"Sul Tibet si può scrivere con la testa. Sul Tibet si può scrivere col cuore. Questo è un libro scritto col cuore" (dall'appassionata introduzione di Fosco Maraini, pag.3).
Non c'è migliore sintesi per presentare il lavoro di Stefano Dallari, medico reggiano che dall'incontro col buddhismo tibetano è stato toccato al punto da trasformarte la propria vita fino a farsi promotore dell'Associazione Italia-Tibet e fondatore della Casa del Tibet italiana, affiliata alle altre Case del Tibet disseminate per il mondo.
Presso la Casa del Tibet, tra l'altro, è disponibile la videocassetta che narra le vicende descritte, che nel libro sono commentate dalle ottime fotografie di Claudio Cardelli e Fosco Maraini.
L'adesione alla Casa del Tibet passa inevitabilmente attraverso la polemica anticinese, sostenuta con valide argomentazioni dall'intervista a Piero Verni, che costituisce il terzo capitolo; Verni ribadisce la falsità dell'affermazione cinese che il Tibet sia sempre appartenuto alla Cina.
Va detto che le cose migliori non sono costituite dalle digressioni storico-filosofiche, a proposito delle quali si possono registrare alcune inesattezze: ad esempio (pag. 35), il buddhismo mahayana viene descrirtto come il prodotto della sintesi tra buddhismo indiano e religione bon.
Entuisiastico, e venato di ingenuo ma fresco idealismo, è il resoconto dell'incontro dell'autore con Richard Gere, fondatore della Tibet House a New York.
E attraverso ventiquattro brevi e densi capitoli viene snocciolandosi un'avventura umana che inizia con un viaggio e si trasforma pian piano con l'incontro con l'Anima del Mondo.
Luigi Turinese
In foto: "Ceremonies"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XIII, n.52, Ottobre-Dicembre 1994
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