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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

domenica 28 novembre 2010

La tipologia psicologica - su PNEINEWS Settembre-Ottobre 2010

Intervento di preparazione alla Giornata di Studio:
JUNG, LA SCIENZA E LA SAGGEZZA

pubblicato su DOSSIER di PNEINEWS n.4

La tipologia psicologica
La ricerca junghiana sull’uomo: tra universalità, costituzione e individualità

di Luigi Turinese

L’unica classificazione tipologica compiuta espressa in ambito psicoanalitico è quella di Carl Gustav Jung, che dedicò all’argomento una delle sue opere fondamentali, Tipi psicologici, apparsa nel 1921.

Già all’indomani della rottura dottrinale con Freud, avvenuta nel 1912, Jung aveva iniziato ad occuparsi della questione dei differenti tipi psicologici (Jung, 1913; 1917/1943); tale interesse, probabilmente, costituì una delle linee di ricerca che lo allontanò dal maestro di Vienna.
Freud infatti, obbedendo probabilmente ad un interno monoteismo, cercava di stabilire i fondamenti di un funzionamento universale della psiche umana; mentre Jung era più interessato a valorizzare le differenze.
Come afferma in uno dei passi conclusivi di Tipi psicologici:Non dubito che i miei avversari si adopereranno per eliminare il problema dei tipi dalla lista degli argomenti da trattare scientificamente, giacché per ogni teoria dei processi psichici che pretenda d’avere un valore universale, il problema dei tipi costituisce certo un ostacolo scomodo” (Jung, 1921: 496).

Qualche anno più tardi, Jung affrontò anche la questione della relazione tra tipo psicologico e costituzione fisiologica, guardando con interesse alla tipologia di Kretschmer. Scrive Jung: “Non è eccessivo pensare che si potrebbe gettare un ponte [...] tra la costituzione fisiologica e l’atteggiamento psicologico. Se questo non si è ancora verificato può dipendere dal fatto che da un lato i risultati della ricerca non sono ancora maturati a sufficienza, e che dall’altro l’indagine condotta nella sfera della psiche è assai più difficile e perciò meno comprensibile”(Jung 1929:126).

In attesa di conferme, Jung preferisce sottolineare le differenze tra i due metodi di indagine, ribadendo la relativa autonomia della psiche rispetto alla costituzione fisiologica.
La tipologia fisiologica mira anzitutto alla definizione di contrassegni fisici esteriori, grazie ai quali è possibile classificare gli individui e analizzarli nelle loro altre caratteristiche. [...] La tipologia psicologica procede in linea di principio nello stesso modo, ma il suo punto di partenza si trova, per così dire, non fuori ma dentro. Essa non mira a classificare contrassegni esteriori, ma cerca di scoprire i principi interiori degli atteggiamenti psicologici medi. Mentre una tipologia fisiologica deve applicare essenzialmente, se vuole raggiungere i suoi risultati, una metodologia propria alle scienze naturali, l’assenza di visibilità e di misurabilità dei processi psichici impone il ricorso a una metodologia che sia propria alle scienze dello spirito, cioè a una critica di tipo analitico” (Jung, 1929: 125-126).

I tipi fondamentali sotto il profilo dell’atteggiamento
In Tipi psicologici, i capitoli più interessanti per il nostro tema sono il decimo e l’undicesimo. Quest’ultimo è dedicato a preziose definizioni, un vero e proprio dizionario di psicologia analitica [1].

Nel capitolo 10 (Descrizione generale dei tipi), Jung distingue innanzitutto due tipi generali di atteggiamento: estroverso ed introverso, a seconda della direzione del loro interesse e dell’orientamento della libido.[2]

L’estroversione designa l’orientamento della libido verso l’esterno, in un movimento di interesse verso l’oggetto. L’introversione definisce il rivolgersi della libido verso l’interno del soggetto, il movimento dell’interesse dall’oggetto verso il soggetto e verso i suoi processi psicologici.

Dopo avere precisato i due orientamenti psicologici fondamentali, Jung passa a descrivere quattro funzioni della coscienza, che definisce come “forme di attività psichica che in circostanze diverse rimangono fondamentalmente uguali a se stesse” (Jung, 1921: 482). Esse sono pensiero, sentimento, intuizione e sensazione; le prime due sono razionali, le seconde irrazionali.

Il pensiero è la funzione che dà il nome alle cose e stabilisce i nessi tra i contenuti rappresentativi.

Il sentimento permette all’io di formulare giudizi di valore, di accettazione o di rifiuto.

L’intuizione è la funzione che trasmette la percezione per via inconscia, attraverso “lampi” che ci indicano le possibilità contenute in una situazione.

La sensazione ci permette il contatto con la realtà conoscibile attraverso i sensi.

