A distanza di mezzo secolo dalla scomparsa del maestro, possiamo trovare tracce del suo pensiero, dei suoi metodi e delle sue suggestioni nei campi più disparati: dalla psicologia alla scienza della complessità fino alla musica contemporanea
Uno degli elementi più singolari – ogni qualvolta si confrontino i destini e le fortune postume di Freud e di Jung – mi è sempre sembrato il cotè di partenza e quello di arrivo del loro pensiero. Freud infatti prese le mosse dalle pruderies della borghesia austriaca – così ben descritte da Arthur Schnitzler e causticamente stigmatizzate dagli aforismi di Karl Kraus – per dare origine a una stirpe di clinici rigorosi e ad una Weltanschauung dominata da un materialismo talora asfittico; mentre Jung, partito dall’esperienza del Burghölzli, l’ospedale psichiatrico dell’Università di Zurigo, che lo costrinse a misurarsi con la schizofrenia (all’epoca ancora denominata dementia praecox [1] ), forse per una malintesa interpretazione della sua apertura nei confronti degli elementi a-razionali dell’esperienza ha finito per dar voce – malgré lui – a zuccherosi sincretismi new age.
Un altro fenomeno curioso e meritevole di ricerca consiste nella “dispersione” di temi junghiani in altre cornici teoriche. Più di una scuola postfreudiana ospita infatti – talora senza saperlo – intuizioni che furono presentate da Jung nella loro formulazione originaria. Si pensi ad alcuni capisaldi dell’intersoggettività (Stolorow, Atwood, Mitchell), all’idea che esistano strutture psichiche innate (Klein, Bowlby, Spitz, Bion), all’enfasi sull’uso clinico del controtransfert (Winnicott e Langs, tra gli altri), alla scoperta che il processo analitico ha una valenza trasformativa su entrambi i termini della coppia (Searles, Langs), alla maggiore attenzione data al Sé piuttosto che all’Io (Kohut). Alcuni innovatori della psicologia hanno un debito implicito nei confronti della Psicologia Analitica: per esempio non molti sanno che lo stesso Paul Watzlawick, esponente di spicco della cosiddetta Scuola di Palo Alto, autore di molte opere e coautore della celeberrima Pragmatica della comunicazione umana [2], ha effettuato tra le sue formazioni anche il training presso lo Jung Institut di Zurigo.
La Sincronicità veicolata dal rock
In altro ambito, le scienze della complessità postulano alla loro base un assunto sistemico – la coesistenza di verità parziali ma non contraddittorie – che trova riscontro nella concezione junghiana di psiche complessa, ovvero nella descrizione della topografia psichica non alla stregua di un monolite dominato dall’Io ma come un arcipelago nel quale si possono riconoscere plurime istanze e articolate connessioni tra “sub-personalità” incarnate, appunto, dai cosiddetti complessi a tonalità affettiva. Questi ultimi furono scoperti da Jung nel corso dei suoi esperimenti di associazione con il galvanometro e con il pneumografo, che daranno luogo, in ambito
criminologico, all’invenzione del cosiddetto lie-detector o macchina della verità.
Nel linguaggio comune usiamo ormai con disinvoltura termini come estroverso e introverso, che provengono direttamente da Tipi psicologici [3].
Il Web pullula di test di personalità frutto dell’evoluzione della tipologia junghiana, a partire dal test di Myers-Briggs, la cui ultima rielaborazione va sotto il nome di Jung Type Indicator (JTI).
Non parliamo poi delle innumerevoli filiazioni all’interno delle correnti orientaliste e più in generale neospirituali; ma anche del recupero della dimensione spirituale della cura in molte declinazioni della psicologia cosiddetta umanistica (Rogers, Maslow).
Perché poi non citare anche ricadute dei concetti e del linguaggio lontano dalla sorgente, come testimonia ad esempio l’ultimo, bellissimo album realizzato dal gruppo rock dei Police prima dello scioglimento e intitolato Synchronicity? Nei testi delle canzoni, con autentico furore creativo, Sting sparge a piene mani immagini che conosciamo bene.
With one breath, with one flow /
You will know / Synchronicity / A sleep trance, a dream dance, / A shared
romance, / Synchronicity / If we share this nightmare / Then we can dream /
Spiritus mundi.(...) A star fall, a phone call, / It joins all, Synchronicity. (...)
