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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

lunedì 22 febbraio 2010

La "mentalità omeopatica"


La mentalità omeopatica è la capacità di osservazione del paziente nel suo complesso, che significa un allargamento di questa osservazione nello spazio e nel tempo.



Nello spazio, nel senso che osservo tutti i sintomi che mi presenta e tutto il resto che sta nel campo dell' osservazione, la costituzione, altre caratteristiche, tutto quello che è la globalità dell'individuo nel momento dato.


Allargamento nel tempo, perché m'interessa la sua anamnesi, familiare e personale. In questo modo riesco ad avere, come un grand'angolo in fotografia, un'ampia panoramica sulla persona che ho davanti. Quel che conta è la qualità dell'idea che mi faccio, naturalmente con tutti i limiti e la perfettibilità...

Mantenendo la metafora: se la qualità della foto panoramica è buona, io poi posso fare dei ritocchi, anche di tipo allopatico... Perché no?

La farmacologia moderna nasce nel 1806 con l'estrazione del principio attivo morfina dall'oppio. Hahnemann fonda l'omeopatia, sebbene non la chiami ancora con questo nome, nel 1796. L'atteggiamento polemicamente spregiativo che aveva nei confronti dell'allopatia si basa anche su questa assenza di farmaci efficaci e sicuri. Ma un Hahnemann che nascesse oggi non potrebbe fare a meno di prendere in considerazione quel che nel frattempola ricerca farmacologica ha messo a disposizione del medico.



Vuole ricordare un suo successo e un suo fallimento come omeopata?
Come caso di successo, mi piace ricordare un tipico esempio di sapienza omeopatica applicata alla semeiotica. Un'anziana signora che seguivo da alcuni anni per sindromi di tipo funzionale mi cercò senza trovarmi - forse era un giorno festivo - per una forma di raffreddamento, così fece una terapia antibiotica, ma senza successo. Mi telefonò dopo qualche giorno e le chiesi di fare una radiografia del torace e ne risultò un grosso tumore polmonare. Era a destra e fu operata con ottimi risultati.
Io sono sicuro di avere avuto quell'intuizione di chiedere una lastra, di fronte ad un apparentemente banale caso di tosse, perché la signora è tipologia sensibile Thuya e io so che quella tipologia ha un'inclinazione alle forme tumorali; lo so dall'omeopatia, dallo studio del suo terreno, non perché ci sono dei sintomi speciali...

E l'insuccesso?
Curavo una signora per intestino irritabile, ma non migliorava mai granchè, pur essendo sicuro del suo inquadramento omeopatico. Migliorò solo quando divorziò. Questo tra l'altro dimostra che non è vero che l'omeopatia agisce bene nei casi psicosomatici.
Perché i casi psicosomatici sono i più duri da risolvere, per ogni medico. Il sintomo psicosomatico è forte e non se ne va in nessun modo né con l'omeopatia né coll'allopatia.

Gli insuccessi si hanno sempre quando non si riesce a fare una buona "foto panoramica", perché c'è qualcosa che determina la patologia che non riusciamo a identificare.






In quel caso sarebbe stata più utile la psicoterapia. Oppure, come effettivamente è stato, l'avvocato...


Tratto dall'intervista di F. Travaglini apparsa su Medicina Naturale n.6, Novembre 2006
Leggi la Prima Parte e la Terza Parte dell'intervista


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