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Anima e Corpo
I Parte - Lettura della Postfazione a "Biotipologia" di Franco Battiato - Fisiognomica e chirurgia plastica:
II Parte - Il rapporto Anima/Corpo:
III Parte - Fisiognomica e pittura:
IV Parte - Il corpo e la sua manipolazione:
V Parte - Il corpo in futuro sarà necessario?
VI Parte - Biotipologia, classificazione:
In Foto: "Ninfee d'aria"
Intervento di Luigi Turinese tratto da "Due di Notte", trasmissione radiofonica del 18.3.2001 condotta da Roberta Maresci su Rai Radio2
Medico, Esperto in Omeopatia, Psicologo Analista, Cantautore dottluigiturinese@gmail.com - facebook.com/luigi.turinese
mercoledì 29 giugno 2011
Le Recensioni di L.T. - "Spiritualità e salute nella psicologia transpersonale", di F.E. Vaughan
Frances E. Vaughan, "Spiritualità e salute nella psicologia transpersonale", Cittadella Editrice, Assisi 1989, pp.339
Essendo l'area spirituale una delle più importanti della coscienza, non può esistere guarigione completa che non la prenda in considerazione.
Il vasto movimento americano, ormai internazionale, della psicologia transpersonale, contribuendo a precisare la topografia della coscienza, è in prima fila nel sostenere questa concezione allargata, olistica, della salute, della malattia e della guarigione.
Tra questi aspetti, quello tradizionalmente definito spirituale è tenuto dall'autrice, psicoterapeuta, nella massima considerazione.
Che non si tratti di una mera riorganizzazione teorica è dimostrato dalla struttura stessa del libro, che al termine di ognuno dei dieci densi capitoli propone esercizi esperenziali allo scopo di fissare a livello non soltanto intellettualistico i concetti espressi.
Come è noto, l'obiettivo della psicologia transpersonale è la ricerca del trascendente. Cogliere quest'obiettivo significa sanare una frattura storica: quella tra la psicoterapia e la religione, tra la via per rinsaldare l'io e quella per annichilirlo.
Come esponente della psicologia transpersonale, Frances Vaughan ritiene le due vie complementari, non divergenti; la vasta bibliografia del suo libro, in cui Freud divide lo spazio con Krishnamurti, Bettelheim con Nisargadatta e Dante confina con Lao-Tse, lo sta a dimostrare.
L'uso di simbologie tratte dall'universo cristiano e dalle filosofie orientali, (segnatamente lo yoga e il buddhismo zen) è funzionale all'esplorazione del profondo. Preziosa è la lettura, e la pratica degli esercizi esperenziali relativi, del nono capitolo ("Risanare le relazioni").
Luigi Turinese
In foto: "Biancore accecante"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Essendo l'area spirituale una delle più importanti della coscienza, non può esistere guarigione completa che non la prenda in considerazione.
Il vasto movimento americano, ormai internazionale, della psicologia transpersonale, contribuendo a precisare la topografia della coscienza, è in prima fila nel sostenere questa concezione allargata, olistica, della salute, della malattia e della guarigione.
Tra questi aspetti, quello tradizionalmente definito spirituale è tenuto dall'autrice, psicoterapeuta, nella massima considerazione.
Che non si tratti di una mera riorganizzazione teorica è dimostrato dalla struttura stessa del libro, che al termine di ognuno dei dieci densi capitoli propone esercizi esperenziali allo scopo di fissare a livello non soltanto intellettualistico i concetti espressi.
Come è noto, l'obiettivo della psicologia transpersonale è la ricerca del trascendente. Cogliere quest'obiettivo significa sanare una frattura storica: quella tra la psicoterapia e la religione, tra la via per rinsaldare l'io e quella per annichilirlo.
Come esponente della psicologia transpersonale, Frances Vaughan ritiene le due vie complementari, non divergenti; la vasta bibliografia del suo libro, in cui Freud divide lo spazio con Krishnamurti, Bettelheim con Nisargadatta e Dante confina con Lao-Tse, lo sta a dimostrare.
L'uso di simbologie tratte dall'universo cristiano e dalle filosofie orientali, (segnatamente lo yoga e il buddhismo zen) è funzionale all'esplorazione del profondo. Preziosa è la lettura, e la pratica degli esercizi esperenziali relativi, del nono capitolo ("Risanare le relazioni").
Luigi Turinese
In foto: "Biancore accecante"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "La salute mediante l'equilibrio", di Y. Donden
Yeshi Donden, "La salute mediante l'equilibrio", Ubaldini Editore, Roma 1988, pp.200
Il libro in questione è il resoconto di un corso introduttivo sulla medicina tibetana che il dottor Yeshi Donden, allora medico personale del Dalai Lama, tenne nel 1980 presso l'Università della Virginia, invitato da Jeffrey Hopkins, che in quella università insegna buddhismo. Il libro, curato dalla stesso Hopkins, presenta un grande interesse antropologico, essendo testimonianza di un complesso modello culturale purtroppo in via di estinzione.
La medicina tibetana è in diretta filiazione dall'Ayurveda, il sistema medico indiano: la fisiologia ayurvedica è di tipo umorale, postula cioè l'esistenza di tre "umori" (aria, bile e flemma), dal cui equilibrio deriva la salute e dal cui squilibrio discende la malattia.
L'elemento buddhista si rintraccia nell'analisi dell'origine di tale squilibrio che, in accordo con la filosofia buddhista, la medicina tibetana fa risalire all'ignoranza (avidya) che permea la vita degli esseri non illuminati. "La radice è l'ignoranza degli inizi. A causa della sua forza siamo imprigionati nel ciclo dell'esistenza, nella ruota della continue nascite, della vecchiaia, della malattia e della morte. L'ignoranza ci segue come un'ombra. Così, anche se pensiamo che non ci sia motivo di ammalarci, anche se ci sembra di essere in ottima forma, in realtà, dal tempo degli inizi, abbiamo in noi la causa originaria della malattia" (pag.22).
Da un punto di vista tecnico, ci sono passi non privi di una certa noia, soprattutto quando l'autore esprime quella "smania classificatoria" tipica del pensiero orientale di area indiana. Inoltre, resta arduo operarare una traduzione operativa di certi concetti, provenienti in maniera evidente da una mentalità prescientifica e ad essa funzionali. Trasferendo tali concetti in altro contesto sorgono difficoltà, come quando Yeshi Donden sentenzia che "la cecità non ha nessun rapporto con il diabete" (pag. 160). Accettando tali palesi inesattezze senza esercitare la critica, si gettano le basi del dogmatismo, che non è mai foriero di una sana integrazione culturale.
Luigi Turinese
In foto: "Luce nascente"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Il libro in questione è il resoconto di un corso introduttivo sulla medicina tibetana che il dottor Yeshi Donden, allora medico personale del Dalai Lama, tenne nel 1980 presso l'Università della Virginia, invitato da Jeffrey Hopkins, che in quella università insegna buddhismo. Il libro, curato dalla stesso Hopkins, presenta un grande interesse antropologico, essendo testimonianza di un complesso modello culturale purtroppo in via di estinzione.
