La medicina omeopatica come medicina a paradigma psicosomatico
di Luigi Turinese
“Poiché questo è il grande errore dei nostri giorni,che i medici separano l’anima dal corpo”
Ippocrate
“L’impiego omeopatico dei medicinali è più indicato quando non solo i sintomi somatici del rimedio sono simili a quelli della malattia, ma anche quando le alterazioni mentali ed emozionali provocate dalla droga incontrano stati simili nel quadro morboso da curare”
Samuel Hahnemann
“Non si guarirà mai, dunque, in modo conforme alla natura cioè in modo omeopatico, se per ogni caso individuale di malattia, anche acuta, non si presterà simultaneamente la dovuta attenzione anche alle modificazioni dello stato psichico e mentale del malato” (Hahnemann, 1921: § 213). Questa affermazione spazza via in un colpo solo la figura di medico rivolto al passato che tanti omeopati contemporanei vorrebbero fare del Maestro: Hahnemann (1755-1843) fu un uomo molto attento alla contemporaneità e per molti versi un precursore, nella fattispecie un precursore della psicosomatica.
Venendo all’Omeopatia del XX secolo, ci imbattiamo in una citazione altrettanto cogente: “Nella sperimentazione come nell’osservazione clinica l’omeopatia è una medicina dell’uomo totale” (Demarque, 1981: 330). Questa – che potrebbe apparire come una petizione di principio tutta ideologica, dunque soggetta a rimaneggiamenti legati al contesto culturale – è viceversa un’affermazione per così dire oggettiva. Con essa si ribadisce la stretta, inalienabile correlazione tra sperimentazione e clinica, che costituisce la base della medicina omeopatica: il principio di similitudine è tutto incardinato in questa giustapposizione.
È messa inoltre in evidenza l’origine squisitamente sperimentale dell’approccio globale al paziente, rivendicato – a ragione ma con toni troppo spesso apodittici – dai medici esperti in Omeopatia. Dobbiamo infatti agli effetti sistemici delle patogenesi sperimentali la ricerca di quella che Hahnemann chiamava la totalità dei sintomi del paziente: in altri termini, non è possibile operare una scelta terapeutica basata sull’analogia se non indagando i diversi piani in cui si manifesta la malattia: sintomi e segni psichici, generali, locali; tutti sostanziati dalle rispettive modalità.
L’individualizzazione del protocollo terapeutico, punto forte della clinica omeopatica, passa attraverso un’accurata disamina dell’insieme delle caratteristiche e dei sintomi del paziente. Questo è vero sia nei casi acuti, in cui è necessaria un’individualizzazione della malattia; sia, a maggior ragione e prendendo in considerazione elementi che solitamente il medico non considera importanti (desideri e avversioni alimentari, bioreattività (1), modalità, fattori biotipologici), in corso di malattie croniche. Un’accurata anamnesi e un dettagliato esame obiettivo costituiscono per il medico esperto in Omeopatia una necessità tecnica imprescindibile; così come è un necessità tecnica, prima che umanistica, una relazione terapeutica approfondita e fiduciaria.
In altri termini, se il medico non riesce a configurare un mosaico
sintomatologico “personalizzato” e manca – in particolar modo nei casi cronici – di mettere in evidenza la reazione individuale del malato, gli sarà molto difficile scegliere il medicinale corrispondente al caso. Il simillimum o quanto meno il simile, difatti, è il medicinale la cui patogenesi sperimentale viene richiamata con la maggiore approssimazione possibile dal quadro clinico in esame. Pertanto il medico deve conoscere molto bene la Materia Medica e deve osservare l’insieme del paziente così attentamente da poter affiancare i due quadri – l’uno spontaneo e l’altro sperimentale – constatandone la stretta analogia: è come se egli dovesse trovare il negativo fotografico (metafora della patogenesi sperimentale) cui corrisponde la fotografia che ha di fronte (metafora del paziente).
