Il contributo di Luigi Turinese (pp 123-131) è intitolato
"’Alam al-Mithal: vicissitudini dell’anima nel mondo immaginale del sufismo iranico"
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Medico, Esperto in Omeopatia, Psicologo Analista, Cantautore dottluigiturinese@gmail.com - facebook.com/luigi.turinese
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"’Alam al-Mithal: vicissitudini dell’anima nel mondo immaginale del sufismo iranico"
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Epifanie Archetipiche (Edizioni Efesto, 2021)
Sabato 16 ottobre 2021
Virtual Edition
Vai alla pagina ISMO - Biotipology
Il programma:
B2 - Luigi Turinese a Biotypology 2021 from Gino Santini on Vimeo.
Sabato 4 dicembre 2021
ore 16-19
Palazzo della Cultura
via Vittorio Emanuele II
Catania
Prefazione di Luigi Turinese
Difficile dire che cosa è questo strano oggetto che l’Autrice definisce “romanzo di Fantaumanità”. È un romanzo, innanzitutto? Anche; ma non solo. È un esperimento letterario? Sicuramente. Scritto, forse non a caso, in periodo di pan-demia, sin dal titolo reca una traccia indelebile del dio che il termine medico contiene. Tutto, in greco pan: come il nome del dio Pan, signore della natura e delle sue pulsioni. Riassumerne la trama – una sorta di terapia di un’umanità ferita e votata all’estinzione – non rende l’idea di un “libro multiverso”, come gli universi che descrive. È un romanzo-utopia, una narrazione distopica non priva di sfumature dada, come si addice a un’Autrice che si definisce “creativa culturale”. Chiara Fusi si propone infatti di “attivare la potenza immaginifica insita nella nostra natura”, perché “l’immaginazione è la materia prima della creatività”.
Nel romanzo, l’umanità è minacciata dal danneggiamento del Dialogh’io, ovvero della funzione di connessione tra l’Io e il proprio daimon. La cura dell’umanità sofferente si applica per un quarto di secolo, tra il 2025 e il 2075, grazie all’uso di un insieme di “morbide-invenzioni”. Dunque c’è anche una spruzzata di fantascienza à la Philip K. Dick, in questa narrazione popolata di utopici espedienti, come la creazione di sexoranti, luoghi dove ci si può scambiare libere e consensuali effusioni.
Ho usato non a caso il termine utopico e non il più comune utopistico: il primo aggettivo infatti comprende una realizzabilità che il secondo non prevede. Il libro di Chiara Fusi è pervaso da una coloritura immaginale. Non immaginaria, si badi bene, ma appunto immaginale. Differentemente dall’immaginario, categoria che sottende un uso compensatorio della fantasticheria, l’immaginale è il luogo dell’esperienza simbolica, popolato di archetipi, uno stato intermedio tra conscio e inconscio. “Ogni processo psichico è un’immagine e un immaginare, altrimenti non potrebbero esistere di quel processo né coscienza né fenomenalità” (Jung, 1939). In questa linea procede il più autorevole post-junghiano del ‘900, James Hillman, quando scrive (1981): “Il cuore non è tanto il luogo del sentimento personale, quanto il luogo del vero immaginare”.
CARO HILLMAN ...
VENTICINQUE SCAMBI EPISTOLARI CON JAMES HILLMAN
Attualità della psicologia archetipica
Alcune voci significative della psicologia analitica e della cultura italiana scrivono a James Hillman – figura prestigiosa e carismatica, l’allievo più significativo di Carl Gustav Jung – presentandogli ricordi personali, interrogativi, proposte, ma anche perplessità e dissensi.
L’iniziativa di raccogliere in volume queste lettere, con le risposte di Hillman, intende stimolare un dibattito sul cosa significhi rifarsi al pensiero e all’insegnamento di Jung e quale aiuto la psicologia archetipica offre ai problemi dell’individuo e della società attuale.
Questa nuova edizione di "Caro Hillman..." contiene la prefazione di Silvia Ronchey, celebre collaboratrice di Hillman e due capitoli sull’attualità della Psicologia Archetipica di Riccardo Mondo e Luigi Turinese, già curatori e autori della precedente edizione.
