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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

lunedì 14 gennaio 2013

Hahnemann “protopsicoterapeuta”: un aspetto poco noto - di Luigi Turinese

Hahnemann “protopsicoterapeuta”: un aspetto poco noto 

di Luigi Turinese 

 Nell’anamnesi omeopatica, come sappiamo, una parte di rilievo è occupata dall’indagine sul carattere del paziente e sugli eventuali sintomi psichici concomitanti.
Il tenore stesso delle domande, volte a far luce su di un’area comunemente ignorata dal medico pratico che non sia specialista in psichiatria, contribuisce a creare una salda relazione medico-paziente e qualcosa che somiglia ad un clima psicoterapeutico.
Qui, dopo tutto, risiede l’origine di quell’effetto placebo che il trattamento omeopatico sembra in effetti possedere in misura maggiore rispetto alle terapie convenzionali e che, se diventa lo strale preferito dai detrattori, dovrebbe invece costituire motivo di vanto per gli omeopati: perché possedere una tecnica anamnestica dotata per così dire di azione terapeutica non è cosa di poco conto.
Il fatto che l’anamnesi omeopatica lasci emergere contenuti psichici ha una duplice conseguenza: da un lato contribuisce a rinsaldare il rapporto tra medico e paziente, con ovvie implicazioni positive, anche sotto il profilo terapeutico e della compliance da parte del malato; dall’altro immette nel campo terapeutico materiali e questioni che, nel caso di pazienti nevrotici, abbisognerebbero di un intervento psicoterapeutico. Ora, la domanda esplicita è: il medico omeopatico di media cultura è in grado di identificare queste situazioni per sottoporle a chi ne è competente? Non è un problema di poco conto; si tratta anzi, a mio avviso, di una questione non eludibile, perché il rischio, diciamolo a chiare lettere, è quello di scivolare inconsapevolmente nelle sabbie mobili di una psicoterapia selvaggia, sostenuta da un furor curandi di cui, a diverso titolo, fanno le spese sia il medico sia il paziente.
Indubbiamente, all’origine dell’importanza che l’Omeopatia conferisce alla valutazione dell’area psicologica concorre più di un motivo. Certamente vi è un motivo tecnico, ovvero la necessità di porre il maggior numero di elementi gerarchicamente cogenti – l’area psicologica certamente lo è – al vaglio della similitudine.

Scrive Hahnemann nella Materia Medica Pura (1811-1821): “L’impiego omeopatico dei medicinali è più indicato quando non solo i sintomi somatici del rimedio sono simili a quelli della malattia, ma anche quando le alterazioni mentali ed emozionali provocate dalla droga incontrano stati simili nel quadro morboso da curare”.
Alcune scuole posthahnemanniane, in verità, hanno in un certo senso ipertrofizzato, isolandole o quanto meno eleggendole a elemento trainante nella ricerca della similitudine, le alterazioni mentali ed emozionali.

Oltre al motivo tecnico testé richiamato, però, vi è un motivo storico poco noto, che rivela una disposizione naturale del padre fondatore all’ascolto e alla comprensione del paziente. Come si ricorderà, Hahnemann si astenne dall’attività clinica a partire dal 1789 per dedicarsi, a partire dall’anno seguente, alla ricerca di un nuovo principio sulla scorta del quale riedificare la clinica. Questo principio, noto come principio di similitudine, troverà una prima enunciazione nel 1796, con la pubblicazione del Saggio su un nuovo principio per scoprire le virtù curative delle sostanze medicinali, seguito da qualche considerazione sui principî accettati fino ai nostri giorni, nel quale Hahnemann trae le prime conclusioni di sei anni di sperimentazioni di sostanze medicinali sull’uomo sano. Il Saggio costituisce in un certo senso l’atto di nascita dell’Omeopatia (anche se il termine Omeopatia apparirà solo nel 1808, nella Lettera a un medico di alto rango sull’urgenza di una riforma in medicina); e insieme il colpo d’ala con il quale Hahnemann si solleva da una posizione di mera contestazione della medicina del suo tempo a un livello propositivo e originale.
Ad ospitarlo è il secondo numero del Journal der Pratictischen Arzneykunde und Wundarzneykunst, fondato l’anno prima da Cristoph Wilhelm Hufeland (1762-1836), vessillifero della medicina modernista e professore di clinica medica a Jena.

