Il sottotitolo dell'edizione originale di questo libro suona: "Un'introduzione per cristiani ed ebrei". L'intento è lodevole e il risultato sicuramente raggiunto sebbene in una forma un po' - ma aggiungerei: necessariamente - faticosa.
L'incontro tra culture religiose così lontane tra loro - lontane innanzitutto per la concezione del tempo, e poi su svariati modi teologici - ha bisogno della creazione di numerose interfacce. Gli autori descrivono nella prima parte del libro la concezione buddhista della liberazione. La seconda parte ("L'affinità intrinseca tra la prospettiva religiosa di Gautama, di Gesù e dell'ebraismo") è dedicata alla disamina dei nodi e alle proposte per scioglierli. Il nodo più vistoso, come è noto, è costituito dal fatto che "Dio non è parte del progetto di liberazione umana espresso da Gautama" (pag. 203); d'altra parte il problema si pone in modo radicale anche perché il buddhismo di cui parlano gli autori di questo libro è quello della tradizione Theravada.
Ma nel buddhismo "[...] l'omissione del concetto di Dio è attuata proprio in nome della religione, come tentativo di salvare la religione"(pag.205); e, certo, "[...] Gesù e gli ebrei non si spinsero tanto lontano quanto Gautama che rifiutò completamente l'idea di Dio, tuttavia erano unanimi nella convinzione che esistesse una forma di teismo assolutamente privo di significato, che risultava negativa per la personalità"(pag. 210).
Vorremmo aggiungere che l'apertura degli autori e il loro sforzo di trovare un terreno comune all'esperienza religiosa sono tanto più interessanti se si pensa che il libro in questione uscì nel 1985, quando ancora certe affinità non erano date per scontate.
Luigi Turinese
In foto: "Prova immaginale"
Recensione apparsa in "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XVI, n.65, Gennaio-Marzo 1998
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