In ogni individuo c’è una funzione per così dire trainante (funzione superiore), che guida l’approccio alla realtà; l’altra funzione della stessa coppia è solitamente in posizione sommersa (funzione inferiore), cosicché, ad esempio, ad una funzione sentimento in posizione di privilegio fa da contraltare una funzione pensiero largamente indifferenziata.
Una funzione ausiliaria affianca quella in posizione dominante, ed è generalmente derivata dalla coppia di funzioni opposta a quella cui appartiene la funzione superiore; per mantenerci nell’esempio fatto sopra, può essere l’intuizione oppure la sensazione.
La terza funzione, parzialmente inconscia, in quanto tale può aiutare ad entrare
nel campo inconscio della funzione inferiore.

C’è un’opposizione complementare anche per quanto riguarda l’orientamento generale della libido, per cui ad un’estroversione nel campo della coscienza corrisponde un’introversione inconscia. Naturalmente accade che l’adattamento si realizzi sulla scia della funzione superiore, che però corre il rischio, in questo modo, di ipertrofizzarsi, dando luogo ad una personalità unilaterale.
Compito della psicoterapia sarà dunque, tra l’altro, di consentire al paziente di immergersi progressivamente fino a raggiungere il territorio della funzione inferiore.

Otto combinazioni
Se consideriamo insieme i tipi di atteggiamento (estroverso e introverso) e i tipi funzionali (logico e sentimentale, razionali; intuitivo e sensoriale, irrazionali), avremo otto possibili combinazioni:
- Logico estroverso
- Logico introverso
- Sentimentale estroverso
- Sentimentale introverso
- Intuitivo estroverso
- Intuitivo introverso
- Sensoriale estroverso
- Sensoriale introverso

Occorre dire che, entro certi limiti, ogni tipologia è duttile e contestuale.
In altri termini, la classificazione testé illustrata non va presa in maniera rigida ma indicativa di attitudini psichiche preferenziali e di aree psicologiche deficitarie in ciascun individuo. I tipi junghiani sono cioè modelli convenzionali che imbrigliano la pluralità virtualmente infinita degli individui in forme quantitativamente finite.
Vista da questa angolazione, la tipologia non è una scienza naturale bensì un espediente euristico: attraverso la metafora del tipo ci si avvicina alla conoscenza dell’individuo, che in quanto unico è incommensurabile.
Indagare sul tipo psicologico significa scandagliare i versanti del gioco dinamico tra conscio e inconscio e prendere atto dello statuto soggettivo della psicologia, che si configura di conseguenza come una disciplina ermeneutica piuttosto che come una scienza della natura.

Ogni tipo ha una sua natura entelechiale, reca in sé il suo telos. Nel tipo si cela il destino di un individuo: il destino in quanto portatore di una vocazione, di un’immagine che lo definisce. Come direbbe Hillman, di un daimon (Hillman, 1996).

Note al testo:
[1] Ricordiamo che Jung coniò il termine psicologia analitica per distinguere il proprio sistema metodo psicologico dalla psicoanalisi di
Sigmund Freud.
[2] Contrariamente a Freud, Jung considera la libido energia psichica tout
court, in qualche modo desessualizzandola; sull’evoluzione junghiana del
concetto di libido si consumò l’insanabile dissidio col maestro.


Riferimenti bibliografici:
• Hillman, J. (1996): Il codice dell’anima, Adelphi, Milano 1997.
• Jung, C. G. (1913): “Sulla questione dei tipi psicologici”, in Opere, volume
6, Bollati Boringhieri, Torino 1969.
• Jung, C. G. (1917/1943): “Psicologia dell’inconscio”, in Opere, volume
7, Bollati Boringhieri, Torino 1983.
• Jung, C. G. (1921): “Tipi psicologici”, in Opere, volume 6, Bollati
Boringhieri, Torino 1969.
• Jung, C. G. (1929): “Il significato della costituzione e dell’eredità in
psicologia”, in Opere, volume 8, Bollati Boringhieri, Torino 1976.
• Kretschmer, E.: Körperbau und Charakter, Springer, Berlin, 1921.
• Turinese, L.: Biotipologia. L’analisi del tipo nella pratica medica, Tecniche
Nuove, Milano 2006 (seconda edizione).
• Turinese, L.: Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica,
Elsevier, Milano 2009.
• Von Franz, M.-L. (1971): Tipologia psicologica, Red, Como 1988.

Luigi Turinese


Pubblicato in PNEINEWS rivista della società italiana di psico - neuro - endocrino - immunologia diretta da Francesco Bottaccioli
DOSSIER
In ricordo di Jung
pag 10 - JUNG, UNA DELLE NOSTRE RADICI
Francesco Bottaccioli
pag.11 - JUNG E L’ORIENTE UN INSEGNAMENTO PER L’OGGI
Francesco Bottaccioli
Né scimmiottare, né disprezzare l’Oriente, ma dialogare, per imparare gli uni dagli altri. La proposta junghiana sull’Oriente non è solo un atteggiamento saggio, è anche una feconda modalità di crescita della scienza.
pag 13 - LA TIPOLOGIA PSICOLOGICA
Luigi Turinese

La ricerca junghiana sull’uomo: tra universalità, costituzione e individualità

PNEI - rivista bimestrale - n. 4 - anno IV - Settembre Ottobre 2010 http://www.sipnei.it/


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