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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

venerdì 2 aprile 2010

Oscillococcinum: Quando l'anatra fa bene


In luogo di una premessa
Molti ricorderanno il chiasso che fece, alla fine degli anni ’80, la vicenda della cosiddetta memoria dell’acqua, come la stampa si affrettò a battezzare un articolo sulla degranulazione dei basofili umani indotta da una soluzione altamente diluita dell'anticorpo anti-IgE.

L'articolo – apparso il 30 giugno 1988 sulla prestigiosa rivista scientifica Nature – era firmato, tra gli altri, da Jacques Benveniste, direttore dell'Unità 200 dell'INSERM, una delle maggiori istituzioni scientifiche francesi, una sorta di equivalente del nostro CNR. Vi si affermava che è possibile indurre un effetto molecolare (la degranulazione dei basofili) con una diluizione di anticorpi anti-IgE così spinta da non contenere neppure una molecola. La polemica che ne seguì arroventò l’estate dei mezzi di informazione, schierando opposte fazioni di detrattori e di sostenitori; tra questi ultimi spiccavano i fautori dell’Omeopatia, convinti che la dimostrazione dell’azione biologica delle ultradosi portasse acqua ( è il caso di dirlo…) al mulino della medicina dei simili.

Come che sia, la faccenda finì male, o almeno senza vincitori: Nature si affrettò a smentire gli autori con una presa di distanza pubblicata il mese successivo; e gli omeopati rimasero in parte convinti della bontà dell’esperimento e in parte – quorum ego – tiepidi o quanto meno filosoficamente scettici, sapendo come un esperimento isolato non basti a confermare o a smentire una disciplina. In ogni caso Benveniste, fino ad allora protagonista della ricerca internazionale – si deve a lui, ad esempio, la scoperta del PAF (fattore di aggregazione piastrinica) – fu sospeso dall’incarico all’INSERM, cui venne riammesso soltanto dopo aver ottenuto da lui una sorta di gentlemen’s agreement secondo il quale egli si impegnava a non flirtare più con l’Omeopatia e le sue stranezze.
Durante il periodo della sospensione, Benveniste tenne conferenze dovunque lo chiamassero. Ebbi la fortuna di ascoltarlo a Roma. Del suo notevole carisma faceva parte una disarmante simpatia. A un certo punto, per chiarire che all’origine dei risultati della sua ricerca non vi era alcun pregiudizio “filoomeopatico”, dichiarò di non conoscere l’Omeopatia se non per i nomi latini, vagamente medioevaleggianti, dei suoi medicinali; e per il fatto di prendere tutti, in famiglia, Oscillococcinum come antinfluenzale.


L’”effetto Cristoforo Colombo”

La teoria della gravitazione universale nasce ufficialmente nel 1687, anno in cui viene dato alle stampe “Principi Matematici della Filosofia Naturale”, l’opera principale di Isaac Newton (1642 - 1727). Ora, che l’intuizione di tale teoria sia da attribuire alla caduta di una mela sulla testa dello scienziato fa parte della leggenda. La leggenda reca tuttavia con sé una verità: ovvero che in molte scoperte il caso ha svolto un ruolo determinante.
La scoperta da parte di Louis Pasteur (1822-1895) degli stereoisomeri, molecole della medesima formula chimica ma con struttura speculare, si deve all'aver dimenticato una provetta sulla finestra aperta, esposta al freddo delle notti invernali parigine.
Negli anni ’30, il chimico farmaceutico Leo Sternbach stava compiendo delle ricerche al fine di sintetizzare una molecola ad azione sedativa; frustrato per i fallimenti, decise di iniettare l'ultima molecola sintetizzata in un animale, proprio per dare la prova alla sua casa farmaceutica che la famiglia di sostanze su cui si era concentrata la ricerca non era efficace. Il risultato fu la scoperta del Clordiazepossido, il prototipo dei moderni ansiolitici.


