esistere di quel processo né coscienza né fenomenalità” (Jung, 1939). In questa linea procede il più autorevole post-junghiano del ‘900, James Hillman, quando scrive (1981): “Il cuore non è tanto il luogo del sentimento personale, quanto il luogo del vero immaginare”. 




mercoledì 10 novembre 2021

Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman - Nuova edizione, 2021 - Edizioni LSWR


CARO HILLMAN ...
VENTICINQUE SCAMBI EPISTOLARI CON JAMES HILLMAN

Attualità della psicologia archetipica

Alcune voci significative della psicologia analitica e della cultura italiana scrivono a James Hillman – figura prestigiosa e carismatica, l’allievo più significativo di Carl Gustav Jung – presentandogli ricordi personali, interrogativi, proposte, ma anche perplessità e dissensi. 

L’iniziativa di raccogliere in volume queste lettere, con le risposte di Hillman, intende stimolare un dibattito sul cosa significhi rifarsi al pensiero e all’insegnamento di Jung e quale aiuto la psicologia archetipica offre ai problemi dell’individuo e della società attuale.

Questa nuova edizione di "Caro Hillman..." contiene la prefazione di Silvia Ronchey, celebre collaboratrice di Hillman e due capitoli sull’attualità della Psicologia Archetipica di Riccardo Mondo e Luigi Turinese, già curatori e autori della precedente edizione.

Scheda tecnica

Numero Pagine 264

Formato 15 x 21 cm

Rilegatura Brossura

ISBN 978868959654

Data di pubblicazione 11-2021

eISBN 9788868959661

Colore 4 Colori

ISBN | eISBN 978868959654

Prezzo 24,90 €

Guarda il Video fb di presentazione di Luigi Turinese per "l'arte di comunicare"

Acquista la nuova edizione di Caro Hillman...

Vai alla pagina di presentazione del libro a Catania, sabato 4 dicembre 2021
Palazzo della Cultura, via Vittorio Emanuele II

lunedì 7 giugno 2021

"Da Catherine Marie-Agnès a Caterina Luisa; e ritorno" di Luigi Turinese - Introduzione a "Il giardino dei tarocchi: il gioco di Niki" (Futura libri, 2020) di Caterina Luisa de Caro

 

Da Catherine Marie-Agnès a Caterina Luisa; e ritorno
di Luigi Turinese

“Quando siamo in un giardino, si manifesta qualcosa dell’anima”

James HIllman



 "Vuoto di senso, senso di vuoto"- foto di Gianna Tarantino 

Un ricordo personale. A metà degli anni ’70, studente di Medicina con una insopprimibile tensione verso le arti e il sapere umanistico, avevo preso l’abitudine, una volta terminato l’orario delle lezioni al Policlinico di Roma, di salire sul primo tram che scendeva verso il Flaminio. Alla fermata di Belle Arti saltavo giù e facevo il mio ingresso nella Galleria Nazionale di Arte Moderna, allora diretta dalla leggendaria Palma Bucarelli. Nel buio di una saletta, non di rado da solo, mi godevo la proiezione di diapositive su un pittore o su un movimento artistico. Le monografie cambiavano ogni due giorni, consentendo così a chiunque di erudirsi nella storia dell’arte. Dopo la proiezione gironzolavo per le sale e ogni tanto “giocavo” con una installazione assai buffa. Si chiamava “Baluba bye bye” e pigiando un pedale si animava tutta, producendo un suono metallico che conferiva al titolo un valore onomatopeico e fonosimbolico. Racconto questo episodio perché, leggendo le dense pagine di Caterina Luisa de Caro, mi sono imbattuto in un deuteragonista della storia narrata, il cui nome era rimasto sepolto in un recesso della mia memoria: Jean Tinguely, scultore svizzero alfiere del “Nuovo Realismo” e dell’arte cinetica, secondo marito di Catherine Marie-Agnès (Niki) de Saint-Phalle e responsabile delle gigantesche strutture metalliche che costituiscono l’”impalcatura” dei Tarocchi realizzati da Niki. Nonché, si sarà capito, autore del mitico “Baluba” della GNAM.

