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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

sabato 22 maggio 2010

Le tecniche omeopatiche

Nel corso dei suoi due secoli di storia, l'Omeopatia ha visto affacciarsi diverse interpretazioni del suo corpo dottrinario. Di per sé, reputo questo fatto - e le conseguenti correnti e scuole che ne sono derivate - come un segno di buona salute: infatti Dio ci guardi dalle dottrine monolitiche, autoreferenziali e incapaci di rinnovarsi.

(Otranto)

Il lato negativo del pluralismo dottrinario, almeno in ambito omeopatico, è costituito però dalla tendenza, che storicamente gli omeopati hanno purtroppo avuto, a fare un po' come i capponi di Renzo. Nel romanzo del Manzoni essi, come si ricorderà, scomodi com'erano, accompagnavano il protagonista all'incontro con l'Azzeccagarbugli non trovando di meglio da fare che beccarsi l'un l'altro, "come accade troppo sovente tra compagni di sventura" ("I promessi Sposi", capitolo III). Oggi che l'Omeopatia, almeno nelle sue frange più consapevoli, si è affrancata dagli ancestrali complessi di inferiorità (o di superiorità, non cambia molto), può guardare alle sue diverse correnti come a una ricchezza.

Come è noto, il principio di similitudine costituisce la base del metodo omeopatico. Esso sancisce il parallelismo d'azione tra il potere sperimentale e il potere terapeutico di una sostanza. Quanto maggiore è la similitudine tra un quadro clinico e un quadro sperimentale, tanto maggiore è la "precisione curativa" di un farmaco. Ci sono, in altri termini, diversi livelli di approssimazione alla similitudine, a un maggior livello corrisponde una terapia mirata, a un livello meno puntuale una speranza di cura meno completa.

(Assisi - Santa Chiara)

Quando Hahnemann raccomandava di considerare, ai fini di una corretta scelta terapeutica, la totalità dei sintomi del paziente, mirava innegabilmente ad una terapia globale, che non si limitasse a sopprimere la sintomatologia attuale ma estendesse la sua azione a quella che potremmo definire la parte sommersa dell'iceberg. E' questo che intendiamo quando insegniamo ai nostri allievi a curare il malato piuttosto che la malattia. Per far ciò, occorre una profonda conoscenza della Materia Medica, oltre che una buona capacità diagnostica, basata innanzitutto sull'arte di raccogliere i sintomi(anamnesi).

(Assisi - San Francesco)

L'unicismo è la tecnica omeopatica basata sulla somministrazione di un unico rimedio alla volta, solitamente in alta diluizione e spesso in dose unica. Si tratta di una tecnica ottimale, avente il vantaggio di ottemperare pienamente al criterio della similitudine e quindi "coprire" il più completamente possibile il quadro clinico in esame. E' evidente che, perché la tecnica unicistica possa essere applicata con successo, occorre essere di fronte a un caso che richiami fortemente il quadro sperimentale di una sostanza. Se viceversa il quadro è complesso al punto di essere per così dire più "ampio" di una qualsiasi patogenesi sperimentale nota, siamo come di fronte a un letto la cui coperta è troppo corta. In questo caso - e lo stesso Hahnemann vi faceva ricorso - è più realistico adoperare un protocollo che faccia ricorso a più di un farmaco; nell'esempio citato, il letto può essere tanto ampio da necessitare l'uso di più coperte. Ci deve venire in soccorso la tecnica pluralista.

Il pluralismo è la tecnica basata sull'alternanza di più medicamenti. Perché il pluralismo non si trasformi in una dissennata "insalata farmacologica", tuttavia, occorre conoscere bene la relazione tra i rimedi. Soltanto così si potrà pervenire ad una strategia terapeutica razionale, che non sovrapponga ma giustapponga le "coperte", al fine di non tralasciare alcun sintomo importante. Il pluralismo è elettivo nei casi cronici, in cui al rimedio sintomatico, scelto sulla base dei sintomi attuali del paziente, si affianca il rimedio di fondo, scelto sulla scorta delle caratteristiche generali del paziente, senza il quale la parte sommersa dell'iceberg patologico verrebbe ignorata, con il risultato di disattendere le ragioni profonde che hanno portato alla malattia.

Accanto all'unicismo e al pluralismo, che rispettano entrambi il principio di similitudine, occorre fare un cenno al complessismo, tecnica basata sulla mescolanza di più medicamenti in un'unica preparazione farmaceutica. La formula del composto raggruppa i medicinali più utili in una determinata condizione morbosa. Per esempio, per un caso di raffreddore comune si può prescrivere un complesso che contenga i più importanti rimedi di questa malattia, da quelli indicati in presenza di secrezione liquida a quelli che richiamano la fase muco-purulenta; si comprende come il principio di similitudine, con il suo corollario di individualizzazione del rimedio, venga disatteso in favore di una maggiore attenzione all'organotropismo. Questa pratica, piuttosto in auge nei paesi di lingua tedesca, mi sembra da riservare ai casi in cui la malattia non abbia profonde radici fisiopatologiche; in cui, in altri termini, non ci siano parti sommerse dell'iceberg. Infatti l'effetto del complesso omeoterapico è superficiale e di breve durata.

(Lecce - Santa Croce)


Per riassumere, ogni metodo è legittimo purché applicato nel giusto contesto. La scelta del metodo da usare è subordinata a tre fattori: medico, malattia, malato. Laddove un medico esperto ricorrerà raramente (per esempio per consultazioni telefoniche) al complessismo, preferendo un pluralismo temperato e aspirando all'unicismo, ove possibile; una malattia può consentire un approccio unicista ma, spesso, costringe ad una pratica eclettica, comprendente talora farmaci allopatici, per ragioni etiche non meno che scientifiche; il malato, infine, può collaborare fornendo nell'interrogatorio elementi tali da consentire una selezione dei rimedi tanto precisa da limitarne il numero oppure, come nel caso dei bambini piccoli, costringere a variare le tecniche a seconda della precisione alla quale si può pervenire.



Concludendo, il medico deve, dopo aver effettuato una diagnosi accurata, stilare una ricetta logica, giustificabile e semplice da seguire, tanto da ampliare il più possibile la compliance del paziente, spianando la strada verso la cura e, ove possibile, la guarigione.


Luigi Turinese



Articolo pubblicato su "Il Farmacista 2008" - Aggiornamento Scientifico e Professionale - pagg 112/114 - Nobile Collegio Clinico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis

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