Analizzare il paziente dal punto di vista nosografico è necessario ma non sufficiente. È sempre importante porre la diagnosi convenzionale, in primo luogo per decidere quale strategia terapeutica mettere in campo: omeopatica, convenzionale, chirurgica, integrata. Il medico che segue il paradigma psicosomatico, difatti, saprà guardare alla globalità non solo all’atto della diagnosi ma anche nell’elaborazione del protocollo terapeutico, che si estenderà anche all’esame dello stile di vita, comprese le abitudini igienico-dietetiche; alcuni fallimenti terapeutici provengono proprio dall’ignoranza di queste aree. “Un omeopata è più di un semplice prescrittore di medicine omeopatiche – egli è anche consapevole dell’importanza del supporto di altre terapie e dei consigli che facilitano questo processo di guarigione” (Owen, 2007: 77).
La diagnosi omeopatica è una diagnosi non di malattia ma di rimedio: è la ricerca, cioè, della più accurata similitudine tra malato e medicinale. Per realizzare tale ambizioso obiettivo non ci si può accontentare di trovare una casella corrispondente alla malattia e affrontare quest’ultima con un protocollo standardizzato (2) . Il paziente va osservato e ascoltato con cura, nelle sue determinanti costituzionali non meno che caratterologiche. La lunga visita omeopatica non è l’esito di una abnegazione missionaria da parte del clinico – fermo restando che la phylantropia rimane una delle doti essenziali del buon medico – ma una tappa necessaria a valutare i possibili raffronti analogici. Vengono così passati in rassegna sintomi psichici, reazioni fisiologiche (sonno, mestruazioni, sessualità, ecc…) e fisiopatologiche, reazioni all’ambiente (alle temperature e al clima, a cibi e sapori, all’ambiente psicosociale), caratteristiche tipologiche. Tra queste ultime, rivestono grande importanza le caratteristiche psicologiche, che vanno distinte dai sintomi psicologici sebbene spesso ne rappresentino i fattori condizionanti.
Rispetto alla psicosomatica di orientamento psicoanalitico, la medicina omeopatica riconosce sempre un ruolo ai fattori psicologici, non limitandosi a individuare i sintomi di conversione. In altre parole, Hahnemann scoprì – con largo anticipo sulla PNEI – che la forza perturbatrice della malattia esercita la sua azione su tutta l’economia dell’organismo. E lo scoprì mercé la geniale intermediazione della sperimentazione patogenetica sul soggetto sano. “Tra i farmaci in grado di indurre modificazioni sullo stato di salute dell’uomo, tramite la sperimentazione, quello che possiede la maggiore similitudine con la totalità dei sintomi di una malattia naturale data (5), sarà e dovrà essere quello più omeopaticamente adatto; in tal farmaco sarà trovato lo specifico di quel caso patologico” (Hahnemann, 1921: § 147).
Passando poi al vasto e importante capitolo dell’applicazione terapeutica, Hahnemann si tiene alla prassi della totalità dei sintomi appresa tramite la sperimentazione. Mostrando di non avere nessun pregiudizio dualista, egli non ha bisogno di riavvicinare le due realtà – psichica e somatica – perché le ha già viste all’opere strettamente congiunte, appunto, nell’esito sperimentale. Accostandosi alle malattie mentali propriamente dette, Hahnemann fa un’affermazione cruciale: “[…] non si tratta, però, di una classe di malattie distinta nettamente dalle altre, dato che anche nelle rimanenti malattie fisiche lo stato mentale e quello psichico sono quasi sempre modificati (6) . In tutti i casi di malattia occorre comprendere lo stato d’animo del malato nella totalità dei sintomi, considerandolo uno dei sintomi preferenziali, se si vuole delineare un quadro patologico fedele e poterlo quindi curare omeopaticamente con successo” (Hahnemann, 1921: § 209). Se consideriamo che tali parole sono del 1842 (sebbene rese pubbliche soltanto nel 1921 per complesse questioni ereditarie), le teorie psicoanalitiche sulle nevrosi di conversione, posteriori di molti decenni, fanno la figura di una pallida parodia.