Il libro che sono chiamato a prefare è così saturo da non tollerare commenti superflui. Il lettore vi troverà amplificazioni e nessi che sarebbe ridondante sottolineare. Come altri giardini filosofico-iniziatici, anche il Giardino dei Tarocchi – per chi lo sappia percorrere con intenzione alchemica – costituisce un opus contra naturam. Niki lo ideò e lo realizzò innanzitutto per curare sé stessa. Un po’ come accade all’analista consapevole del fatto che il lavoro svolto nella stanza dell’analisi finirà per modificare entrambi gli attori di quel dramma. Jung lo racconta molto bene ne La psicologia del transfert (1946)[1], dove il fenomeno della traslazione viene esposto sulla falsariga del Rosarium philosophorum, un testo alchemico medioevale le cui venti tavole rappresentano i momenti salienti dell’opus alchemicum, dunque anche del lavoro analitico. Come nell’immaginazione attiva e nella sandplay therapy, metodi di sapore autenticamente junghiano, o nel singolare caso clinico della pittrice americana  Christiana Morgan, le cui elaborazioni figurative costituiscono il nucleo di un seminario[2] tenuto da Jung tra il 1930 e il 1934, nel Gardino dei Tarocchi troviamo una esplicita rappresentazione di archetipi. I ventidue Arcani Maggiori trovano corrispondenza nelle ventidue Sephiroth della Kabbalah; i colori sgargianti richiamano la progressione del Magnum Opus: dalla nigredo alla rubedo, passando per la citrinitas fino all’albedo. “Se si vuole formare una raffigurazione del processo simbolico, la serie di immagini trovate nell’alchimia sono buoni esempi […] Sembra anche come se l’insieme d’immagini nel tarocco fossero discese a distanza dagli archetipi della trasformazione, un punto di vista che è stato confermato per me da una lezione molto illuminante del professor (Rudolf) Bernoulli. Il processo simbolico è un’esperienza in immagini e di immagini. Il suo sviluppo generalmente si presenta come una struttura enantiodromica come il testo dell’I Ching, e così presenta un ritmo di negativo e positivo, perdita e guadagno, oscurità e luce”[3]. In tutte le mantiche da lui indagate, come anche nell’astrologia, Jung vede all’opera la dimensione della sincronicità, quel “principio di nessi acausali” che lega due eventi, uno appartenente alla sfera fisica, l’altro alla sfera psichica. Esso “afferma che i termini d’una coincidenza significativa sono legati da un rapporto di contemporaneità e dal senso” (Jung, 1951: 506)[4].

In conclusione, leggendo il libro di Caterina Luisa de Caro veniamo condotti in un percorso iniziatico che si dipana tra le pagine come un gioco e al gioco chiama[5]. Fruibile come un ipertesto, per la grande mole di richiami e di aperture verso altri mondi sapienziali, non sfigura come viatico per chi decida di effettuare la contemplativa passeggiata tra le gigantesche Lame del giardino di Garavicchio, dono di Niki al viaggiatore mistico[6]. Seguendo James Hillman quando scrive che nei giardini, come in un tempio greco o in una moschea, “[…] il rapporto fra corpo e psiche si rovescia completamente – non più l’anima nel corpo, ma il corpo che passeggia in quel giardino che è l’anima”[7].



[1] Jung, C. G.: In Opere complete, vol. 16 (“Pratica della psicoterapia”), Bollati Boringhieri, Torino 1981.

[2] Jung, C. G.: Visioni. Appunti del Seminario tenuto negli anni 1930-1934, a cura di Claire Douglas, Edizioni Magi, 2004.

[3] “Gli archetipi dell’inconscio collettivo” (1934/1954), in Opere complete, vol. 9.1 (“Gli archetipi e l’inconscio collettivo”), Bollati Boringhieri, Torino 1980.

[4] Jung, C. G.: “La sincronicità come principio di relazioni acausali”, In Opere complete, vol. 8 (“La dinamica dell’inconscio”), Bollati Boringhieri, Torino 1976.

[5] Qui ci riferiamo al gioco nel suo senso filosofico-sapienziale, seguendo Nietzsche quando scrive: “Nel considerare il mondo un gioco divino e al di là del bene e del male, ho come predecessori la filosofia dei Vedanta ed Eraclito” (Nietzsche, F.: Opere, edizione a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Adelphi, Milano 1964, VII, II, p.182).

[6] Voglio evidenziare come l’interesse per il Gardino dei Tarocchi non sia un vezzo di pochi stravaganti, se nell’anno in corso (2019) la casa editrice e/o ha pubblicato un godibilissimo romanzo di Lorenza Pieri intitolato Il giardino dei mostri.

[7] Hillman, J.: “Nei giardini. Un ricordo psicologico”, in Politica della bellezza, Moretti & Vitali, Bergamo 1999.


Prefazione a "Il giardino dei tarocchi: il gioco di Niki" di Caterina Luisa de Caro, Futura libri, Giugno 2020, pagg. 9-12 



domenica 9 maggio 2021

Epifanie archetipiche (Edizioni Efesto, 2021) - Luigi Turinese, immagini di Gianna Tarantino



Epifanie archetipiche è una ricognizione in forma poetica su temi universali: il sogno, l’infanzia, il padre, l’anima, la vita, l’amore, la madre, lo spirito, la morte, la bellezza… Archetipi, appunto. La peculiarità del volume è che – seguendo il dettato di Jung che distingue “due forme del pensare”: il “pensare indirizzato” e il “pensare per immagini” – ogni poesia è coniugata a un’immagine fotografica che la ri-vela.