Effect without a cause / Sub-atomic laws, scientific pause / Synchronicity……[4]
Il teatro come luogo di elaborazione pubblica dei complessi
Passiamo a un altro ambito artistico. Quando cerchiamo di comprendere la complessità psicologica di molte pièces del teatro moderno, dei suoi personaggi minori, non eroici, deuteragonisti o antagonisti, la topica freudiana – e le vicissitudini pulsionali che le sono coerenti – è una chiave ermeneutica un po’ angusta. Da questo punto di vista, Jung ci fornisce maggiori suggestioni. Infatti, come scrive Samuels: “Tutta la sua psicologia prende la forma di un’animazione di personaggi interiori” [5].
Si tratta, a ben vedere, di un’applicazione particolare della teoria dei complessi a tonalità affettiva, che ha valso alla formulazione di Jung la denominazione di Psicologia Complessa [6].
Per spiegare come egli sia pervenuto alla formulazione della sua Psicologia Complessa, occorre recuperare alcuni elementi storici.
Tutto ha inizio, come accennato sopra, con l’impiego da parte di Jung del test di associazione, che fornisce la prova sperimentale dell’esistenza di complessi. Il complesso “si comporta, nell’ambito della coscienza, come un corpus alienum animato” [ 7]
Non c’è bisogno di sottolineare più che tanto l’analogia tra i complessi e i personaggi di una pièce. Lo stesso Jung definisce “ il teatro come un’istituzione per l’elaborazione pubblica dei complessi“ [8]. In un certo senso, il drammaturgo è posseduto dai complessi; egli si deve – sia pure limitatamente al momento della creazione – offrire all’olocausto dell’inflazione da parte di nuclei complessuali inconsci.
I complessi possiedono una potente inclinazione alla personificazione e l’artista, per così dire, ne approfitta. “Quando crea un personaggio per la scena crede forse che si tratti esclusivamente di un prodotto della sua fantasia; questo personaggio si è invece in un certo senso fatto da sé” [9]. Il drammaturgo sa dunque attraversare il ponte che mette in comunicazione l’Io e l’Inconscio.
Jung e la microfisica
Non vorrei però dare l’impressione che Jung abbia fornito spunti ad artisti e uomini di cultura, trascurando il mondo scientifico. Basti pensare al mutuo fecondarsi del pensiero junghiano e della fisica quantistica, incarnato nel rapporto tra lo stesso Jung e il premio Nobel per la Fisica Wolfgang Pauli [10] e che ha dato i migliori frutti nell’elaborazione della dimensione della sincronicità, termine introdotto per descrivere la connessione fra eventi del mondo fisico e del mondo psichico che avvengono nello stesso tempo e tra i quali non vi è una relazione di causaeffetto ma una comunanza di significato.
Essa è all’origine delle cosiddette coincidenze significative. Tale dimensione acausale - spesso adoperata a sproposito per indicare banali coincidenze nella vita di tutti i giorni - può fornire una copertura teoretica di tutto rilievo per rifondare il paradigma psicosomatico su basi più solide [11 ].
Scrive Jung: “Il principio causale ci dice che la relazione tra causa ed effectus è una relazione necessaria. Il principio di sincronicità afferma che i termini d’una coincidenza significativa sono legati da un rapporto di contemporaneità e dal senso” [12]. E ancora: “A questo punto ci si dovrebbe porre, a quanto pare, la domanda seguente: il rapporto della psiche con il corpo non andrebbe considerato sotto questo punto di vista? O anche: il coordinamento dei processi psichici e di quelli fisici nell’essere vivente non andrebbe inteso come un fenomeno sincronistico, anziché come una relazione causale? […] La sincronicità possiede caratteristiche che
possono contribuire a chiarire il problema corpo-anima” [13].
Il funzionamento psicofisico è pertanto, nel costrutto junghiano, un caso speciale della teoria generale della sincronicità; e deve esser visto come relazione acausale: in tal modo viene evitato il riduzionismo meccanicistico e causalistico che ha condotto la psicosomatica di orientamento psicoanalitico nelle sabbie mobili della psicogenesi, ovvero a interpretare i sintomi somatici come effetti di cause psichiche: posizione epistemologicamente rozza e per così dire “newtoniana”, laddove il punto di osservazione di Jung appartiene ante litteram all’ambito contemporaneo della causalità circolare, intriso com’è di acquisizioni tratte dalla fisica quantistica.
Il parallelismo delle concezioni nel campo della fisica e in quello della psicologia – postulato da Jung in accordo appunto con gli sviluppi della “nuova fisica” – suggerisce la visione di una fondamentale unicità dei due campi, ovvero di un’unità psicofisica di tutti i fenomeni della vita: un mondo in cui psiche e materia non si attuano separatamente e che Jung definisce Unus Mundus.
