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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

domenica 20 giugno 2010

Biotipologia - Recensione di Antonietta Donfrancesco




Biotipologia- L'analisi del tipo nella pratica medica, Milano Tecniche Nuove, 1997

Turinese sceglie l'esposizione storica delle varie teorie tipologiche per mettere in risalto ciò che caratterizza la medicina omeopatica: la comprensione del paziente passa attraverso un'attenta osservazione.

La necessità di esprimere la stretta relazione tra corpo e psiche anima il libro. Questa indivisibilità, nell'ultimo capitolo, viene indicata con l'efficace metafora del "terreno" come indicatore della globalità. Terreno inteso come "costituzione dell'individuo", quindio lo studio del funzionamento globale dell'organismo diviene, da questo punto di vista, una chiave interpretativa dei fatti clinici. In altre parole l'organismo esprime, tramite il sintomo, un disagio globale, questo è il motivo per cui dovrà essere presa in considerazione quella complessità varia e articolata che caratterizza ogni singolo individuo. La conoscenza delle varie tipologie evidenzia la relatività di ogni punto di vista teorico, relatività necessaria per rimanere aperti all'osservazione attenta e rispettosa dell'individuo. Questo libro, che appare come una introduzione a maggiori approfondimenti, mette in evidenza la necessità, per chi si occupa della cura, di essere cosciente del proprio punto di vista teorico, magari per tollerare il limite della propria scelta.

Le classificazioni tipologiche, sia di ordine fisico che psichico, non hanno portato allo sviluppo di un approfondimento teorico di vasta portata. Senza dubbio prendere alla lettera quelle classificazioni fa entrare in una complessità così vasta da essere difficilmente arginabile. Credo tuttavia che anche la duttilità della tipologia possa divenire rigido schema, con il potere di annullare il proposito di attenzione e rispetto.

E' auspicabile che la tipologia, come l'autore non si stanca di ripetere, sia uno strumento che richiami a una attenta osservazione, senza cadere in un ossessivo inquadramento. Il principio di diversità e peculiarità, che ogni individuo preso nella sua globalità esprime, può essere riconosciuto e rispettato proprio da quella osservazione attenta e accurata che Luigi Turinese sollecita, ma che deve essere riconosciuta pur sempre come relativa.
Chi si occupa della cura, avendo come fuoco della propria attenzione la globalità, deve mettere in discussione un concetto di scientificità , per aprirsi a parametri rispettosi della variabilità.
Luigi Turinese, che è medico, sembra cercare anche nelle scelte professionali questa unità fra corpo e psiche, prima con l'orientamento omeopatico della cura medica poi con l'aprirsi alla formazione in psicologia analitica.

Se è certamente vero che un medico allopatico facilmente tende a ignorare la globalità dell'individuo paziente, è pur vero che lo psicoterapeuta rischia di dimenticarsi del corpo. In tal senso, questo agile manuale, con la sua impostazione storica, può essere, anche per lo psicoterapeuta, stimolo a considerare il corpo fra le modalità espressive della psiche.

Personalmente ho sperimentato come possa accadere, nella seduta terapeutica, che il corpo del paziente risponda immediatamente alla dinamica che si sta creando. In questo caso il malessere di un organo è l'espressione che un nodo problematico è stato sollecitato. E' come se il corpo del paziente rispondesse in modo immediato là dove la coscienza è lenta o si rifiuta di arrivare, allora la tensione muscolare e il dolore fermano e segnano la memoria. Comunque l'immediatezza del disagio esige una presa in cura che, pur essendo pratica, diviene poi portatrice di significati per chi sa ascoltare. Ma anche il corpo dello psicoterapeuta è in gioco e risponde alla dinamica transferale, se la comunicazione viene accolta ci può essere un grande aiuto per la comprensione di qualla particolare situazione.
Questa attenzione alla globalità è quindi una sfida da raccogliere, ma soprattutto da strutturare. Potrei dire che per uno psicoterapeuta, riferendomi alla tipologia junghiana ricordata anche da Turinese, questo libro potrebbe essere uno stimolo a osservare e a chiedersi come la funzione sensazione si esprima nel corpo di ciascun individuo e anche come la funzione sentimento che anima la muscolatura, si esprima attraverso la concretezza visibile del corpo, suscitando immagini mentali in chi guarda.
La riflessione successiva è quella che mi vede in accordo con Lacan quando afferma che la posizione analitica di uno psicoterapeuta si definisce a seconda del suo modo di interrogare il corpo e, aggiungo io, del suo porsi o no il problema.

Antonietta Donfrancesco

Recensione pubblicata in "I Quaderni di Yseos" - Rivista di psicologia a cultura, "Il dolore e la felicità" n. 2, 1999, pagg.265-266 (Moretti&Vitali ed., Catania)

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