Dunque gli anni dal 1790 al 1796 furono anni di studio e di ricerca, con l’obiettivo di trovare una solida base teorico-pratica sulla quale rifondare l’attività clinica, temporaneamente sospesa.
All’incirca a metà di tale percorso, tuttavia, un episodio clinico, isolato ma saliente e carico di implicazioni epistemologiche, ci fu. E di tale episodio voglio riferire.
Siamo nel 1792. La morte del Principe Leopoldo, figlio dell’Imperatrice Maria Teresa, spinge Hahnemann a lanciarsi in una pubblica accusa nei confronti del medico di corte, Lagusius, che ha salassato il paziente per ben quattro volte in ventiquattro ore. La polemica assume toni durissimi; e consente ad Hahnemann di utilizzare quel singolo caso per scagliarsi con una violenza senza mediazioni contro le pratiche – allora molto in uso – dei salassi, degli emetici, dei purganti.
L’editore dell’articolo, Becker, forse anche per allontanare il suo confratello massone (Hahnemann aveva aderito alla Massoneria nel 1777) da ulteriori polemiche che non gli avrebbero giovato, gli procura l’incarico di direttore del manicomio di Georgenthal. Questo è in realtà uno spazio ricavato dal riadattamento del castello di caccia di Ernst, duca di Gotha, e ospita un solo paziente: lo scrivano Friedrich Klockenbring, alto funzionario della cancelleria di Hannover e ministro di polizia.
È l’inizio dell’estate del 1792 e un uomo malinconico, sporco, col viso pieno di macchie e l’espressione idiota viene condotto dalla moglie nel castello adibito ad ospedale. L’attuale linguaggio psichiatrico lo definirebbe in preda ad una psicosi maniaco-depressiva con spunti deliranti: i lunghi periodi di malinconia vengono infatti interrotti da fasi eccitatorie in cui egli, guidato da un’energia allucinata e febbrile, declama brani in greco e in ebraico, canta arie dallo Stabat Mater di Pergolesi, recita a memoria passaggi dell’Inferno di Dante o del Paradiso perduto di Milton, elenca lunghe formule algebriche.
Una volta – spinto dall’ansia di conoscere i misteri dell’armonia – fa a pezzi un pianoforte. Hahnemann trasferisce l’intera famiglia a Georgenthal; per nove mesi osserva il malato, rimane lunghe ore con lui, lo ascolta. Soprattutto, non usa i mezzi di coercizione in uso all’epoca.
 Nel 1796, pubblicando il caso clinico in questione (Ritratto di Klockenbring durante la sua follia), scriverà: “Non si possono punire le azioni involontarie; questi sventurati meritano solo pietà e il trattamento violento non li migliora, ma li aggrava sempre”.

