Angiola Iapoce, "Il sogno. Una ferita per il logos", La biblioteca di Vivarium Editore, 1997, pp 142
Un altro libro sul sogno. Cui prodest? Eppure, la letteratura sul fenomeno onirico testimonia di una proliferazione mai superflua, perché il sogno resiste ad ogni tentativo di sistematizzazione: è davvero il bambino difficile di cui parla Jung; detto in altri termini, riprendendo il titolo del denso saggio di Angiola Iapoce, è una ferita per il logos.
"L'importanza del fenomeno 'sogno' nel pensiero di Jung è data proprio dal costituire esso uno 'strappo' nella continuità della coscienza [...]" (pag. 21). A partire da questa dichiarazione di intenti, nel primo capitolo del suo libro ("Gli anni sperimentali") Iapoce ripercorre il percorso di Jung a partire dagli esperimenti di associazione, che avevano tra l'altro l'ambizione di conferire una copertura sperimentale alla teoresi freudiana. In questo periodo, coincidente più o meno con il primo decennio del '900, Jung concepisce i germi delle sue idee più originali.
La scoperta dei complessi, ad esempio, ha una ricaduta determinante sula concezione junghiana della psiche, che si mostra assai lontana dalla topica freudiana: i complessi si configurano, all'interno della psiche totale, come le molecole in un corpo. Una delle conseguenze più rilevanti è la relativizzazione dell'Io, che viene ridotto al rango di complesso tra i complessi. Ne "I tempi di reazione all'esperimento associativo", opera del 1905, si può leggere " ... la coscienza dell'Io non è che la marionetta che balla sul palcoscenico, ma è mossa da un ingranaggio nascosto e automatico".
Anche il sogno, che Jung non cesserà mai di leggere come un fenomeno naturale, viene letto alla luce della teoria dei complessi, tanto che il libro di cui ci stiamo occupando si apre opportunamente con la seguente citazione: "La natura dispone di un apparato che rielabora i complessi fino a ottenerne un estratto, che si presenta alla coscienza in una forma irriconoscibile e quindi non pericolosa: il sogno". Il sogno avrebbe dunque, tra le altre, una funzione di presentare alla coscienza contenuti complessuali potenzialmente pericolosi in una forma per così dire metabolizzabile. Il lavoro sul sogno è dunque un processo di assimiliazione di contenuti psichici non ancora assimilati.
Il primo lavoro junghiano in cui appare la parola sogno è "Associazione, sogno e sintomo isterico", del 1906. Seguono, tra il 1909 e il 1911, tre saggi specifici sul sogno: "L'analisi dei sogni"; "Contributo alla conoscenza del sogno di numeri"; "Recensione critica a Morton Prince"; "Il meccanismo e l'interpretazione dei sogni".
Il criterio storico scelto dall'Autore consente di seguire il percorso di Jung e il suo progressivo allontanamento da Freud, i cui primi segni si palesano nel famoso viaggio in nave che i due, insieme a Ferenczi, compirono nel 1909 alla volta dell'America, dove li aspettava un ciclo di conferenze alla Clark University.
Per Freud, come è noto, l'eziologia della nevrosi risiede nel desiderio sessuale rimosso, mentre per Jung "Il complesso scoperto mediante le associazioni è la radice dei sogni e dei sintomi isterici" Inoltre, l'approccio junghiano rinuncia a una formulazione univoca del significato del sogno, percorrendo un "continuum" che va dall'attenzione al dettaglio della storia personale, cui fa riferimento il procedimento del rilevamento del contesto, all'oggettività impersonale dei grandi sogni archetipici, in cui si riverberano temi dell'inconscio collettivo.
Ma soprattutto - e con ciò si produce il distanziamento maggiore col maestro - Jung abbandona ogni illusione semeiologica: l'innegabile bizzarria del sogno, che per Freud è funzionale al nascondimento, è attribuita da Jung alla nostra incapacità di analizzare le metafore: " ... è più esatto parlare del sogno come di un testo inintelligibile non perché ha una facciata, ma semplicemente perché non riusciamo a leggerlo". Con questa affermazione, Jung abolisce la distanza tra sogno manifesto e contenuto latente. La differenziazione da Freud, sancita a partire dal testo La libido. Simboli e trasformazione (1912/1952)comporta altresì una rinuncia al concetto di rimozione.
Si delinea inoltre la considerazione finalistica del sogno, che si affianca a quella causalistica tipicamente freudiana: rimozione e censura vengono abbandonate, per approdare all'originale concetto di compensazione.
Scrive Iapoce: " ... il sogno [...]offrirebbe la funzione di evidenziare quel punto di vista che la coscienza rifiutava di prendere in considerazione, ma che non può essere trascurato in quanto acquisizione fondamentale dell'umanità. Questo è il concetto di compensazione" (pag. 77). Come si vede, considerando la funzione compensatrice dell'inconscio e dei suoi prodotti, Jung pone un forte richiamo proprio alla coscienza: per comprendere appieno in che modo il sogno compensi una coscienza unilaterale, in altri termini, occorre indagare accuratamente i contenuti coscienti del sognatore.
