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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

venerdì 13 aprile 2012

Le Recensioni di L.T. - "Psicoanalisi, fisica, cabala: le radici del pensiero del Novecento", di T. Keve

T. Keve, "Triad. Psicoanalisi, fisica, cabala: le radici del pensiero del Novecento", Centro Scientifico Editore, Torino, 2005

Romanzo atipico, provvisto di note e di una bibliografia di circa centocinquanta titoli - per certi versi, dunque, saggio in forma di romanzo - il libro di Tom Keve mostra subito all'opera la triade da cui prende il titolo - Freud, Jung, Ferenczi - in occasione del celeberrimo incontro alla Clark University.

Siamo nel 1909, a Freud e Jung viene conferita la laurea honoris causa: alla felicità di Freud per la legittimazione fa da contraltare la gelosia di Ferenczi per Jung, all'epoca più che mai destinato a divenire l'erede del maestro austriaco. In America i tre psicoanalisti hanno occasione di incontrare Ernest Rutheford, il padre della fisica atomica.
Il libro che si snoda per quattrocento fittissime pagine, mette in scena centoventidue personaggi e interpreti: Lou Andreas-Salomè, Heisenberg, Pauli, Wittgenstein, Scholem, membri della famiglia Bernays - Marta Bernays era la moglie di Freud - Breuer, Bohr ...
Il milieu culturale ebraico fa da sfondo di complesse vicende; si seguono, per esempio, le gesta di Hammerschlag, professore di cultura religiosa di Freud e successore, come direttore della scuola ebraica di Vienna, del padre di Breuer, a sua volta allievo di Chatam Sopher, leader dell'ebraismo ortodosso europeo dell'inizio del XIX secolo.

Così apprendiamo che il nonno di Berta Pappenheim (l' Anna O. degli studi sull'isteria), Wolf Pappenheim, fu benefattore della yeshiva del Chatam Sopher, la cui storia occupa diverse pagine della II parte del libro; e che Wolfgang Pauli, paziente e poi collaboratore di Jung nei suoi studi sulla sincronicità, era pronipote di un libraio itinerante, venditore di ritratti di rabbini.

C'è di che perdere al testa, in questo intreccio suffragato da documenti d'epoca scritto da un fisico ungherese di un'erudizone spaventosa. La provernienza ungherese di Tom Keve spiega in parte lo spazio dedicato a Ferenczi, la cui genealogia culturale è dispiegata sin dal primo ambivalente incontro con la Taumdeutung e la cui vicinanza al pensiero junghiano è testimoniata dal seguente dialogo con la moglie (madre del vero amore dello psicoanalista ...): "L'osservatore è un creatore del fenomeno [..] Il principio di non interferenza da parte dell'analista è un ideale fondamentalmente irraggiungibile" (pag. 77)

A pag 89, sempre Ferenczi: "E' giusto che la psicoanalisi sia stata concepita da una tradizione mistica ebraica. E' la cabala del ventesimo secolo, E' lo Zohar trapiantato nella nostra epoca, adattato ai nostri bisogni [...] Ovviamente Freud non vuole saperne". E ancora: "L'importanza dei numeri, la gematria, il giocare con le parole, le libere associazioni, è già tutto lì [...] Jung aveva ragione nel sostenere che la psicoanalisi avesse le proprie radici nel misticismo ebraico" (pag. 80).
E' bellissima, poi, la descrizione del rapporto tra Jung e Pauli, che consente al fisico di recuperare il suo retroterra cabalistico, come si può apprezzare dalla lettera che Pauli scrisse a Gershom Scholem nel 1952 (nota 232, pag. 275) e in cui afferma la componente cabalistica della fisica del XX secolo.

Sullo sfondo di questi intrecci esoterici, la figura del cabalista cinqucentesco Isaac ben Solomon Ashkenazi Luria.
Il libro fa luce inoltre sugli interessi parapsicologici di Ferenczi, il cui primo scritto del 1899, interamente riportato (pagg 180-184), è intitolato significativamente Spiritismo. Naturalmente, questo fu il punto su cui non ci fu mai accordo con Freud; che pure, in una lettera del 1921, scriverà: " Se mi fosse concessa un'altra vita, la dedicherei agli studi parapsicologici, piuttosto che alla psicoanalisi".

Nel 1919, su proposta del filosofo marxista Lukàcs, a Ferenczi fu concessa, per il breve spazio dell'esperimento costituito dalla Comune ungherese, la prima cattedra al mondo di psicoanalisi.
Del 1921 è il Nobel per la fisica a Einstein; nel 1922 lo stesso premio viene assegnato a Bohr. Come si vede, si tratta di un'epoca fertile quanto mai; sulla quale, però, si abbatte a un certo punto il mostro nazista.
E dopo le crude immagini del rogo dei libri e degli orrori antisemiti, il libro si chiude sulla morte di Freud, avvenuta il 23 settembre 1939.


Luigi Turinese

In foto: "Panta rhei os potamòs"


Recensione apparsa nella rubrica "Recensioni" della Rivista di Psicologia Analitica, Nuova serie, n.21, Volume 73/2006,"Passione e vita psichica", pagg. 194-95

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