Scheda tecnica
Numero Pagine 264
Formato 15 x 21 cm
Rilegatura Brossura
ISBN 978868959654
Data di pubblicazione 11-2021
eISBN 9788868959661
Colore 4 Colori
ISBN | eISBN 978868959654
Prezzo 24,90 €
Guarda il Video fb di presentazione di Luigi Turinese per "l'arte di comunicare"
Presentazione del libro
Luigi Turinese e Gianna Tarantino
Luigi Aversa dialoga con gli autori
Mercoledì 18 agosto
ore 18.30 - 20.30
Lido La Conchiglia
Castellaneta Marina (TA)
Da Catherine Marie-Agnès
a Caterina Luisa; e ritorno
di Luigi Turinese
“Quando siamo in un giardino, si manifesta qualcosa dell’anima”
James HIllman
Un ricordo personale. A metà
degli anni ’70, studente di Medicina con una insopprimibile tensione verso le
arti e il sapere umanistico, avevo preso l’abitudine, una volta terminato
l’orario delle lezioni al Policlinico di Roma, di salire sul primo tram che
scendeva verso il Flaminio. Alla fermata di Belle Arti saltavo giù e facevo il
mio ingresso nella Galleria Nazionale di Arte Moderna, allora diretta dalla leggendaria
Palma Bucarelli. Nel buio di una saletta, non di rado da solo, mi godevo la
proiezione di diapositive su un pittore o su un movimento artistico. Le
monografie cambiavano ogni due giorni, consentendo così a chiunque di erudirsi
nella storia dell’arte. Dopo la proiezione gironzolavo per le sale e ogni tanto
“giocavo” con una installazione assai buffa. Si chiamava “Baluba bye bye” e
pigiando un pedale si animava tutta, producendo un suono metallico che
conferiva al titolo un valore onomatopeico e fonosimbolico. Racconto questo
episodio perché, leggendo le dense pagine di Caterina Luisa de Caro, mi sono imbattuto in un
deuteragonista della storia narrata, il cui nome era rimasto sepolto in un
recesso della mia memoria: Jean Tinguely, scultore svizzero alfiere del “Nuovo
Realismo” e dell’arte cinetica, secondo marito di Catherine Marie-Agnès (Niki)
de Saint-Phalle e responsabile delle gigantesche strutture metalliche che
costituiscono l’”impalcatura” dei Tarocchi realizzati da Niki. Nonché, si sarà
capito, autore del mitico “Baluba” della GNAM.
Il libro che sono
chiamato a prefare è così saturo da non tollerare commenti superflui. Il
lettore vi troverà amplificazioni e nessi che sarebbe ridondante sottolineare.
Come altri giardini filosofico-iniziatici, anche il Giardino dei Tarocchi – per
chi lo sappia percorrere con intenzione alchemica – costituisce un opus contra naturam. Niki lo ideò e lo
realizzò innanzitutto per curare sé stessa. Un po’ come accade all’analista
consapevole del fatto che il lavoro svolto nella stanza dell’analisi finirà per
modificare entrambi gli attori di quel dramma. Jung lo racconta molto bene ne La psicologia del transfert (1946)[1], dove il fenomeno della
traslazione viene esposto sulla falsariga del Rosarium philosophorum, un testo alchemico medioevale le cui venti
tavole rappresentano i momenti salienti dell’opus alchemicum, dunque anche del lavoro analitico. Come nell’immaginazione attiva e nella sandplay therapy, metodi di sapore
autenticamente junghiano, o nel singolare caso clinico della pittrice americana Christiana Morgan, le cui elaborazioni figurative
costituiscono il nucleo di un seminario[2] tenuto da Jung tra il 1930
e il 1934, nel Gardino dei Tarocchi troviamo una esplicita rappresentazione di
archetipi. I ventidue Arcani Maggiori trovano corrispondenza nelle ventidue
Sephiroth della Kabbalah; i colori sgargianti richiamano la progressione del Magnum Opus: dalla nigredo alla rubedo,
passando per la citrinitas fino all’albedo. “Se si vuole formare una
raffigurazione del processo simbolico, la serie di immagini trovate
nell’alchimia sono buoni esempi […] Sembra anche come se l’insieme d’immagini
nel tarocco fossero discese a distanza dagli archetipi della trasformazione, un
punto di vista che è stato confermato per me da una lezione molto illuminante
del professor (Rudolf) Bernoulli. Il processo simbolico è un’esperienza in
immagini e di immagini. Il suo sviluppo generalmente si presenta come una
struttura enantiodromica come il testo dell’I
Ching, e così presenta un ritmo di negativo e positivo, perdita e guadagno,
oscurità e luce”[3].
In tutte le mantiche da lui indagate, come anche nell’astrologia, Jung vede
all’opera la dimensione della sincronicità,
quel “principio di nessi acausali” che lega due eventi, uno appartenente alla
sfera fisica, l’altro alla sfera psichica. Esso “afferma che i termini d’una
coincidenza significativa sono legati da un rapporto di contemporaneità e dal senso”
(Jung, 1951: 506)[4].
In conclusione, leggendo
il libro di Caterina Luisa de Caro veniamo condotti in un percorso iniziatico che si dipana tra
le pagine come un gioco e al gioco chiama[5]. Fruibile come un
ipertesto, per la grande mole di richiami e di aperture verso altri mondi
sapienziali, non sfigura come viatico per chi decida di effettuare la
contemplativa passeggiata tra le gigantesche Lame del giardino di Garavicchio,
dono di Niki al viaggiatore mistico[6]. Seguendo James Hillman
quando scrive che nei giardini, come in un tempio greco o in una moschea, “[…]
il rapporto fra corpo e psiche si rovescia completamente – non più l’anima nel
corpo, ma il corpo che passeggia in quel giardino che è l’anima”[7].