Nel luglio 1928 Alexander Fleming seminò stafilococchi su un terreno di coltura che lasciò sul tavolo di lavoro al momento di partire per le ferie. Al suo ritorno notò che là dove era cresciuta una muffa inquinante i batteri erano morti. La muffa si era sviluppata dalle spore che, entrate presumibilmente dalla finestra del laboratorio, erano cadute sulla piastra lasciata sul tavolo. Quell’anno, nel mese di luglio il clima era stato fresco e aveva favorito la crescita della muffa, inibendo nel contempo quella dei batteri. Successivamente, con l'aumento della temperatura, la coltura degli stafilococchi aveva iniziato la sua crescita e i batteri vicini alla penicillina erano morti.

Celeberrimo è poi l’aneddoto occorso al chimico organico August Friedrich Kekulé (1829-1896), alle prese da anni con la definizione della struttura del benzene. Una notte del 1865, stremato dal lavoro, si era appena addormentato quando gli apparve in sogno un serpente nell'atto di mordersi la coda. Improvvisamente ebbe l'intuizione che il benzene doveva possedere una struttura ciclica, esagonale e non lineare come a quei tempi si riteneva fosse la configurazione di tutte le molecole.

E' stata persino coniata una parola, serendipity, per indicare la ventura di imbattersi in scoperte inattese. Serendipity è un vocabolo coniato dallo scrittore inglese Horace Walpole (1717-1797) per indicare la capacità di scoprire, in maniera del tutto casuale, qualcosa che non ha nulla a che vedere con l’oggetto della ricerca. Il termine proviene dalla leggenda secondo la quale il sultano di Serendip (antico nome arabo dell'isola di Ceylon), essendo partito in cerca di oro, dopo aver attraversato monti e vallate con esito negativo, trovò invece del tè di ottima qualità.

E che dire di Cristoforo Colombo? Ammirato eroe delle scoperte geografiche, egli ci ha “regalato” un Continente ma, a ben vedere, aveva sbagliato strada, convinto di essere approdato nelle Indie. Da tutt’altra parte…

La strana storia del dottor Roy: un caso di Serendipity?
Joseph Roy (1891-1978) è un giovane medico militare quando la famigerata epidemia influenzale denominata Spagnola miete le sue vittime; alla fine, nel 1919, se ne conteranno almeno trenta milioni. Esaminando al microscopio il sangue dei malati, egli crede di scoprire un nuovo microrganismo, che denomina oscillococco perché animato da un movimento vibratorio. La speranza di aver compiuto una scoperta di rilievo si trasforma in certezza quando il giovane medico ritiene di trovare il medesimo agente batterico anche in malati di tumore – ne deriverà il libro “Vers la connaissance et la guérison du cancer” – nonché nelle ulcere sifilitiche, nel pus blenorragico, nei polmoni di malati di tbc. Successivamente i “nuovi” batteri – si tratta ormai di batteri universali – fanno la loro comparsa in ogni sorta di malati: eczematosi, erpetici, reumatici, affetti da malattie esantematiche. Dal punto di vista microbiologico, la teoria di Roy è evidentemente il risultato dell’elaborazione di un artefatto di laboratorio: probabilmente si era trattato di banalissimi diplococchi, che una tecnica di rilevazione ancora imprecisa e un bruciante desiderio di novità da parte del giovane ricercatore avevano trasformato nei vibranti oscillococchi. Sotto il profilo storico, si trattò probabilmente dell’espressione di una risposta antipasteuriana: non tutti, difatti, avevano ancora accettato la concezione che ogni malattia infettiva avesse una causa specifica. Gli scettici non ci misero molto ad abbracciare il verbo “monista” di Roy: una sola causa a spiegare la molteplicità delle malattie.

