Namkhai Norbu, "Un'introduzione allo Dzog-Chen" , Shang-Shung Edizioni, Arcidosso 1988, pagg. 126e
Enrico dell'Angelo (a cura di), "L'insegnamento degli uccelli", Shang-Shng Edizioni, Arcidosso 1988, pagg. 70Personaggio anomalo all'interno della stessa cultura tibetana,
Namkhai Norbu continua, con strumenti adeguati alla situazione spazio-temporale in cui vive ormai da quasi
un trentennio (base in
Italia, con "incursioni" in diversi paesi del mondo), a diffondere il prezioso patrimonio dello
Dzog-Chen.
Norbu ha ben compreso il ruolo centrale che può recitare una casa editrice nel divulgare tasti ispirati a quella tradizione.
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Un'introduzione allo Dzog-Chen" raccoglie domande e risposte sul valore e sul ruolo dello
Dzog-Chen nella vita di ciascuno. I dialoghi ebbero luogo nel
1975 e nel
1976. Nel primo sono documentate risposte date a persone della Comunità di
Arcidosso (
Grosseto), nata da poco tempo. Nel secondo vengono documentate alcune riflessioni sul rapporto tra
Dzog-Chen e certi aspetti della cultura tibetana. Non si dimentichi, a questo proposito, quanto detto in precedenza sulla posizione tutta particolare di
Norbu, che si può considerare al crocevia tra il buddhismo e la tradizione tibetana prebuddhista del
bon. Questo è perfettamente coerente con la definizione dello
Dzog-Chen come trasmissione di una conoscenza circa lo stato primordiale dell'individuo: dunque un sapere in qualche modo "metaculturale", per quanto diffusosi nelle due grandi tradizioni spirituali del
Tibet.
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L'insegnamento degli uccelli" è una breve opera in versi di autore anonimo, probabilmente databile attorno al
XVII-XVIII secolo. In essa il Cuculo saggio trasmette il
Dharma al popolo degli uccelli, i quali espongono a loro volta ciò che hanno compreso. Si tratta, com'è chiaro, di un componimento di stile popolare, apparentato nei fini edificanti ai tanti apologhi con animali come protagonisti presenti nella letteratura mondiale; basti ricordare qui il
Panchatantra indiano e soprattutto
"I colloqui degli uccelli" del mistico persiano
Attar (
XII secolo).
In contesto buddhista, tuttavia, è legittima una lettura per così dire meno metaforica, incline a sottolineare l'universalità del
Dharma, come stanno a indicare i versi iniziali: "
Nel linguaggio degli dei, dei naga e degli yaksha, nell'idioma degli spiriti e nelle lingue degli uomini, nei linguaggi di tutti gli esseri, in tutte le favelle la Dottrina è stata spiegata".
A ribadire la centralità dello
Dzog-Chen, rispetto alle due grandi tradizioni tibetane, si può osservare che il cuculo, qui evidente personificazione di
Avaloteshvara (il bodhisattva della compassione), è d'altra parte il principe degli uccelli nella tradizione
bon.Va espressa gratitudine a
Enrico Dell'Angelo, che ha tradotto dal tibetano e curato il testo: un lavoro davvero eccellente, cui il maestro
Norbu ha prestato opera di consulenza e di revisione.
Luigi Turinese
In foto: "Il vestito della domenica"Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989