La medicina tibetana è in diretta filiazione dall'Ayurveda, il sistema medico indiano: la fisiologia ayurvedica è di tipo umorale, postula cioè l'esistenza di tre "umori" (aria, bile e flemma), dal cui equilibrio deriva la salute e dal cui squilibrio discende la malattia.
L'elemento buddhista si rintraccia nell'analisi dell'origine di tale squilibrio che, in accordo con la filosofia buddhista, la medicina tibetana fa risalire all'ignoranza (avidya) che permea la vita degli esseri non illuminati. "La radice è l'ignoranza degli inizi. A causa della sua forza siamo imprigionati nel ciclo dell'esistenza, nella ruota della continue nascite, della vecchiaia, della malattia e della morte. L'ignoranza ci segue come un'ombra. Così, anche se pensiamo che non ci sia motivo di ammalarci, anche se ci sembra di essere in ottima forma, in realtà, dal tempo degli inizi, abbiamo in noi la causa originaria della malattia" (pag.22).
Da un punto di vista tecnico, ci sono passi non privi di una certa noia, soprattutto quando l'autore esprime quella "smania classificatoria" tipica del pensiero orientale di area indiana. Inoltre, resta arduo operarare una traduzione operativa di certi concetti, provenienti in maniera evidente da una mentalità prescientifica e ad essa funzionali. Trasferendo tali concetti in altro contesto sorgono difficoltà, come quando Yeshi Donden sentenzia che "la cecità non ha nessun rapporto con il diabete" (pag. 160). Accettando tali palesi inesattezze senza esercitare la critica, si gettano le basi del dogmatismo, che non è mai foriero di una sana integrazione culturale.
Luigi Turinese
In foto: "Luce nascente"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
martedì 28 giugno 2011
L.T.: Archivio radiofonico, "Due di Notte" 3
Le Recensioni di L.T. - "Passi sulla via iniziatica", di E. Servadio
Emilio Servadio, "Passi sulla via iniziatica", Edizioni Mediterranee, Roma 1988, pp.237
Figura a suo modo originale nel panorama culturale italiano, Emmilio Servadio riesce a coniugare da sempre la militanza freudiana (è stato tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana) con l'interesse per i fenomeni insoliti (anche la Società Italiana di Parapsicologia lo ha avuto tra i fondatori).
Questo disinvolto equilibrismo dà luogo a un'ibridazione linguistica suggestiva ma talora sconcertante, impregnata di retorica antimodernistica zeppa di citazioni di René Guenon.
Carl Gustav Jung, considerato a volte, negli ambienti psicoanalitici, un pò troppo concessivo nei confronti dell'irrazionale, appare qui come un moderato, scavalcato "a destra" da Servadio, in nome della saggezza tradizionale (cfr. ad esempio "Sul concetto di archetipo", pag. 161).
Il libro, seconda edizione ampliata di un lavoro già apparso nel 1977, è una raccolta di ventotto brevi saggi, alcuni dei quali molto equilibrati, come "Natura e modalità della 'reincarnazione'" (pag 151) o l'assai interessante "Psicologia, simbolismo e iniziazione nelle 'Avventure di Pinocchio'"(pag.213).
Altri sono inficiati da una certa superficialità resa ancor più evidente dall'altisonanza dei titoli: "La medicina tradizionale dell'Oriente: mito e realtà" (pag.115) è un tema che merita più di due paginette a considerare l'uomo parte del Tutto; o ancora "Che cos'è l'illuminazione?" (pag. 141), che inizia con l'ammonizione seguente: "E' quasi superfluo avvertire che in questa sede non si vuole alludere all'illuminazione stradale o a quella che ci consente di vedere chiaro entro le pareti domestiche".
A ciò si aggiunga chel'intera raccolta è priva di bibliografia, con citazioni quasi esclusivamente dalla letteratura esoterica. Freud dove sei?
Luigi Turinese
In foto: "Potenza e atto"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Figura a suo modo originale nel panorama culturale italiano, Emmilio Servadio riesce a coniugare da sempre la militanza freudiana (è stato tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana) con l'interesse per i fenomeni insoliti (anche la Società Italiana di Parapsicologia lo ha avuto tra i fondatori).
Questo disinvolto equilibrismo dà luogo a un'ibridazione linguistica suggestiva ma talora sconcertante, impregnata di retorica antimodernistica zeppa di citazioni di René Guenon.
Carl Gustav Jung, considerato a volte, negli ambienti psicoanalitici, un pò troppo concessivo nei confronti dell'irrazionale, appare qui come un moderato, scavalcato "a destra" da Servadio, in nome della saggezza tradizionale (cfr. ad esempio "Sul concetto di archetipo", pag. 161).
Il libro, seconda edizione ampliata di un lavoro già apparso nel 1977, è una raccolta di ventotto brevi saggi, alcuni dei quali molto equilibrati, come "Natura e modalità della 'reincarnazione'" (pag 151) o l'assai interessante "Psicologia, simbolismo e iniziazione nelle 'Avventure di Pinocchio'"(pag.213).
Altri sono inficiati da una certa superficialità resa ancor più evidente dall'altisonanza dei titoli: "La medicina tradizionale dell'Oriente: mito e realtà" (pag.115) è un tema che merita più di due paginette a considerare l'uomo parte del Tutto; o ancora "Che cos'è l'illuminazione?" (pag. 141), che inizia con l'ammonizione seguente: "E' quasi superfluo avvertire che in questa sede non si vuole alludere all'illuminazione stradale o a quella che ci consente di vedere chiaro entro le pareti domestiche".
A ciò si aggiunga chel'intera raccolta è priva di bibliografia, con citazioni quasi esclusivamente dalla letteratura esoterica. Freud dove sei?
Luigi Turinese
In foto: "Potenza e atto"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "La via dell'amore", di A. Bonecchi
Adalbertto Bonecchi, "La via dell'amore", Tranchida Editori, Milano 1989, pp.119
Scrittore fecondo e psicoanalista originale, di estrazione freudiana e approdato alle più ariose prospettive transpersonali, Bonecchi traccia in questo saggio sulla relazione amorosa le possibilità insite nel rapporto d'amore maturo. "... l'arte d'amare non è tanto l'arte di restare innamorati, ma proprio l'arte di uscire dalla cattura immaginaria. Giorno dopo giorno, la "Via dell'amore" viene imboccata quando, grazie alla presenza di un compagno o di una compagna responsabili, si riesce a spezzare il ciclo ripetitivo del discorso amoroso, che sfinisce il soggetto in continui innamoramenti. Infatti l'amante può riuscire laddove l'innamorato fallisce"(pag. 31).
Nell'amore maturo, dunque, l'amante/amato fornisce al partner, essendone ricambiato, una occasione preziosa per allargare il campo della sua consapevolezza. E' a questo livello che un elemento spirituale si introduce nel discorso amoroso, ponendo i due partner nella reciproca e intercambiabile posizione di maestro e allievo.
E' ciò di cui si discute nell'ultimo capitolo, che dà il titolo al libro e ne costituisce il punto più alto. A sostegno di questa tesi vengono invocati sia elementi tratti dalla filosofia e dalla psicologia orientali, soprattutto buddhiste, sia dalla fisica contemporanea, laddove si sottolinea la necessità, per entrare nella "Via dell'amore", di perdere la prospettiva dualistica a favore di un'ottica relazionale.