In questo modo si stabilisce una fertile connessione tra l'Io e l'inconscio e la questione, con stile affatto junghiano, viene vista da un duplice punto di vista. Così come duplice, in altro senso, è l'interpretazione del sogno: a livello del soggetto e a livello dell'oggetto. Lo stesso Jung suggerisce che " ... se si sogna una persona vicina è preferibile l'interpretazione a livello dell'oggetto, se si sogna una persona indifferente è più probabile l'interpretazione a livello del soggetto" (pag. 82). Dove per interpretazione a livello del soggetto si intende l'interpretazione dei personaggi del sogno alla stregua di aspetti della psiche del sognatore.
Il secondo capitolo del libro ("Empiria del fenomeno onirico") si conclude con un paragrafo comparativo su Jung e il Sartre di Immagine e coscienza, dove il filosofo francese, nell'ottica della fenomenologia esistenziale, nega l'esistenza di una coscienza pura, di una coscienza cioè, che non sia coscienza di qualcosa.
I temi "forti" del libro ci sembrano enunciati nei primi due capitoli. Gli altri due ("Il sogno tra fenomenologia e terapia" e "Sogno e psiche"), brevi ma filosoficamente assai stimolanti, suscitano riflessioni che coinvolgono la prassi terapeutica.
Si può condurre un'analisi senza sogni? Forse, ma con grande difficoltà, a meno di non individuare un'altra via regia all'inconscio. Su questo, almeno, Freud e Jung si trovarono sufficientemente d'accordo. "Il sogno è la via regia che porta alla conoscenza dell'inconscio nella vita psichica" - aveva scritto Freud. E Jung, di rimando: "Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più mistica e più intima dell'anima".
Come si vede, la concezione del sogno come grimaldello per entrare nel sancta sanctorum della vita psichica accomuna i due grandi; tuttavia, la differenza di linguaggio tra le due affermazioni fa sospettare qualcosa di più che una differenza stilistica. Ogni approccio al sogno, difatti, presuppone un modello della psiche: quello junghiano parla in favore della dissociabilità della psiche e dei suoi complessi.
Nei Dreams Seminars (1928-1930) Jung critica la pretesa freudiana di una razionalità dell'evento onirico: egli ne rivendica l'irrazionalità nei termini di un processo naturale imprevedibile: " ... un sogno entra come un animale. Io posso sedere in un bosco e compare un cervo". Il lavoro dell'interpretazione trascina con sé quell'aporia per cui la psiche è allo stesso tempo soggetto e oggetto dell'indagine. Jung si richiama a un atteggiamento empirico; purtuttavia nulla è meno puramente oggettivabile della psiche. Si potrebbe dire che la massima ambizione della funzione interpretante risieda non già nella sua capacità di svelare - il che la relegherebbe sul piano dello smascheramento, in omaggio a quell'illusione semeiologica cui abbiamo accennato in precedenza - quanto piuttosto nella possibilità di rivelare, che nel suo senso di velare due volte arricchisce di significato il proprio oggetto di indagine.
Come scrive Iapoce: "L'approccio al fenomeno onirico ricalca lo scarto tra coerenza teorica e situazione empirica, e pone l'interprete nella sua più ampia situazione-limite" (pag. 124).
Si capisce come il continuo richiamo all'esperienza costituisca per Jung una sorta di liana alla quale aggrapparsi nel tentativo di dare un logos all'esperienza psichica, che è costitutivamente, per lo meno dal punto di vista della coscienza, unheimlich, perturbante, e si può dire che il sogno possieda la natura unheimlich al massimo grado.
Concludiamo pertanto queste note al libro di Angiola Iapoce riportando le sue parole a proposito della prassi junghiana: "L'opzione per un'ottica che potremmo chiamare pragmatico-terapeutica si impone con evidenza allorché Jung afferma che la verità dell'interpetazione di un sogno dipende pressocché esclusivamente dall'effetto che essa produce sul sognatore" (pag. 124).
Luigi Turinese
In foto: "Tabula rasa"
Recensione apparsa nella rubrica "Biblioteca" della Rivista di Psicologia Analitica, Nuova serie, n.10, Volume 62/2000,"Invecchiamento fra sintomo e necessità", pagg. 170-72
Medico, Esperto in Omeopatia, Psicologo Analista, Cantautore dottluigiturinese@gmail.com - facebook.com/luigi.turinese
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1 commento:
Si prospetta una lettura interessante il libro della Iapoce, grazie alla sua recensione.
Interessante, estremamente interessante anche la sua recensione.
Due i punti nodali a mio parere.
La comprensione della valenza interpretativa del sogno in Freud e Jung, porta innanzitutto a comprendere l'importanza dell'inconscio collettivo e di quella che si potrebbe chiamare funzione archetipica, capace di porsi a servizio dell'ermeneutica oggettiva del sogno.
Le immagini archetipiche hanno il pregio di poter definire una cornice, una griglia interpretativa per identificare l'archetipo base.
Nella seconda analisi, importante è la valenza che lei nella recensione riconosce al complesso: l'aspetto che personalmente mi pare di potergli attribuire è quello di fornire una sorta di 'modulazione ermeneutica', orientante l'integrazione adeguata in contenuti consci di quella che opportunamente lei chiama 'rivelazione' del sogno.
La miglior analisi possibile del sogno penso sia possibile grazie a ciascuno di questi due elementi citati nei due punti.
Conto di leggere il libro della Iapoce un giorno e ancora grazie della sua segnalazione, Professore.
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