In questo particolare volumetto Turinese con i suoi versi e Tarantino con le sue foto hanno condensato, su linguaggi diversi ma paralleli, quel tentativo intenso e tragico – nel senso tensionale della creatività – di cogliere e fissare l’istante, il presente, eterno nella sua tensionalità e intensità misteriosa. (L. Aversa)

Leggere questa raccolta è un invito ad aprire una o più porte e iniziare un percorso cangiante attraverso le categorie dello spazio e del tempo. Ma è anche un modo per superarle e andare un po’ in un altrove dove è possibile perdersi e dopo tanto perdersi persino ritrovarsi. (I. Grasso)




Titolo:  Epifanie archetipiche
Autori: Gianna Tarantino, Luigi Turinese
ISBN: 9788833812649 
Editore: Edizioni Efesto
Luogo e Anno di pubblicazione: Roma, 2021
Collana: Parerga
Pagine: 96
Tipo di copertina: Flessibile
Prezzo: 13.50 €




giovedì 29 aprile 2021

sabato 10 aprile 2021

giovedì 4 marzo 2021

Ancora e sempre sulla strada - Intervista a Luigi Turinese a cura di Salvatore La Carrubba nella rubrica "Suoni e ultrasuoni"

 La prima puntata della rubrica "Suoni e ultrasuoni" ospita Luigi Turinese.



Medico cantautore.. interprete . Unisce la sua attività di medico psicoterapeuta ad una sensibilità musicale che lo porta non solo ad interpretare e rivedere i classici della canzone d'autore ma anche a scrivere testi poetici accompagnandoli con le sue stesse musiche da navigato songwriter
Moderano Claudia Baldini e Salvatore La Carrubba Biografia:
Scrivo canzoni sin dagli anni ’70. Medico e psicoanalista, per decenni ho mantenuto questa attività come puro hobby. Negli ultimi anni ho deciso di condividerla pubblicamente, da principio per promuovere il CD “Ballate di un’altra estate”, registrato nel 2016 a Tenerife con la produzione artistica di Simone Turinese; successivamente in una regolare attività concertistica con la mia Friendly Band. È previsa entro l’estate l’uscita del nuovo lavoro, intitolato “Passaggi. Il volo di Mangialardi”, registrato anche questo a Tenerife con la produzione artistica di Simone Turinese.


martedì 12 gennaio 2021

La medicina ha bisogno di mètis - Articolo di Luigi Turinese su Generiamo Salute

La medicina ha bisogno di mètis

di Luigi Turinese

St(r)ati di realtà - Foto Gianna Tarantino



 La mancanza di mètis

In questi mesi ho lavorato intorno ad alcuni temi interdisciplinari, considerata anche la mia doppia competenza, di medico e di psicologo analista. Alcune settimane fa, mentre approfondivo il concetto di mètis per un Convegno di psicoanalisti junghiani, mi è sembrato di avere sempre più chiaro perché trovo insoddisfacente l’ingiunzione della medicina contemporanea di procedere per linee-guida e protocolli: infatti la nostra pratica, così come viene proposta, manca di mètis, ovvero di quella intelligenza astuta in grado di vedere soluzioni dove la statistica non sa guardare. Possiamo dire che la cultura scientifica dominante ha privilegiato il pensiero logico (logos): unilateralità particolarmente dannosa in medicina, disciplina complessa che non si risolve in pura oggettività. Alcuni correttivi stanno nascendo: si veda l’attenzione nei confronti della medicina narrativa, che viene presentata come una novità ma che per noi medici omeopati è una realtà da oltre due secoli. Si tratta però di correttivi isolati, mancando una visione d’insieme sorretta da una appropriata filosofia della medicina, che ne riconosca e rispetti la duplice natura di scienza e arte.

Mito e mètis

Che cosa dunque è la mètis? La mitologia greca ci dà qualche spunto iniziale, ricordandoci che Mètis è la prima moglie di Zeus: una oceanina che gli sfuggiva in ogni modo, tanto che alla fine Zeus si risolse di ingoiarla, quando però era oramai gravida. Le doglie si annunciarono sotto forma di una terribile emicrania, e dal cranio di Zeus nacque Atena, la dea della sapienza (sophìa). Nel terzo secolo a. C. il filosofo stoico Crisippo pone una distinzione tra sophìa e phronesis: la prima si interessa degli universali, la seconda, intrisa di mètis, è una qualità che dirige l’agire, tenendo conto della complessità e del contesto.

Il pensiero “laterale”

Ora, è evidente come la medicina, per lo meno nella sua declinazione clinica, abbia bisogno di un pensiero contestuale, di un pensiero flessibile, piuttosto che di un approccio sistematico e astratto che proceda per squadrate verità. Potremmo dire che, oltre alla via del razionale, urge percorrere la via del ragionevole, che sappia scegliere di volta in volta, da caso a caso, la soluzione più adatta. La via del ragionevole si nutre di intuizione, di colpo d‘occhio. [...]


Continua a leggere su Generiamo Salute



Libri di Luigi Turinese

Luigi Turinese Cantautore

Luigi Turinese Cantautore
Clicca sull'immagine per scoprire la sua musica, i suoi concerti, i suoi CD