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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

venerdì 1 luglio 2011

Le Recensioni di L.T. - "Le trasformazioni della coscienza", di K.Wilber, J.Engler, D. P.Brown

Ken Wilber, Jack Engler, Daniel P.Brown, "Le trasformazioni della coscienza", Ubaldini Editore, Roma 1989, pp.224

"Questo libro è costituito dai vari tentativi, strettamente collegati, di articolare un modello completo della crescita e dello sviluppo umano, un modello che comprenda gli stadi evolutivi indagati della psicologia e dalla psichiatria convenzionali, e anche quelli che traspaiono chiaramente nelle grandi tradizioni meditative e contemplative mondiali" (pag.7). A dare corpo ai tentativi di cui si parla contribuiscono, con risultati eccellenti, vari operatori dell'area della psicologia transpersonale: Ken Wilber e Daniel P.Brown , psicologi, e Jack Engler, psichiatra.

Il libro, della cui tempestiva traduzione si deve ringraziare la benemerita Casa Editrice Ubaldini, consiste nella sua quasi totalità in una raccolta,molto ben raccordata, di articoli comparsi sul Journal of Transpersonal Psychology. L'assunto che li lega è costituito dalla possinbilità di descrivere la crescita e lo sviluppo umani secondo un "modello a spettro intero" (si ricorda che Ken Wilner è considerato il padre della "spectrum psychology"), che contempli la coesistenza di elementi tratti dalle tradizioni contemplative con le ormai inalienabili acquisizioni della psicologia e della psichiatria convenzionali.

La sezione più originale del libro comprende l'analisi della patologie possibili nel percorso meditativo: complicazioni psichiatriche in soggetti che si avventurano nella contemplazione senza aver raggiunto una maturazione psicologica preliminare, o addirittura con strutture psichiche borderline; effetti collaterali nel corso della pratica, anche in stadi avanzati, che si traducono in ostacoli per lo sviluppo personale. "L'insegnamento buddhista secondo il quale non si ha né si è un Sé viene spesso frainteso nel senso che non si deve lottare con i compiti di formazione dell'identità o con la scoperta di chi si è, delle proprie capacità, dei propri bisogni, e delle proprie responsabilità, del modo di entrare nel rapporto con gli altri, di ciò che si debba o possa fare della propria vita. La dottrina dell'anatta (assenza del Sé) è presa a pretesto per il prematuro abbandono dei compiti psicosociali essenziali... La dottrina dell'anatta aiuta a spiegare e a razionalizzare, se non effettivamente a legittimare (negli individui con una organizzazione borderline) la mancata integrazione del Sé, il senso di vuoto interiore o di non avere un Sé coesivo... L'isegnamento del non attaccamento è ascoltato da questi individui comne una razionalizzazione della loro incapacità a formare dei rapporti stabili, durevoli e soddisfacenti" (pagg. 30-31-32).

Assai interessante, da questo punto di vista, il capitolo 5 ("Modalità di trattamento") in cui Ken Wilber suggerisce la possibiltà di intervento in questi particolari tipi di psicopatologia.
La bibliografia, che segnala circa quattrocento titoli, completa questo autorevole volume.

Luigi Turinese


In foto: "Toys"

Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno IX, n.32, Gennaio-Marzo 1990

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