[1] Jung, C. G.: In Opere complete, vol. 16 (“Pratica
della psicoterapia”), Bollati Boringhieri, Torino 1981.
[2] Jung, C. G.: Visioni.
Appunti del Seminario tenuto negli anni
1930-1934, a cura di Claire Douglas, Edizioni Magi, 2004.
[3] “Gli archetipi dell’inconscio collettivo” (1934/1954), in Opere complete, vol. 9.1 (“Gli archetipi
e l’inconscio collettivo”), Bollati Boringhieri, Torino 1980.
[4] Jung, C. G.: “La sincronicità come principio di relazioni
acausali”, In Opere complete, vol. 8
(“La dinamica dell’inconscio”), Bollati Boringhieri, Torino 1976.
[5] Qui ci riferiamo al gioco nel suo senso filosofico-sapienziale, seguendo Nietzsche quando scrive: “Nel considerare il mondo un gioco divino e al di là del bene e del male, ho come predecessori la filosofia dei Vedanta ed Eraclito” (Nietzsche, F.: Opere, edizione a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Adelphi, Milano 1964, VII, II, p.182).
[6] Voglio evidenziare come l’interesse per il Gardino dei
Tarocchi non sia un vezzo di pochi stravaganti, se nell’anno in corso (2019) la
casa editrice e/o ha pubblicato un godibilissimo romanzo di Lorenza Pieri
intitolato Il giardino dei mostri.
[7] Hillman, J.: “Nei giardini. Un ricordo psicologico”, in Politica della bellezza, Moretti &
Vitali, Bergamo 1999.
Prima puntata della nuova rubrica dedicata alla salute: Salute in pillole, con Dottor Luigi Turinese, Medico Esperto in Omeopatia, specializzato in Omeopatia e Terapia Omeopatica presso l’Università di Bordeaux II
Guarda qui la registrazione del'evento:
Convegno
Dante e Jung
Una relazione a distanza
Ravenna
30 aprile / 1 maggio 2021
Coordinatore scientifico: Claudio Widmann
Intervento di Luigi Turinese:
"Alam al-Mithal:
vicissitudini dell'anima nel mondo immaginale del sufismo iranico"
sabato 1 maggio dalle ore 9
Altre info e il Programma completo qui
Segreteria organizzativa:
dante.jung2021@gmail.com
THIASOS
oficina de imaginaçao compartilhada
presenta
Conferenza internazionale
online
Luigi Turinese
" Reflexoes para uma comunidade imaginal"
Venerdì 12 Marzo ore 20.00
Piattaforma zoom
La prima puntata della rubrica "Suoni e ultrasuoni" ospita Luigi Turinese.
La medicina ha bisogno di mètis
di Luigi Turinese
La mancanza di mètis
In questi mesi ho lavorato intorno ad alcuni temi interdisciplinari, considerata anche la mia doppia competenza, di medico e di psicologo analista. Alcune settimane fa, mentre approfondivo il concetto di mètis per un Convegno di psicoanalisti junghiani, mi è sembrato di avere sempre più chiaro perché trovo insoddisfacente l’ingiunzione della medicina contemporanea di procedere per linee-guida e protocolli: infatti la nostra pratica, così come viene proposta, manca di mètis, ovvero di quella intelligenza astuta in grado di vedere soluzioni dove la statistica non sa guardare. Possiamo dire che la cultura scientifica dominante ha privilegiato il pensiero logico (logos): unilateralità particolarmente dannosa in medicina, disciplina complessa che non si risolve in pura oggettività. Alcuni correttivi stanno nascendo: si veda l’attenzione nei confronti della medicina narrativa, che viene presentata come una novità ma che per noi medici omeopati è una realtà da oltre due secoli. Si tratta però di correttivi isolati, mancando una visione d’insieme sorretta da una appropriata filosofia della medicina, che ne riconosca e rispetti la duplice natura di scienza e arte.
Mito e mètis
Che cosa dunque è la mètis? La mitologia greca ci dà qualche spunto iniziale, ricordandoci che Mètis è la prima moglie di Zeus: una oceanina che gli sfuggiva in ogni modo, tanto che alla fine Zeus si risolse di ingoiarla, quando però era oramai gravida. Le doglie si annunciarono sotto forma di una terribile emicrania, e dal cranio di Zeus nacque Atena, la dea della sapienza (sophìa). Nel terzo secolo a. C. il filosofo stoico Crisippo pone una distinzione tra sophìa e phronesis: la prima si interessa degli universali, la seconda, intrisa di mètis, è una qualità che dirige l’agire, tenendo conto della complessità e del contesto.
Il pensiero “laterale”
Ora, è evidente come la medicina, per lo meno nella sua declinazione clinica, abbia bisogno di un pensiero contestuale, di un pensiero flessibile, piuttosto che di un approccio sistematico e astratto che proceda per squadrate verità. Potremmo dire che, oltre alla via del razionale, urge percorrere la via del ragionevole, che sappia scegliere di volta in volta, da caso a caso, la soluzione più adatta. La via del ragionevole si nutre di intuizione, di colpo d‘occhio. [...]
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