Luigi Turinese
In foto: "Venghino, Signori, venghino!"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Scrittore fecondo e psicoanalista originale, di estrazione freudiana e approdato alle più ariose prospettive transpersonali, Bonecchi traccia in questo saggio sulla relazione amorosa le possibilità insite nel rapporto d'amore maturo. "... l'arte d'amare non è tanto l'arte di restare innamorati, ma proprio l'arte di uscire dalla cattura immaginaria. Giorno dopo giorno, la "Via dell'amore" viene imboccata quando, grazie alla presenza di un compagno o di una compagna responsabili, si riesce a spezzare il ciclo ripetitivo del discorso amoroso, che sfinisce il soggetto in continui innamoramenti. Infatti l'amante può riuscire laddove l'innamorato fallisce"(pag. 31).
Nell'amore maturo, dunque, l'amante/amato fornisce al partner, essendone ricambiato, una occasione preziosa per allargare il campo della sua consapevolezza. E' a questo livello che un elemento spirituale si introduce nel discorso amoroso, ponendo i due partner nella reciproca e intercambiabile posizione di maestro e allievo.
E' ciò di cui si discute nell'ultimo capitolo, che dà il titolo al libro e ne costituisce il punto più alto. A sostegno di questa tesi vengono invocati sia elementi tratti dalla filosofia e dalla psicologia orientali, soprattutto buddhiste, sia dalla fisica contemporanea, laddove si sottolinea la necessità, per entrare nella "Via dell'amore", di perdere la prospettiva dualistica a favore di un'ottica relazionale.
Luigi Turinese
In foto: "Venghino, Signori, venghino!"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre-Dicembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Psicologia del profondo e fede religiosa", di C. Bryant
Christopher Bryant, "Psicologia del profondo e fede religiosa", Cittadella Editrice, Asssisi 1988, pp.142
Si tratta del primo di quattro libri che l'autore, un prete anglicano scomparso nel 1985, scrisse nell'ultima parte della sua vita; tra gli altri, non tradotti in italiano, spicca "Jung and the Christian Way", che la dice lunga sugli interessi di Bryant.
In effetti, in "Psicologia del profondo e fede religiosa" vienea fermato il primato dell'intuizione e, junghianamente, si sottolinea la necessità di una visione religiosa per l'equilibrio mentale, particolarmente nell'età matura.
Una delle parti più interessanti del libro è appunto quella dedicata al concetto di maturità, espressione di autorealizzazione che poggia a sua volta sulla capacità di autoaccettazione e di accettazione. Nell'ambito della discussione del concetto di maturità, l'autore fa cenno in modo obiettivo alle interpretazioni immature della religione, che impediscono la crescita verso l'autorealizzazione, invece di promuoverla.
Una menzione particolare merita la collana nella quale è inserito questo meritorio libretto; la collana "Psicoguide" si muove infatti tra la divulgazione di problemi psicopedagogici e lo strumento offerto ai tecnici del ramo, attraverso una trentina di titoli di ottimo livello.
Luigi Turinese
In foto: "Noli me tangere"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre- Dicembre 1989
Si tratta del primo di quattro libri che l'autore, un prete anglicano scomparso nel 1985, scrisse nell'ultima parte della sua vita; tra gli altri, non tradotti in italiano, spicca "Jung and the Christian Way", che la dice lunga sugli interessi di Bryant.
In effetti, in "Psicologia del profondo e fede religiosa" vienea fermato il primato dell'intuizione e, junghianamente, si sottolinea la necessità di una visione religiosa per l'equilibrio mentale, particolarmente nell'età matura.
Una delle parti più interessanti del libro è appunto quella dedicata al concetto di maturità, espressione di autorealizzazione che poggia a sua volta sulla capacità di autoaccettazione e di accettazione. Nell'ambito della discussione del concetto di maturità, l'autore fa cenno in modo obiettivo alle interpretazioni immature della religione, che impediscono la crescita verso l'autorealizzazione, invece di promuoverla.
Una menzione particolare merita la collana nella quale è inserito questo meritorio libretto; la collana "Psicoguide" si muove infatti tra la divulgazione di problemi psicopedagogici e lo strumento offerto ai tecnici del ramo, attraverso una trentina di titoli di ottimo livello.
Luigi Turinese
In foto: "Noli me tangere"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.32, Ottobre- Dicembre 1989
lunedì 27 giugno 2011
L.T.: Archivio radiofonico, "Due di Notte" 2
L.T.: Archivio radiofonico, "Vizi e Virtù"
L.T.: Archivio radiofonico Atlantis 12
domenica 26 giugno 2011
Le Recensioni di L.T. - "Il linguaggio segreto della meditazione buddhista", di R.S. Bucknell e M. Stuart-Fox
Roderick S. Bucknell e Martin Stuart-Fox "Il linguaggio segreto della meditazione buddhista",Ubaldini Editore, Roma 1987, pp. 219
Si tratta di uno studio sul simbolismo del Canone e sul suo rapporto con la meditazione.
Gli autori, entrambi praticanti (Bucknell è stato per qualche tempo bhikkhu in Thailandia), insegnano alla Queensland University, in Australia.
Lo studio dell'architettura templare, della cosmologia e della numerazione matematica sono stati fecondati, oltre che dalla pratica, da conversazioni con Lama Anagarika Govinda e con cercatori di orientamento krishnamurtiano.
Agguerrito e aggiornato l'apparato di note, che spazzano dalle citazioni canoniche alla psicologia traspersonale, dall'analisi alla cosmologia del Vajrayana alla sottolineatura krishnamurtiana del primato della consapevolezza.
Luigi Turinese
In foto: "Macchia di coraggio"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Si tratta di uno studio sul simbolismo del Canone e sul suo rapporto con la meditazione.
Gli autori, entrambi praticanti (Bucknell è stato per qualche tempo bhikkhu in Thailandia), insegnano alla Queensland University, in Australia.
Lo studio dell'architettura templare, della cosmologia e della numerazione matematica sono stati fecondati, oltre che dalla pratica, da conversazioni con Lama Anagarika Govinda e con cercatori di orientamento krishnamurtiano.
Agguerrito e aggiornato l'apparato di note, che spazzano dalle citazioni canoniche alla psicologia traspersonale, dall'analisi alla cosmologia del Vajrayana alla sottolineatura krishnamurtiana del primato della consapevolezza.
Luigi Turinese
In foto: "Macchia di coraggio"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Gli ultimi discorsi - Saanen 1985", di Krishnamurti
Krishnamurti, "Gli ultimi discorsi - Saanen 1985", Ubaldini Editore, Roma 1988, pp.130
Qualsiasi libro di Krishnamurti costituisce una buona introduzione al suo pensiero: in fondo per sessant'anni egli ha sviscerato, coraggiosamente, pazientemente, con una commovente volontà di comunicare, lo stesso argomento.
Questi ultimi discorsi tuttavia, forse proprio perché gli ultimi, risultano particolarmente toccanti, anche grazie alle fotografie di Mark Edwards, che sorprendono diversi momenti della vita del "campo".
