"[...] L'oceano della tradizione buddhista ha rapidamente incrementato la sua espansione a Ovest, ma in questo suo allargamento è finito anche a formare ampi specchi d'acqua che di "speculativo" non hanno nulla: vi galleggiano infatti frammenti di parole esotiche, frantumi di idee ridotte a formule evocative, residui di ragionamenti in piccole certezze [...]. Per riguadagnare profondità e chiarezza [...] bisogna ritornare ai luoghi originari, dove minimi siano i fremiti delle mode e i brusii della chiacchiera. A questo fine diventa indispensabile riscoprire e rivalutare al massimo i centri propulsivi della potenza razionale buddhista" (pag. 10).
Dobbiamo ringraziare Pasqualotto per la sua provocazione. Infatti l'espansione rischia di far perdere il carattere trasgressivo, perturbante che il buddhismo ha avuto e può continuare ada avere in Occidente: sfida ad ogni monolitismo, apertura a quella trasformante esperienza religiosa e psicologica costituita dall'allentarsi della morsa dell'io, confronto culturale.
Diciamolo: la certificazione futile legata alla spettacolarizzazione ("l'ho visto in TV"; "L'ha detto un famoso calciatore, un attore famoso": e così via) ha sedotto anche il buddhismo, e i testimonials di celluloide hanno la meglio sulle profondità dei pensatori, annacquando la carica dirompente del messaggio buddhista in un'indistinta melassa new age.
Pasqulaotto accosta illuminismo e illuminazione: che scandalo! Ma la capacità di fare luce contando sulle proprie forze (cfr. Kant a pag 11: "Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E' questo il motto dell'illuminismo") non è poi così distante dal risveglio buddhista: " Contrariamente a quanto crede il senso comune [..] gli insegnamenti del Buddha sono stati e rimangono tra le forme più potenti e coerenti di "esercizio della ragione" (pag. 14).
Luigi Turinese
In foto: "Rubedo"
Recensione apparsa in "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XVI, n.65, Gennaio-Marzo 1998
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