Hahnemann si trova immerso nello spirito del suo tempo. Egli, in realtà, non inventa nulla ma applica il buon senso e probabilmente ha ricevuto un’eco della riforma che ha luogo a Parigi in quegli stessi anni ad opera di Philippe Pinel (1745-1826); questi, proprio nei mesi in cui Hahnemann e Klockenbring si fronteggiano nel manicomio di Georgenthal, libera dalle catene i pazzi dell’ospedale Bicêtre, una struttura trasformata via via in ospedale militare, orfanotrofio, prigione e il cui ospite più illustre era stato Donatien Alphonse François de Sade (1740-1814).
Risale infatti a Pinel – e poi al suo erede Jean-Étienne-Dominique Esquirol (1772-1840) – una vera e propria riforma dell’orizzonte psichiatrico, che oltre ai metodi rivoluzionerà il punto di vista sulla follia.
Come dirà Hegel, attento lettore di Pinel, nel folle rimane sempre un residuo di ragione, alla quale bisognerà guardare per comprendere e curare la malattia mentale. "Più o meno, I folli ragionano tutti", scriverà Esquirol nella sua tesi di dottorato del 1805. Ed ancora: "Non solo le passioni sono la causa più comune dell'alienazione, ma intrattengono con questa malattia e con le sue varietà dei sorprendenti rapporti di somiglianza”.
Quest’ultima affermazione può senz’altro applicarsi al caso di Klockenbring, erudito di grande valore ma emotivamente fragile, il cui equilibrio psichico dipende in grande misura dagli umori dell’opinione pubblica. Il suo temperamento eccentrico riceve un colpo irrimediabile allorché il drammaturgo Kotzebue lo diffama in un pamphlet, accusandolo di essere socio del malfamato scrittore Karl Bahrdt, dipinto come un alcoolista e uno sfruttatore della prostituzione.
La condizione in cui Klockenbring precipita è stata illustrata in precedenza.
Il trattamento di Hahnemann – in pratica una rieducazione all’umanità attraverso l’umana partecipazione – restituisce Klockenbring alla famiglia e al suo lavoro.

Purtuttavia, anche a causa della difficoltà di reperire pazienti in grado di pagare la retta e l’onorario, il caso rimane isolato e nessun altro malato di mente approda al castello di Georgenthal. A chi gli domanda quanti folli siano in cura da Hahnemann, l’intendente del castello risponde sarcastico: “Soltanto uno: lui stesso”. Tale è la sorte degli innovatori.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 
 • Bradford, T.L. (1885): La nascita dell’Omeopatia. Vita e lettere di Samuel Hahnemann, Perla Edizioni, Milano/Grosseto, 1995.
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• Demarque, D : L’Homéopathie médecine de l’expérience, Maisonneuve, Muolins-lès-Metz, 1981.
• de Torrebruna, R. – Turinese, L.: Hahnemann. Vita del padre dell’Omeopatia. Sonata in cinque movimenti, Edizioni e/o, Roma 2007.
• Guillot, R.-P.: Samuel Hahnemann pionnier de l’homéopathie, Editions Sum, Genève, 1993.
• Hahnemann, S. (1796): Saggio su un nuovo principio, Guna Editore, Milano, 1994.
 • Hahnemann, S. : Striche zur Schilderung Klockenbrings während seines Trübsinns. Deutsche Monatschrift, Leipzig, 1796.
• Hahnemann, S. (1921): Organon dell’arte di guarire (VI edizione), EDI-LOMBARDO, Roma, 2004.
• Hahnemann, S. (1828): Le malattie croniche, EDIUM, Milano, 1980.
• Hahnemann, S. (1811-1821): Materia Medica Pura, Jain Publishing Co., New Delhi, 1980.
• Haehl, R. (1922): Samuel Hahnemann. His life and work, B. Jain Publishers Pvt. Ltd., New Delhi, 1985.
• Larnaudie, R.: La vita sovrumana di Samuele Hahnemann, fondatore dell’omeopatia, Fratelli Bocca Editori, Milano, 1942.
• Tetau, M. (1997): Hahnemann. Intuizione e genialità, Tecniche Nuove, Milano, 2003.
• Turinese, L.: Il farmacista omeopata, Tecniche Nuove, Milano 2002.
• Turinese, L.: Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica, Elsevier Masson, Milano 2009.

Luigi Turinese


In foto: "La collera del dio"

 Articolo apparso sulla rivista "Cahiers de biotherapie - N o t i z i a r i o F l a s h s m b I t a l i a", n. 4, anno XX, ottobre-dicembre 2012, pp. 23-26

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