In ultima analisi,
noi contiamo qualcosa
solo in virtù dell'essenza
che incarniamo
e se non la realizziamo,
la nostra vita è sprecata.
(C.G.Jung)
noi contiamo qualcosa
solo in virtù dell'essenza
che incarniamo
e se non la realizziamo,
la nostra vita è sprecata.
(C.G.Jung)
Se consideriamo quella di Jung l'elaborazione più complessa tra le tipologie psicologiche è anche perché si tratta di una tipologia dinamica e non statica.
Mentre per Freud ogni tipo libidico è in qualche modo patalogico, ecezion fatta per quel modello virtuale che è il tipo genitale, Jung considera all'origine normale - così come naturalmente suscettibile di patologia - ogni tipo. I tipi junghiani sono cioè modelli convenzionali che imbrigliano la pluralità virtualmente infinita degli individui in forme quantitativamente finite. Vista da questa angolazione la tipologia non è una scienza naturale bensì un espediente euristico: attraverso la metafora del tipo ci si avvicina alla conoscenza dell'individuo, che in quanto unico è incommensurabile.
Indagare sul tipo psicologico significa scandagliare i versanti del gioco dinamico tra conscio e inconscio e prendere atto dello statuto soggettivo della psicologia, che si configura di conseguenza come una disciplina ermeneutica piuttosto che come una scienza della natura.
In questa accezione, lo studio del tipo diventa una altro modo di esercitare la psiche - ovvero di fare anima (Hillman, 1975).
A proposito dell'anima, Hillman fa sua l'espressione fare anima, mutuata dall'ingiunzione del poeta John Keats (1795 - 1821):
Chiamate, vi prego, il mondo "la valle del fare anima". Allora scoprirete a cosa serve il mondo.
Ogni attenzione alla manifestazione della psiche è un fare anima.
Ogni tipo ha la sua natura entelechiale (sviluppo in embrione), reca in sé il suo telos (scopo). Nel tipo si cela il destino di un individuo: il destino in quanto portatoore di una vocazione, di un'immagine che lo definisce.
Come direbbe Hillman, di un daimon (Hillman, 1996).
Che cos'è in fondo il complesso se non il frutto dell'urto tra la propria natura e il bisogno di adattamento? Il tipo condiziona anche il percorso individuativo, che si dipana in un perenne confronto tra la dotazione naturale e le richieste del collettivo. In questo opus contra naturam riconosciamo un aspetto della dialettica platonica tra Nous e Ananke, Ragione e Necessità.
Il lavoro psicologico sul proprio tipo contiene già di per sé una fantasia di individuazione. Il concetto di individuazione, mutuato dall'alchimista cinquecentesco Gerard Dorn e soprattutto da Schopenhauer (1788-1860), che parlavano di principium individuationis, è applicato alla psicologia soltanto da Jung.
Individuarsi significa anche assecondare il proprio tipo, significa uscire da tutte quelle identificazioni - parentali, gruppali, socioculturali -che rappresentano altrettante condizioni uroboriche. Come scrive Jung nell'ultimo capitolo di Tipi psicologici, intitolato "Definizioni":
L'individuazione coincide con il processo di sviluppo della coscienza dall'originario stato di identità (1921)
Potremmo dire che l'individuazione consiste nell'allontanamento progressivo dalla realtà primigenia per giungere, dapprima "approfittando" delle funzioni dominanti e successivamente confrontandosi con quelle inferiori, alla differenziazione cosciente.
L'individuazione non ha altro scopo che liberare il Sé, per un lato dai falsi involucri della Persona, per l'altro dal potere suggestivo delle immagini inconsce (Jung, 1928)
Ai fini dell'individuazione, pertanto sembrerebbe necessario differenziarsi dal collettivo. Si comprende la delicata dinamica che deve affrontare soprattutto chi, per tipologia, possieda caratteristiche lontane da quelle privilegiate della cultura dominante.
Come scrive Mario Trevi:
Vivere "individualmente" significa [...] vivere secondo la propria dotazione naturale, lottando - se ne è il caso - contro l'ambiente che potrabbe privilegiare altre costellazioni psicologiche. (Trevi, 1993)
Ma non è facile neppure il cammino di chi, apparentemente "premiato" dalla concordanza tra i suoi valori psicologici "naturali" e le richieste de collettivo, debba affrontare l'opera - ingrata proprio perché apparentemente non necessaria - di integrazione dell'atteggiamento e delle funzioni meno riconosciute dal collettivo per perseguire quella rotunditas che è l'immagine dell'individuazione.
Luigi Turinese
Tratto dall'Appendice alla II edizione di Biotipologia. Analisi del tipo nella pratica clinica. (Ed. Tecniche Nuove, 2006)
(In foto Roma, Tomba di Keats: "Fare anima", "Scritto sull'acqua" e "Sulla panchina")
Leggi un'anteprima di Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica su Google libri
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