Sette mesi dopo, con la stessa luminosità con cui aveva vissuto, Krishnamurti moriva.
Luigi Turinese
In foto: "White (and yellow) mandala"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Qualsiasi libro di Krishnamurti costituisce una buona introduzione al suo pensiero: in fondo per sessant'anni egli ha sviscerato, coraggiosamente, pazientemente, con una commovente volontà di comunicare, lo stesso argomento.
Questi ultimi discorsi tuttavia, forse proprio perché gli ultimi, risultano particolarmente toccanti, anche grazie alle fotografie di Mark Edwards, che sorprendono diversi momenti della vita del "campo".
Sette mesi dopo, con la stessa luminosità con cui aveva vissuto, Krishnamurti moriva.
Luigi Turinese
In foto: "White (and yellow) mandala"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Psicoterapia umanistica da Rogers a Carkhuff. La terapia centrata sulla persona", di B. Giordani
Bruno Giordani, "Psicoterapia umanistica da Rogers a Carkhuff. La terapia centrata sulla persona" , Cittadella Editrice, Assisi 1988, pp.250
Il libro presenta in modo assai chiaro il lavoro di Carl Rogers e di Robert Carkhuff, suo discepolo dissidente, iniziatore di una linea eterodossa all'interno della psicologia umanistica.
La psicologia umanistico-esistenziale è correttamente posta nel suo contesto storico-dottrinale, come terza forza tra comportamentismo e psicoanalisi; sono inoltre sottolineate le sue aperture verso le vie di crescita spirituale.
Dal libro emerge la valenza profondamente antimoralistica del pensiero di Rogers resa possibile dalla sua fondamentale fiducia nella positività della natura umana (vengono in mente certe affermazioni del buddhismo, secondo cui nel fondo di ogni essere risiede un Buddha).
Carkhuff sembra partire invece dal presupposto che "... la natura umana non è nè buona nè cattiva, ma diventa quale l'insegnamento la va formando"(pag. 109).
Da qui discende un certo attivismo di Carkhuff, la cui garbata polemica con Rogers ricorda curiosamente la distanza tra la posizione confuciana e quella taoista; dove Rogers, naturalmente, è un uomo del Tao ...
Luigi Turinese
In foto: "Affacciàte alla finestra"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Il libro presenta in modo assai chiaro il lavoro di Carl Rogers e di Robert Carkhuff, suo discepolo dissidente, iniziatore di una linea eterodossa all'interno della psicologia umanistica.
La psicologia umanistico-esistenziale è correttamente posta nel suo contesto storico-dottrinale, come terza forza tra comportamentismo e psicoanalisi; sono inoltre sottolineate le sue aperture verso le vie di crescita spirituale.
Dal libro emerge la valenza profondamente antimoralistica del pensiero di Rogers resa possibile dalla sua fondamentale fiducia nella positività della natura umana (vengono in mente certe affermazioni del buddhismo, secondo cui nel fondo di ogni essere risiede un Buddha).
Carkhuff sembra partire invece dal presupposto che "... la natura umana non è nè buona nè cattiva, ma diventa quale l'insegnamento la va formando"(pag. 109).
Da qui discende un certo attivismo di Carkhuff, la cui garbata polemica con Rogers ricorda curiosamente la distanza tra la posizione confuciana e quella taoista; dove Rogers, naturalmente, è un uomo del Tao ...
Luigi Turinese
In foto: "Affacciàte alla finestra"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Forme del mistico", AA.VV.
AA.VV., "Forme del mistico", ( a cura di Paolo Lanaro), La Locusta, Vicenza 1988, pp.174
Questo volume raccoglie un ciclo di conferenze svoltosi nella primavera del 1987 a cura della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza.
Le cinque relazioni abbracciano un ampio intervallo spazio-temporale, che va dal misticismo classico ai particolari percorsi spirituali dell'apofatismo di Eckhart e della mistica esicastica dell'Oriente cristiano.
Particolarmente interessante dal nostro angolo di osservazione l'intervento di Giangiorgio Pasqualotto ("La mistica del vuoto nel buddhismo zen").
Luigi Turinese
In foto: "Carnalità"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Questo volume raccoglie un ciclo di conferenze svoltosi nella primavera del 1987 a cura della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza.
Le cinque relazioni abbracciano un ampio intervallo spazio-temporale, che va dal misticismo classico ai particolari percorsi spirituali dell'apofatismo di Eckhart e della mistica esicastica dell'Oriente cristiano.
Particolarmente interessante dal nostro angolo di osservazione l'intervento di Giangiorgio Pasqualotto ("La mistica del vuoto nel buddhismo zen").
Luigi Turinese
In foto: "Carnalità"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Il neoplatonismo - significato e dottrine di un movimento spirituale", di N. D'Anna
Nuccio D'Anna, "Il neoplatonismo - significato e dottrine di un movimeto spirituale", Il Cerchio Iniziative Editoriali, Palestrina 1988, pp.92
Questa accurata ricostruzione storico-dottrinale considera il neoplatonismo come movimento spirituale, incardinato su tre elementi: metafisico, filosofico, rituale.
E' messo in adeguata evidenza il ruolo di confine che il neoplatonismo ebbe, ultima compiuta espressione della spiritualità del mondo greco-romano e per lungo tempo fonte di ispirazione per l'ormai trionfante cristianesimo.
Luigi Turinese
In foto: "Damine del '700"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Questa accurata ricostruzione storico-dottrinale considera il neoplatonismo come movimento spirituale, incardinato su tre elementi: metafisico, filosofico, rituale.
E' messo in adeguata evidenza il ruolo di confine che il neoplatonismo ebbe, ultima compiuta espressione della spiritualità del mondo greco-romano e per lungo tempo fonte di ispirazione per l'ormai trionfante cristianesimo.
Luigi Turinese
In foto: "Damine del '700"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "La raccolta di Lin-Chi", (a cura di) R.F.Sasaki
Ruth Fuller Sasaki (a cura di), "La raccolta di Lin-Chi", Ubaldini editore, Roma 1985, pp.116
La raccolta dei detti di Lin-Chi (Rinzai) è il testo fondamentale della tradizione Rinzai dello Zen.
Scritto nel IX secolo in Cina , è organizzato in tre sezioni: discorsi, esami critici, raccolta dei pellegrinaggi.
La dottrina buddhista è esposta attraverso lo spirito paradossale per cui lo Zen va giustamente famoso. Il libro è tradotto da Ruth Fuller Sasaki, moglie di uno dei maestri che più contribuì all'espansione dello Zen in Occidente, particolarmente negli Stati Uniti.
Luigi Turinese
In foto: "Coniunctio oppositorum"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
La raccolta dei detti di Lin-Chi (Rinzai) è il testo fondamentale della tradizione Rinzai dello Zen.
Scritto nel IX secolo in Cina , è organizzato in tre sezioni: discorsi, esami critici, raccolta dei pellegrinaggi.
