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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

giovedì 11 febbraio 2010

La visita omeopatica

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La visita omeopatica è innanzitutto un’accurata visita medica.

Su di essa si sono sviluppate vere e proprie leggende metropolitane, la principale delle quali riguarda la sua durata. Ora, una visita medica ben condotta e comprensiva di alcune domande e di alcune manovre peculiari alla semeiotica omeopatica non dovrebbe comunque – a mio avviso – oltrepassare i quarantacinque minuti, salvo casi eccezionali. In primo luogo per non stressare il paziente, soprattutto il neofita, che non deve avere la sensazione di subire un interrogatorio; inoltre per non correre il rischio di creare una relazione terapeutica vischiosa, nell’ambito della quale il paziente possa riconoscere uno spazio psicoterapeutico abusivo e fonte di possibili danni per entrambi, il medico – che non ha di norma una formazione terapeutica – e il malato.

In quanto diagnosta, il medico deve orientarsi nel dedalo dei segni del paziente ordinandoli in una trama coerente. Più precisamente, egli deve sforzarsi di creare un ordine a partire dal caos rappresentato dai sintomi e dai segni che il paziente riferisce. Entrambe le categorie sono indizi di uno stato morboso; se non che i sintomi sono fenomeni soggettivi che il medico deve decodificare, mentre i segni sono fenomeni oggettivi che il medico è chiamato a riscontrare .
La semeiotica medica riveste un ruolo preminente nel lavoro clinico. Essa, attraverso quattro momenti fisici (ispezione, palpazione, percussione, auscultazione), cui si affiancano sempre più numerosi metodi diagnostici per immagini (semeiotica strumentale), si pone l’obiettivo di pervenire alla diagnosi clinica.


L’attenta applicazione della semeiotica medica consente dunque di pervenire alla diagnosi, o quanto meno a un sospetto cui la diagnosi strumentale e di laboratorio, oggi molto sviluppate, si incaricano di dare conferma.

Certo, senza una qualità che fa da sfondo alla perizia tecnica, e che costituisce in ultima analisi ciò che una volta si denominava occhio clinico o più semplicemente intuito, non si va molto lontano. Possedere la qualità dell’intuizione significa avere la capacità di operare una sintesi rapida della situazione che si ha di fronte.

Si snoda così il percorso: occhio clinico (intuizione)-> ragionamento clinico -> diagnosi -> terapia.

Si potrebbe dire che la qualità maggiore di un buon medico sia un’estrema capacità di attenzione o, meglio, una coltivata attitudine all’esercizio dell’arte dell’osservare.

Perché la medicina è sopra ogni altra cosa un’arte dell’osservare.

Luigi Turinese

tratto da Il farmacista omeopata (Tecniche Nuove, Milano, 2002)
(In foto: Semeion)

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