Piuttosto, i contemporanei studiosi di neuroscienze dovrebbero annoverare Hahnemann tra i loro precursori, se soltanto leggessero parole come queste: “Quasi tutte le cosiddette malattie mentali e psichiche (7) non sono altro che malattie del corpo, nelle quali ogni sintomo peculiare […] si accresce con la diminuzione dei sintomi fisici” (Hahnemann, 1921: § 215). Gli esempi si potrebbero moltiplicare ma il dato centrale rimane il seguente: Hahnemann e l’Omeopatia hanno riconosciuto da subito – per via sperimentale e non argomentativa – la sostanziale unità dell’essere umano.
Luigi Turinese
In foto: "Gorgiera"
Note:
(1) Si intende per bioreattività la disposizione energetica individuale, comprendente la reazione al caldo e al freddo e l’insieme delle caratteristiche della reazione vitale dell’organismo, sia nello stato di salute sia in quello di malattia.
(2) Intendo garbatamente polemizzare, a questo proposito, con quanti si fanno assertori di una Evidence Based Homeopathy, dimenticando che il cuore dell’Omeopatia è la sua pretesa individualizzante.
(3) Il termine depressione reattiva è considerato desueto nelle più aggiornate classificazioni dei disturbi
psichici; in questo contesto, tuttavia, lo possiamo mantenere ai fini dell’intelligibilità generale del discorso.
(4) “Il concetto di tipo sensibile rimanda alla particolare sensibilità mostrata da alcuni soggetti nel corso della sperimentazione patogenetica di un determinato rimedio. I pazienti con tipologia simile presentano frequentemente patologie trattabili con quel rimedio” (Turinese, 2006: 4, nota 5).
(5) Corsivo mio.
(6) Corsivo mio.
(7) Corsivo mio.
Riferimenti bibliografici
Bignamini, M. – Felisi, E.: Metodologia omeopatica, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 1999.
Demarque, D. (1981): L’Omeopatia, medicina dell’esperienza, Edizioni Boiron, Milano 2003.
De Torrebruna, R. – Turinese, L.: Hahnemann, vita del padre dell’Omeopatia. Sonata in cinque movimenti, edizioni e/o, Roma 2007.
Hahnemann, S. (1921): Organon dell’arte di guarire (VI edizione), Edi-Lombrado, Roma 2004.
Institut Boiron (1992): Glossaire de l’Homéopathie, Boiron, Lyon.
Owen, D. (2007): Principi e pratica di omeopatia, Elsevier Masson, Milano 2008.
Turinese, L. : Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica, Elsevier Masson, Milano 2009.
Articolo apparso sulla rivista "Cahiers de biotherapie - N o t i z i a r i o F l a s h s m b I t a l i a", n. 4, anno 19, dicembre 2011, pp. 29-33
Medico, Esperto in Omeopatia, Psicologo Analista, Cantautore dottluigiturinese@gmail.com - facebook.com/luigi.turinese
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Libri di Luigi Turinese
- Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Nuova edizione 2021, Edizioni LSWR , Milano)
- Epifanie archetipiche (con Gianna Tarantino, Edizioni Efesto, Roma, 2021)
- Walking on the wild side. Trame di Dioniso (Magi Edizioni, Roma, 2020)
- Hahnemann. Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, Riedizione 2020, Edizioni Efesto, Roma)
- L'omeopatia nelle malattie acute (Edizioni Edra, Milano, 2015)
- L'anima errante. Variazioni su Narciso (e-book + libro, Ed. flower-ed, 2013)
- Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica (Elsevier-Masson, Milano, 2009)
- Hahnemann, Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, E/O, Roma, 2007)
- Caro Hillman...Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004)
- Il farmacista omeopata (Tecniche Nuove, Milano, 2002)
- Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica (Tecniche Nuove, Milano, 1997/2006)
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