" ... il modo più efficace di esprimere una cosa che vogliamo far capire agli altri è servirsi del linguaggio più semplice. E questo specialmente quando ci sforziamo di insegnare qualcosa che non rientra nelle normali attività della vita quotidiana" (dalla Prefazione, pag.7). L'autore, un monaco singalese ormai quasi settantenne, vive da svariati anni negli USA. Egli pertanto conosce bene le difficoltà che si possono incontrare nel trasmettere certi concetti e certe esperienze a meditanti occidentali; e, d'altra parte, è in possesso della chiave per riuscirci. Questa chiave è la semplicità.
Nel libro, ad esempio, è ridotta al minimo indispensabile la terminologia tecnica in lingua pali: si fa invece largo uso di un linguaggio psicologico "basso" e dunque comprensibile a tutti pur senza tradire la profondità dei concetti. Ne risulta un manuale di meditazione buddhista privo di colore catechistico. Il tono è quello, basilare e rassicurante, di un maestro elementare.
Il primo capitolo ("Meditazione: perché disturbarsi?") contiene una riflessione sulla motivazione. Viene messa in chiaro la natura eminentemente psicologica della meditazione vipassana. Prezioso, e spiritoso, il secondo capitolo ("Ciò che la meditazione non è"), in cui si passano in rassegna gli equivoci più frequenti circa la meditazione : "la meditazione è fuggire dalla realtà"; "la meditazione è per i santi e per gli uomini straordinari, non per gente normale"; e così via.
Molto utili il capitolo 10 "Come affrontare i problemi") e i capitoli 11 e 12 ("Affrontare le distrazioni").
"La consapevolezza è una funzione che disarma le distrazioni, allo stesso modo in cui un artificiere innesca una bomba " (pag. 123).
"Paura e depressione sono stati mentali spiacevoli che fanno male. Volete liberarvene perché vi disturbano. Più difficile sarà voler applicare lo stesso processo agli stati mentali a cui tenete, quali il patriottismo, la vostra protettività di genitori, il vero amore. Ma sarà ugualmente necessario" (pag. 134).
Molto acute sono poi le considerazioni sull'equilibrio tra concentrazione e consapevolezza. "Troppa consapevolezza, senza la calma che la bilanci, finirà per essere uno stato ultrasensibilizzato, simile a quello generato dall'abuso dell'LSD. Troppa concentrazione, senza un'adeguata quantità di consapevolezza che faccia da contrappeso, finirà nella sindrome del "Buddha di pietra" (pag. 151).
Raramente un manuale di meditazione è insieme così profondo e così amorevolmente didattico.
Luigi Turinese
In foto: "Cuori in inverno"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XV, n.57, Gennaio-Marzo 1996
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