Si comprende come l’Omeopatia – soprattutto nella sua versione “protohahnemanniana”, col suo corredo di similitudine, forza vitale, miasmi – costituisse l’estuario naturale della ricerca di Roy. Egli pensò di applicare la sua “scoperta” al trattamento omeopatico del cancro. Per procurarsi la materia prima, il dottor Roy si rivolse ad uno dei serbatoi naturali del virus influenzale: le anatre, i cui organi viscerali – in particolare il cuore e
il fegato – gli erano sembrati ottime fonti di oscillococchi.


Nasce Oscillococcinum
Nel 1925, Roy cedette il suo brevetto ai Laboratoires Homéopathiques Modernes. Svanite pian piano le promesse intorno all’impiego in campo oncologico, era emersa una potente azione antinfluenzale del rimedio. Nel frattempo la tecnica di preparazione si era standardizzata, non differendo di molto da quella attuale. In una miscela di succo pancreatico e di glucosio si pongono a macerare (ad autolisarsi) frammenti di fegato e cuore di anatra (Anas Barbarie) in un rapporto pressappoco di 2:1. Dopo quaranta giorni si filtra l’autolisato ottenuto, che costituisce il ceppo di partenza per le preparazioni, poste in commercio alla duecentesima diluizione centesimale korsakoviana (200K). Dopo una quarantina d’anni di utilizzo (1966), il marchio di Oscilloccocinum (il nome di fantasia rispetta il fertile abbaglio del dottor Roy) fu acquisito dai Laboratoires Boiron, di cui rappresenta tuttora un prodotto di punta. L’anomalia del medicinale è costituita dalla mancanza di una patogenesi sperimentale propriamente detta: la sua patogenesi è infatti clinica, ricavata per così dire dall’uso empirico. L’indicazione è costituita dalle patologie da raffreddamento, nei confronti delle quali si configura al tempo stesso come preventivo e come curativo. Basti pensare che in Francia Oscillococcinum è l’antinfluenzale più diffuso. Pur mancando di una patogenesi sperimentale, Oscillococcinum è stato oggetto di numerose sperimentazioni cliniche condotte con i criteri più rigorosi. La letteratura internazionale, riportata in bibliografia, rappresenta una robusta conferma alla logica clinica del suo utilizzo. Dal punto di vista posologico, l’uso preventivo prevede una dose settimanale per tutta la stagione fredda, a cominciare dall’autunno. In terapia, si preferisce somministrarne una dose ogni otto ore ai primi sintomi, quando ancora il quadro non è conclamato. Dopo tre dosi, in genere, la malattia “abortisce”, nel senso che non si sviluppa; o decorre con una sintomatologia attenuata. Esistono evidenze sperimentali a conferma di una qualche azione terapeutica anche in quadri ormai conclamati, sebbene l’efficacia maggiore si riscontri appunto se somministrato precocemente. La sua uniformità di azione, cui consegue una grande maneggevolezza, spiega la fortuna di Oscillococcinum anche presso i medici non esperti in Omeopatia, per i quali rappresenta una valida alternativa ai prodotti tradizionali, nei confronti dei quali vanta oltre tutto un migliore indice terapeutico, data la totale assenza di effetti collaterali.

BIBLIOGRAFIA:
Casanova P., Gerard M.: Bilan de 3 années d’études randomisées multicentriques Oscillococcinum/placebo, Proposta Omeopatica 3, anno IV, Ottobre 1988.
· Ferley J.P., Zmirou D., D’Adhemar D., Balducci F.: A controlled evaluation of a homeopathic preparation in the treatment of influenza-like syndrome, British Journal of Clinical Pharmacology 1989; 27: 329-335.
· Papp R., Schuback G., Beck E., Burkard G., Bengel J., Lehrl S., Belon P.: Oscillococcinum in patients with influenza-like syndrome: a placebo-controlled double-blind evaluation, British Homeopathic Journal 1998; 87: 69-76.
· Saruggia M. et al.: Effetto preventivo di Oscillococcinum nelle sindromi simil-influenzali. Risultati di una indagine multicentrica, Medicina Naturale – N. 6, Novembre 1995.

Articolo apparso su "Farmacia 2007", ed. Tecniche Nuove

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