La dottrina buddhista è esposta attraverso lo spirito paradossale per cui lo Zen va giustamente famoso. Il libro è tradotto da Ruth Fuller Sasaki, moglie di uno dei maestri che più contribuì all'espansione dello Zen in Occidente, particolarmente negli Stati Uniti.
Luigi Turinese
In foto: "Coniunctio oppositorum"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "Vimalakirti Nirdesa Sutra", (a cura di) C.Luk
Charles Luk ( a cura di), "Vimalakirti Nirdesa Sutra",Ubaldini Editore, Roma 1982, pp.134
Testo centrale della tradizione Mahayana, il Vimalakirti Sutra è un discorso filosofico sottoforma di dialogo, esposto in forma semplice e pertanto utile alla pratica dei laici.
Scritto nel I secolo dopo Cristo, divenne enormemente popolare in Cina tre secoli più tardi.
Interessante la definizione di alcuni concetti centrali della tradizione Mahayana, come quello di bodhisattva.
Luigi Turinese
In foto: "Modellini"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Testo centrale della tradizione Mahayana, il Vimalakirti Sutra è un discorso filosofico sottoforma di dialogo, esposto in forma semplice e pertanto utile alla pratica dei laici.
Scritto nel I secolo dopo Cristo, divenne enormemente popolare in Cina tre secoli più tardi.
Interessante la definizione di alcuni concetti centrali della tradizione Mahayana, come quello di bodhisattva.
Luigi Turinese
In foto: "Modellini"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Le Recensioni di L.T. - "I pazzi in Cristo nella tradizione ortodossa", di I. Gorainoff
Irina Gorainoff, "I pazzi in Cristo nella tradizione ortodossa", Ed. Ancora, Milano 1988, pp. 207
Nella bella collana "Roveto ardente", diretta da Olivier Clement e avente lo scopo di riunire il polmone orientale a quello occidentale del cristianesimo, appare lo studio di Irina Gorainoff, nobildonna russa già nota per il libro su Serafino di Sarov(ed. italiana Gribaudi 1981).
I "pazzi in Cristo", antidoto alla pazzia del mondo, sorgono non appena la Chiesa si fa potere, per richiamarla, contro l'arrogante presunzione della certezza, alla "sapienza misteriosa di Dio"(I Corinzi, 2, 7).
Il libro, scritto in modo accattivante, a metà tra lo studio accademico e l'aneddotica su questi santi paradossali, può vantare una prefazione di alto livello scritta dallo stesso Olivier Clement.
Luigi Turinese
In foto: "Pupazzetti"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
Nella bella collana "Roveto ardente", diretta da Olivier Clement e avente lo scopo di riunire il polmone orientale a quello occidentale del cristianesimo, appare lo studio di Irina Gorainoff, nobildonna russa già nota per il libro su Serafino di Sarov(ed. italiana Gribaudi 1981).
I "pazzi in Cristo", antidoto alla pazzia del mondo, sorgono non appena la Chiesa si fa potere, per richiamarla, contro l'arrogante presunzione della certezza, alla "sapienza misteriosa di Dio"(I Corinzi, 2, 7).
Il libro, scritto in modo accattivante, a metà tra lo studio accademico e l'aneddotica su questi santi paradossali, può vantare una prefazione di alto livello scritta dallo stesso Olivier Clement.
Luigi Turinese
In foto: "Pupazzetti"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.31, Luglio-Settembre 1989
martedì 21 giugno 2011
Le Recensioni di L.T. - "Un'introduzione allo Dzog-Chen", di N. Norbu e "L'insegnamento degli uccelli"
Namkhai Norbu, "Un'introduzione allo Dzog-Chen" , Shang-Shung Edizioni, Arcidosso 1988, pagg. 126
e
Enrico dell'Angelo (a cura di), "L'insegnamento degli uccelli", Shang-Shng Edizioni, Arcidosso 1988, pagg. 70
Personaggio anomalo all'interno della stessa cultura tibetana, Namkhai Norbu continua, con strumenti adeguati alla situazione spazio-temporale in cui vive ormai da quasi un trentennio (base in Italia, con "incursioni" in diversi paesi del mondo), a diffondere il prezioso patrimonio dello Dzog-Chen. Norbu ha ben compreso il ruolo centrale che può recitare una casa editrice nel divulgare tasti ispirati a quella tradizione.
"Un'introduzione allo Dzog-Chen" raccoglie domande e risposte sul valore e sul ruolo dello Dzog-Chen nella vita di ciascuno. I dialoghi ebbero luogo nel 1975 e nel 1976. Nel primo sono documentate risposte date a persone della Comunità di Arcidosso (Grosseto), nata da poco tempo. Nel secondo vengono documentate alcune riflessioni sul rapporto tra Dzog-Chen e certi aspetti della cultura tibetana. Non si dimentichi, a questo proposito, quanto detto in precedenza sulla posizione tutta particolare di Norbu, che si può considerare al crocevia tra il buddhismo e la tradizione tibetana prebuddhista del bon. Questo è perfettamente coerente con la definizione dello Dzog-Chen come trasmissione di una conoscenza circa lo stato primordiale dell'individuo: dunque un sapere in qualche modo "metaculturale", per quanto diffusosi nelle due grandi tradizioni spirituali del Tibet.
"L'insegnamento degli uccelli" è una breve opera in versi di autore anonimo, probabilmente databile attorno al XVII-XVIII secolo. In essa il Cuculo saggio trasmette il Dharma al popolo degli uccelli, i quali espongono a loro volta ciò che hanno compreso. Si tratta, com'è chiaro, di un componimento di stile popolare, apparentato nei fini edificanti ai tanti apologhi con animali come protagonisti presenti nella letteratura mondiale; basti ricordare qui il Panchatantra indiano e soprattutto "I colloqui degli uccelli" del mistico persiano Attar (XII secolo).
In contesto buddhista, tuttavia, è legittima una lettura per così dire meno metaforica, incline a sottolineare l'universalità del Dharma, come stanno a indicare i versi iniziali: "Nel linguaggio degli dei, dei naga e degli yaksha, nell'idioma degli spiriti e nelle lingue degli uomini, nei linguaggi di tutti gli esseri, in tutte le favelle la Dottrina è stata spiegata".
A ribadire la centralità dello Dzog-Chen, rispetto alle due grandi tradizioni tibetane, si può osservare che il cuculo, qui evidente personificazione di Avaloteshvara (il bodhisattva della compassione), è d'altra parte il principe degli uccelli nella tradizione bon.
Va espressa gratitudine a Enrico Dell'Angelo, che ha tradotto dal tibetano e curato il testo: un lavoro davvero eccellente, cui il maestro Norbu ha prestato opera di consulenza e di revisione.
Luigi Turinese
In foto: "Il vestito della domenica"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
e
Enrico dell'Angelo (a cura di), "L'insegnamento degli uccelli", Shang-Shng Edizioni, Arcidosso 1988, pagg. 70
Personaggio anomalo all'interno della stessa cultura tibetana, Namkhai Norbu continua, con strumenti adeguati alla situazione spazio-temporale in cui vive ormai da quasi un trentennio (base in Italia, con "incursioni" in diversi paesi del mondo), a diffondere il prezioso patrimonio dello Dzog-Chen. Norbu ha ben compreso il ruolo centrale che può recitare una casa editrice nel divulgare tasti ispirati a quella tradizione.
