T. Keve, "Triad. Psicoanalisi, fisica, cabala: le radici del pensiero del Novecento", Centro Scientifico Editore, Torino, 2005 Romanzo atipico, provvisto di note e di una bibliografia di circa centocinquanta titoli - per certi versi, dunque, saggio in forma di romanzo - il libro di
Tom Keve mostra subito all'opera la triade da cui prende il titolo -
Freud, Jung, Ferenczi - in occasione del celeberrimo incontro alla Clark University.
Siamo nel
1909, a
Freud e
Jung viene conferita la laurea
honoris causa: alla felicità di
Freud per la legittimazione fa da contraltare la gelosia di
Ferenczi per
Jung, all'epoca più che mai destinato a divenire l'erede del maestro austriaco. In
America i tre psicoanalisti hanno occasione di incontrare
Ernest Rutheford, il padre della fisica atomica.
Il libro che si snoda per quattrocento fittissime pagine, mette in scena centoventidue personaggi e interpreti:
Lou Andreas-Salomè, Heisenberg, Pauli, Wittgenstein, Scholem, membri della famiglia
Bernays -
Marta Bernays era la moglie di
Freud -
Breuer, Bohr ...
Il
milieu culturale ebraico fa da sfondo di complesse vicende; si seguono, per esempio, le gesta di
Hammerschlag, professore di cultura religiosa di
Freud e successore, come direttore della scuola ebraica di
Vienna, del padre di
Breuer, a sua volta allievo di
Chatam Sopher, leader dell'ebraismo ortodosso europeo dell'inizio del
XIX secolo.
Così apprendiamo che il nonno di
Berta Pappenheim (l'
Anna O. degli studi sull'isteria),
Wolf Pappenheim, fu benefattore della
yeshiva del
Chatam Sopher, la cui storia occupa diverse pagine della II parte del libro; e che
Wolfgang Pauli, paziente e poi collaboratore di
Jung nei suoi studi sulla sincronicità, era pronipote di un libraio itinerante, venditore di ritratti di rabbini.
C'è di che perdere al testa, in questo intreccio suffragato da documenti d'epoca scritto da un fisico ungherese di un'erudizone spaventosa. La provernienza ungherese di
Tom Keve spiega in parte lo spazio dedicato a
Ferenczi, la cui genealogia culturale è dispiegata sin dal primo ambivalente incontro con la
Taumdeutung e la cui vicinanza al pensiero junghiano è testimoniata dal seguente dialogo con la moglie (madre del vero amore dello psicoanalista ...): "
L'osservatore è un creatore del fenomeno [..] Il principio di non interferenza da parte dell'analista è un ideale fondamentalmente irraggiungibile" (pag. 77)
A pag 89, sempre
Ferenczi: "
E' giusto che la psicoanalisi sia stata concepita da una tradizione mistica ebraica. E' la cabala del ventesimo secolo, E' lo Zohar trapiantato nella nostra epoca, adattato ai nostri bisogni [...] Ovviamente Freud non vuole saperne". E ancora: "
L'importanza dei numeri, la gematria, il giocare con le parole, le libere associazioni, è già tutto lì [...] Jung aveva ragione nel sostenere che la psicoanalisi avesse le proprie radici nel misticismo ebraico" (pag. 80).
E' bellissima, poi, la descrizione del rapporto tra
Jung e Pauli, che consente al fisico di recuperare il suo retroterra cabalistico, come si può apprezzare dalla lettera che
Pauli scrisse a
Gershom Scholem nel
1952 (nota 232, pag. 275) e in cui afferma la componente cabalistica della fisica del
XX secolo.
Sullo sfondo di questi intrecci esoterici, la figura del cabalista cinqucentesco
Isaac ben Solomon Ashkenazi Luria.
Il libro fa luce inoltre sugli interessi parapsicologici di
Ferenczi, il cui primo scritto del
1899, interamente riportato (pagg 180-184), è intitolato significativamente
Spiritismo. Naturalmente, questo fu il punto su cui non ci fu mai accordo con
Freud; che pure, in una lettera del
1921, scriverà: "
Se mi fosse concessa un'altra vita, la dedicherei agli studi parapsicologici, piuttosto che alla psicoanalisi".
Nel
1919, su proposta del filosofo marxista
Lukàcs, a
Ferenczi fu concessa, per il breve spazio dell'esperimento costituito dalla Comune ungherese, la prima cattedra al mondo di psicoanalisi.
Del
1921 è il Nobel per la fisica a
Einstein; nel
1922 lo stesso premio viene assegnato a
Bohr. Come si vede, si tratta di un'epoca fertile quanto mai; sulla quale, però, si abbatte a un certo punto il mostro nazista.
E dopo le crude immagini del rogo dei libri e degli orrori antisemiti, il libro si chiude sulla morte di
Freud, avvenuta il
23 settembre 1939.
Luigi TurineseIn foto: "Panta rhei os potamòs"Recensione apparsa nella rubrica "Recensioni" della Rivista di Psicologia Analitica, Nuova serie, n.21, Volume 73/2006,"Passione e vita psichica", pagg. 194-95