"Un'introduzione allo Dzog-Chen" raccoglie domande e risposte sul valore e sul ruolo dello Dzog-Chen nella vita di ciascuno. I dialoghi ebbero luogo nel 1975 e nel 1976. Nel primo sono documentate risposte date a persone della Comunità di Arcidosso (Grosseto), nata da poco tempo. Nel secondo vengono documentate alcune riflessioni sul rapporto tra Dzog-Chen e certi aspetti della cultura tibetana. Non si dimentichi, a questo proposito, quanto detto in precedenza sulla posizione tutta particolare di Norbu, che si può considerare al crocevia tra il buddhismo e la tradizione tibetana prebuddhista del bon. Questo è perfettamente coerente con la definizione dello Dzog-Chen come trasmissione di una conoscenza circa lo stato primordiale dell'individuo: dunque un sapere in qualche modo "metaculturale", per quanto diffusosi nelle due grandi tradizioni spirituali del Tibet.
"L'insegnamento degli uccelli" è una breve opera in versi di autore anonimo, probabilmente databile attorno al XVII-XVIII secolo. In essa il Cuculo saggio trasmette il Dharma al popolo degli uccelli, i quali espongono a loro volta ciò che hanno compreso. Si tratta, com'è chiaro, di un componimento di stile popolare, apparentato nei fini edificanti ai tanti apologhi con animali come protagonisti presenti nella letteratura mondiale; basti ricordare qui il Panchatantra indiano e soprattutto "I colloqui degli uccelli" del mistico persiano Attar (XII secolo).
In contesto buddhista, tuttavia, è legittima una lettura per così dire meno metaforica, incline a sottolineare l'universalità del Dharma, come stanno a indicare i versi iniziali: "Nel linguaggio degli dei, dei naga e degli yaksha, nell'idioma degli spiriti e nelle lingue degli uomini, nei linguaggi di tutti gli esseri, in tutte le favelle la Dottrina è stata spiegata".
A ribadire la centralità dello Dzog-Chen, rispetto alle due grandi tradizioni tibetane, si può osservare che il cuculo, qui evidente personificazione di Avaloteshvara (il bodhisattva della compassione), è d'altra parte il principe degli uccelli nella tradizione bon.
Va espressa gratitudine a Enrico Dell'Angelo, che ha tradotto dal tibetano e curato il testo: un lavoro davvero eccellente, cui il maestro Norbu ha prestato opera di consulenza e di revisione.
Luigi Turinese
In foto: "Il vestito della domenica"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
lunedì 20 giugno 2011
Le Recensioni di L.T. - "Il mistero del silenzio" e "La mutazione della mente", di V. Thakar
Vimala Thakar, "Il mistero del silenzio", Ubaldini Editore, Roma 1988, pagg. 194
e
Vimala Thakar, "La mutazione della mente", Edizioni S.C.E., Milano 1988, pagg. 168
Nell'ambito della ricerca interiore è sempre esistita una tipologia di cercatore libero il quale sente giusto incamminarsi verso l'Ineffabile solo facendo affidamento sulle proprie forze, al di fuori di ogni tradizione codificata o di qualsiasi religione confessionale. Il secolo in cui ci troviamo a vivere, fors'anche per la maggiore diffusione delle diverse vie di ricerca interiore (con conseguente reciproca relativizzazione), ha visto numerose figure di rilievo battere strade solitarie, il cui tratto comune è l'invito a sperimentare in prima persona, senza accettare alcuna autorità: un suggerimento tanto più gradito e comprensibile nella nostra epoca scientifica.
Tra i "battitori liberi" viventi Vimala Thakar (di origine indiana e di cui in questo stesso quaderno di PARAMITA sono pubblicate alcune citazioni), è un personaggio di grande spicco,vicino al radicalismo krishnamurtiano, che stempera un poco, anche per l'inoppugnabile dato di fatto di essere una donna e di provenire da famiglia bramina; il che, sia pure in una ricerca connotata da una libertà di pensiero davvero rara, spiega ad esempio l'appropriato richiamo alla tradizione yoga.
Così viene puntualizzata la distinzione, vorrei dire l'incommensurabilità tra dharana, concentrazione, che ha in definitiva l'effetto di rafforzare la coscienza dell'io, e dhyana, meditazione, la cui essenza è tutt'al contrario, la sospensione della coscienza dell'io. "La meditazione è lo stato in cui c'è una consapevolezza senza sforzo e senza scelta di ciò che la vita è dentro e intorno a noi. Si tratta dunque di uno stato, di un modo d'essere, non di un'attività" (pag. 9).
La "tecnica" proposta da Vimala è della massima semplicità: consiste nel sedere quietamente osservando il movimento del pensiero, fino a giungere ad uno sotto i osservazione non reattiva. Parallelamente si lavora sullo stile di vita complessivo, aggiustando per così dire il tiro attraverso un costante disvelamento operato da un'attenzione continua e non da una disciplina imposta " ...ogni regolamento è una sottile violenza contro sé stessi..." (pag. 26).
Non è difficile scorgere in questa proposta elementi buddhisti (il "metodo" proposto è una sorta di vipassana continua), così come forti ascendenze krishnamurtiane, come quando Vimala esorta a muoversi nelle relazioni lasciandosi dietro nessuna cicatrice di memoria (la memoria psicologica, fonte di tutta la nostra deformazione della realtà, di cui parla Krishnamurti).
Molto bello e attuale è il richiamo alla natura come guida per l'apprendimento dell'osservazione non reattiva, attraverso l'esperienza del silenzio, vengono altresì suggeriti, altro elemento di modernità, comportamenti di un modo di vita olistico, di cui non fare fanatica propaganda, ma attraverso cui favorire lo sviluppo della vigilanza, sensibilità e lucidità mentale. "La meditazione ... è una sfida a esplorare un nuovo modo di vivere " (pag. 131)
Non deve sfuggire il carattere rivoluzionario, non passivizzante, di questa proposta meditativa, che include il corpo così come ogni altro aspetto dell'essere umano. "Nulla può essere escluso dalla dimensione della religione e della spiritualità. La spiritualità è un'attenzione onnicomprensiva a ogni aspetto della vita" (pag. 158).
"Il mistero del silenzio" raccoglie discorsi pronunciati tra il 1971 e il 1983, mentre "La mutazione della mente" assembla materiale ancora precedente ma egualmente di grande interesse. Vi si scorge il senso profondo della filodsofia come autentico "amore per il sapere" e per la conoscenza, sostenuto da una volontà di indagare che non si arresta mai, neppure di fronte a conclusioni che contraddicono i nostri modi condizionati di essere o le nostre conclusioni definitive su questo e su quello.
Luigi Turinese
In foto: "Orgoglio"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
e
Vimala Thakar, "La mutazione della mente", Edizioni S.C.E., Milano 1988, pagg. 168
Nell'ambito della ricerca interiore è sempre esistita una tipologia di cercatore libero il quale sente giusto incamminarsi verso l'Ineffabile solo facendo affidamento sulle proprie forze, al di fuori di ogni tradizione codificata o di qualsiasi religione confessionale. Il secolo in cui ci troviamo a vivere, fors'anche per la maggiore diffusione delle diverse vie di ricerca interiore (con conseguente reciproca relativizzazione), ha visto numerose figure di rilievo battere strade solitarie, il cui tratto comune è l'invito a sperimentare in prima persona, senza accettare alcuna autorità: un suggerimento tanto più gradito e comprensibile nella nostra epoca scientifica.
Tra i "battitori liberi" viventi Vimala Thakar (di origine indiana e di cui in questo stesso quaderno di PARAMITA sono pubblicate alcune citazioni), è un personaggio di grande spicco,vicino al radicalismo krishnamurtiano, che stempera un poco, anche per l'inoppugnabile dato di fatto di essere una donna e di provenire da famiglia bramina; il che, sia pure in una ricerca connotata da una libertà di pensiero davvero rara, spiega ad esempio l'appropriato richiamo alla tradizione yoga.
Così viene puntualizzata la distinzione, vorrei dire l'incommensurabilità tra dharana, concentrazione, che ha in definitiva l'effetto di rafforzare la coscienza dell'io, e dhyana, meditazione, la cui essenza è tutt'al contrario, la sospensione della coscienza dell'io. "La meditazione è lo stato in cui c'è una consapevolezza senza sforzo e senza scelta di ciò che la vita è dentro e intorno a noi. Si tratta dunque di uno stato, di un modo d'essere, non di un'attività" (pag. 9).
La "tecnica" proposta da Vimala è della massima semplicità: consiste nel sedere quietamente osservando il movimento del pensiero, fino a giungere ad uno sotto i osservazione non reattiva. Parallelamente si lavora sullo stile di vita complessivo, aggiustando per così dire il tiro attraverso un costante disvelamento operato da un'attenzione continua e non da una disciplina imposta " ...ogni regolamento è una sottile violenza contro sé stessi..." (pag. 26).
Non è difficile scorgere in questa proposta elementi buddhisti (il "metodo" proposto è una sorta di vipassana continua), così come forti ascendenze krishnamurtiane, come quando Vimala esorta a muoversi nelle relazioni lasciandosi dietro nessuna cicatrice di memoria (la memoria psicologica, fonte di tutta la nostra deformazione della realtà, di cui parla Krishnamurti).
Molto bello e attuale è il richiamo alla natura come guida per l'apprendimento dell'osservazione non reattiva, attraverso l'esperienza del silenzio, vengono altresì suggeriti, altro elemento di modernità, comportamenti di un modo di vita olistico, di cui non fare fanatica propaganda, ma attraverso cui favorire lo sviluppo della vigilanza, sensibilità e lucidità mentale. "La meditazione ... è una sfida a esplorare un nuovo modo di vivere " (pag. 131)
Non deve sfuggire il carattere rivoluzionario, non passivizzante, di questa proposta meditativa, che include il corpo così come ogni altro aspetto dell'essere umano. "Nulla può essere escluso dalla dimensione della religione e della spiritualità. La spiritualità è un'attenzione onnicomprensiva a ogni aspetto della vita" (pag. 158).
"Il mistero del silenzio" raccoglie discorsi pronunciati tra il 1971 e il 1983, mentre "La mutazione della mente" assembla materiale ancora precedente ma egualmente di grande interesse. Vi si scorge il senso profondo della filodsofia come autentico "amore per il sapere" e per la conoscenza, sostenuto da una volontà di indagare che non si arresta mai, neppure di fronte a conclusioni che contraddicono i nostri modi condizionati di essere o le nostre conclusioni definitive su questo e su quello.
Luigi Turinese
In foto: "Orgoglio"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
Le Recensioni di L.T. - "Il maestro di Alice", di V. Giacomin
Valentino Giacomin, "Il maestro di Alice", Publiprint Editrice, Trento 1988, pagg. 231.
"Universal Education" è un'associazione internazionale fondata da Lama Yesce allo scopo di formare degli educatori in grado di produrre un metodo per lo sviluppo della solidarietà e della pace in un contesto libero da ideologie politiche o religiose.
Il testo di Giacomin, che ha arricchito un'esperienza ventennale come maestro elementare con lavori giornalistici e di scrittura su diversi temi sociali, si muove esattamente in quest'ottica. La struttura del lavoro si articola su tre piani successivi. Nel primo si delineano i meccanismi fondamentali di formazione dell'ego e si indica la via che, attraverso il dissolvimento dei confini, rende possibile l'approdo all'Unità; il discorso è svolto sul piano asciutto e non sentimentale su cui si muovono oggi la scienza e la psicologia non riduzionistiche.
La seconda parte del libro è occupata da un intelligente fumetto dal titolo "Pierino, la margherita e il saggio", in cui si prospetta un itinerario verso l'autocoscienza. Infine sono presentati alcuni esercizi pratici per adulti e per bambini: giochi per invitare ad un viaggio all'interno della mente, alla stessa maniera in cui Alice esplora il Paese della Meraviglie.
Che dire di un lavoro tanto maturo e così evidentemente "scaldato" al fuoco di una solida pratica personale? La mente comparativa non può fare a meno di pensare allo stato in cui giace la nostra scuola, in cui la problematica interiore è ignorata oppure, ciò che forse è peggio, "risolta" in chiave propagandistica e dogmatica.
Il libro di Valentino Giacomin è lettura indispensabile per i cosiddetti operatori del settore, ma è più che utile per chiunque abbia a che fare con l'infanzia (e poiché ognuno di noi ha a che fare per tutta la vita con parti della propria infanzia, è un libro utile a tutti). Resta il rammarico che di queste encomiabili iniziative debba farsi carico sempre un'editoria di qualità ma emarginata rispetto alla catena distributiva maggiore: ciò che rende purtroppo inevitabilmente più faticoso l'attuarsi dell'intenzione espressa nella dedica: "Questo libro ... si fonda sull'intuizione che l'educazione all'unità va iniziata fin dai primi anni di vita dell'uomo, al quale va presentata la realtà convenzionale, ma, insieme, vanno anche posti i semi per una diversa lettura dei fenomeni esterni e di se stesso".
Luigi Turinese
In foto: "Im(Perfezione)"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
"Universal Education" è un'associazione internazionale fondata da Lama Yesce allo scopo di formare degli educatori in grado di produrre un metodo per lo sviluppo della solidarietà e della pace in un contesto libero da ideologie politiche o religiose.
Il testo di Giacomin, che ha arricchito un'esperienza ventennale come maestro elementare con lavori giornalistici e di scrittura su diversi temi sociali, si muove esattamente in quest'ottica. La struttura del lavoro si articola su tre piani successivi. Nel primo si delineano i meccanismi fondamentali di formazione dell'ego e si indica la via che, attraverso il dissolvimento dei confini, rende possibile l'approdo all'Unità; il discorso è svolto sul piano asciutto e non sentimentale su cui si muovono oggi la scienza e la psicologia non riduzionistiche.
La seconda parte del libro è occupata da un intelligente fumetto dal titolo "Pierino, la margherita e il saggio", in cui si prospetta un itinerario verso l'autocoscienza. Infine sono presentati alcuni esercizi pratici per adulti e per bambini: giochi per invitare ad un viaggio all'interno della mente, alla stessa maniera in cui Alice esplora il Paese della Meraviglie.
Che dire di un lavoro tanto maturo e così evidentemente "scaldato" al fuoco di una solida pratica personale? La mente comparativa non può fare a meno di pensare allo stato in cui giace la nostra scuola, in cui la problematica interiore è ignorata oppure, ciò che forse è peggio, "risolta" in chiave propagandistica e dogmatica.
Il libro di Valentino Giacomin è lettura indispensabile per i cosiddetti operatori del settore, ma è più che utile per chiunque abbia a che fare con l'infanzia (e poiché ognuno di noi ha a che fare per tutta la vita con parti della propria infanzia, è un libro utile a tutti). Resta il rammarico che di queste encomiabili iniziative debba farsi carico sempre un'editoria di qualità ma emarginata rispetto alla catena distributiva maggiore: ciò che rende purtroppo inevitabilmente più faticoso l'attuarsi dell'intenzione espressa nella dedica: "Questo libro ... si fonda sull'intuizione che l'educazione all'unità va iniziata fin dai primi anni di vita dell'uomo, al quale va presentata la realtà convenzionale, ma, insieme, vanno anche posti i semi per una diversa lettura dei fenomeni esterni e di se stesso".
Luigi Turinese
In foto: "Im(Perfezione)"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno VIII, n.30, Aprile-Giugno 1989
venerdì 10 giugno 2011
"CREARE E’ CAMBIARE - Arti terapie e Neuroscienze", Messina 24 Giugno 2011
Convegno
Venerdi 24 Giugno 2011
Venerdi 24 Giugno 2011
"CREARE E’ CAMBIARE - Arti terapie e Neuroscienze"
Centro Diurno "Camelot", Cittadella Sanitaria
"Lorenzo Mandalari" , Messina
8.30 Registrazione dei partecipanti
Ore 9.00 Saluto Autorità
Ore 9.10 Apertura lavori
Dott. Biagio Gennaro
(Direttore Dipartimento Salute Mentale ASP 5, Messina)
Dott. Nina Santisi,
(Responsabile U.O. Formazione ,Asp 5 Messina)
Ore 9.30 Dott. Matteo Allone
(Psicanalista Junghiano ,Responsabile Centro Diurno U.O.S. Camelot,
ASP 5 Messina)
Progetto linguaggio arte “Work in progress”:
l’integrazione terapeutica nelle psicosi maniaco depressive
Ore 10.00 Prof. Edoardo Spina
(Professore Ordinario di Farmacologia,Università. di Messina)
Psicofarmaci e neuroplasticità
Ore 10.30 Dott. Luigi Turinese
(Medico, Psicoanalista Junghiano, Membro ordinario - A.I.P.A.)
Creatività e istinto individuativo
Ore 11.00 Break
Ore 11.20 Dott. Franco La Rosa
(Docente di Psicopatologia e Clinica Psichiatrica C.I.P.A.)
La poesia che cura
Ore 11.50 Dott. Luigi Baldari
(Micropsicanalista, Responsabile dell'U.O.S. Psicoterapia - Studi e
Ricerche dell’ASP 5 Messina)
Depressione e creatività
Ore 12.20 Dott. Giuseppe Mento
(Neurologo , Policlinico Universitario di Messina)
La mente , le sue dimensioni notturne e l’arte
Ore 12.50 Discussione e conclusione lavori
Ore 13.20 Pranzo
Ore 14.30 Dott. Maria Elena Garcia
(Co-Fondatrice del Corso e dell’Associazione di Movimento Creativo,
metodo Garcìa- Plevin)
Il ritmo dei processi mentali e la presenza psicocorporea del
terapeuta
workshop “movimento autentico e presenza terapeutica”
(gruppo 1)
Ore 16.00 Il ritmo dei processi mentali e la presenza psicocorporea del
terapeuta
workshop “movimento autentico e presenza terapeutica”
(gruppo 2)
Ore 14.30 Prof. Marcello Aragona
(Psicoterapeuta ad indirizzo trans personale, U.O.C. di Oncologia
Medica e Hospice, Policlinico Universitario di Messina)
Neurobiologia della creatività ed esperienze vetta
workshop “meditazione corporea” (gruppo 2)
Ore 16.00 Neurobiologia della creatività ed esperienze vetta.
workshop “meditazione corporea” (gruppo 1)
Ore 17.30 Compilazione questionari per e.c.m. e chiusura lavori
Segreteria Scientifica
Dott. Matteo Allone
Dott. Anna Clementi
Dott. Maria Grazia Saia
Dott. Graziella Mavilia
Segreteria Organizzativa
ADM Congressi
Via Garibaldi, 263/267 - 98122 MESSINA TEL: 090 345281 – CELL. +39 3357786891 - FAX: 090 47044
E-mail: info@admcongressi.it
"L’evento formativo vuole essere un importante momento di approfondimento e riiffessione sull’’apprrocciointegrato alla malattia mentale, che tenga conto sia delle conoscenze derivate dalle neuroscienze, sia
dell’espressione artistica, come primitivo e privilegiato canale comunicativo di contenuti interni (sensazioni,emozioni, sentimenti) da offrire al dialogo ed alla condivisione.
L’arte, come canale di comunicazione, attraverso il quale vengono veicolati vissuti emotivi ed immagini archetipiche, si pone come crocevia ch,, favorendo la dimensione simbolica e creativa,, offre la possibilità attraverso canali filogeneticamente più antichi, che sfuggono alla logica razionale, di far emergere quella dimensione interna che appartiene al mondo arcaico e primitivo della psiche individuale e collettiva.
E’ opportuno in tale contesto dare spazio alle molteplicità delle voci di cui si nutre l’arte come possibilità di ri-vivere e ri-vedere le immagini che appartengono alla storia dell’umanità.
L’intento è quello di favorire l’integrazione tra ciò che è comprensibile e ciò che appare incomprensibile, tra ciò che è visibile e quello che è invisibile . Per una prassi terapeutica integrata e condivisa che sappia coniugare diverse strategie e dare una risposta efficace al disagio psichico.
L’evento si svolgerà a Camelot. Che è un luogo della cura, dove si opera con questo modello di pensiero."
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Libri di Luigi Turinese
- Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Nuova edizione 2021, Edizioni LSWR , Milano)
- Epifanie archetipiche (con Gianna Tarantino, Edizioni Efesto, Roma, 2021)
- Walking on the wild side. Trame di Dioniso (Magi Edizioni, Roma, 2020)
- Hahnemann. Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, Riedizione 2020, Edizioni Efesto, Roma)
- L'omeopatia nelle malattie acute (Edizioni Edra, Milano, 2015)
- L'anima errante. Variazioni su Narciso (e-book + libro, Ed. flower-ed, 2013)
- Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica (Elsevier-Masson, Milano, 2009)
- Hahnemann, Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, E/O, Roma, 2007)
- Caro Hillman...Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004)
- Il farmacista omeopata (Tecniche Nuove, Milano, 2002)
- Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica (Tecniche Nuove, Milano, 1997/2006)