Questa incompleta carrellata di contaminazioni di vaste aree della cultura da parte del pensiero junghiano mi ha stimolato l’immagine di quello che potremmo chiamare Big Bang culturale. È come se la potente e asistematica curiosità amplificatoria di Jung avesse dato origine a una moltitudine di ricadute a distanza: una sorta di scintillio prolungato che ha dato segno di sé a differenti distanze dalla fonte originaria, che dunque – spesso senza nessun dolo – è stata di regola misconosciuta.
Sempre per seguire un’immagine – in questo caso stimolata dal pianeta dominante del Leone, segno di nascita di Jung – il Sole irradia luce e calore; ma in periferia sono
percepibili soltanto i suoi effetti e non un contatto diretto con la fonte.
Il pensiero di Jung, la sua scienza e la sua saggezza continuano dunque a riscaldarci e a emanare energia vitale, generosamente, proprio come fa il Sole ogni giorno.
Note:
1. Jung, C. J.: “Psicologia della dementia praecox” (1907), in Opere,
Bollati Boringhieri, Torino 1965, vol. 3.
2. Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967): Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971.
3. Jung, C. G. (1921): “Tipi psicologici”, in Opere, volume 6, Bollati Boringhieri, Torino 1969.
4. Sting, Synchronicity I, 1983.
5. Samuels A. (1989): La psiche al plurale, Bompiani, Milano 1994, p. 18.
6. Wolff T. (1981), Introduzione alla psicologia di Jung, Moretti&Vitali, Bergamo 1991, p. 27: “[…]Jung utilizza […] il termine ‘Psicologia Complessa’ […] quando parla dell’insieme della sua psicologia dal punto di vista teorico. La definizione ‘Psicologia Analitica’, invece, è appropriata quando si tratta del procedimento pratico dell’analisi psicologica”.
7. Jung C.G. (1934), “Considerazioni generali sulla teoria dei complessi”, in Opere, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p. 118.
8. Jung C.G. (1912/1952), “Simboli della trasformazione”, in Opere, vol.5, Bollati Boringhieri, Torino 1970, p. 48.
9. Jung C.G. (1922), “Psicologia analitica”, Mondadori, Milano 1975, p. 70.
10. Wolfgang Pauli (1900-1958), Premio Nobel per la Fisica nel 1945, sosteneva che la nostra idea dell’evoluzione della vita richiede una revisione che tenga conto di un’area di interrelazione tra la psiche inconscia e i processi fisici. Un’edizione degli scambi epistolari con C. G. Jung è stata pubblicata in italiano nel 1999 (Il carteggio Pauli-Jung, Il Minotauro, Roma ), mentre nel 2006 quattro suoi saggi sono stati raggruppati in un volume edito da Adelphi (Psiche e materia).
11. Per un approfondimento di questo tema e in generale per una moderna
lettura del rapporto corpo-mente si rimanda a Turinese, L.: Modelli
psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica (Elsevier, Milano 2009).
12. Jung, C. G. (1952): “La sincronicità come principio di nessi acausali”, in Opere, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p. 506.
13. Jung, C. G.: Op. cit., pp. 524-525.
Luigi Turinese
In foto: "Tracce ascensionali"
Questo articolo, apparso sull'inserto "Speciale Jung" della rivista PNEINEWS n 5-6, Anno IV, Novembre-Dicembre 2010, ha costituito l'intervento di L. Turinese alla Giornata di studio "Jung, la scienza e la saggezza", 20 Novembre 2010, Roma
Leggi anche: Tracce di Jung , After the Big Bang, La psiche plurale ne teatro del Novecento, Conferenza: L'unità psicosomatica.
Medico, Esperto in Omeopatia, Psicologo Analista, Cantautore dottluigiturinese@gmail.com - facebook.com/luigi.turinese
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Libri di Luigi Turinese
- Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Nuova edizione 2021, Edizioni LSWR , Milano)
- Epifanie archetipiche (con Gianna Tarantino, Edizioni Efesto, Roma, 2021)
- Walking on the wild side. Trame di Dioniso (Magi Edizioni, Roma, 2020)
- Hahnemann. Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, Riedizione 2020, Edizioni Efesto, Roma)
- L'omeopatia nelle malattie acute (Edizioni Edra, Milano, 2015)
- L'anima errante. Variazioni su Narciso (e-book + libro, Ed. flower-ed, 2013)
- Modelli psicosomatici. Un approccio categoriale alla clinica (Elsevier-Masson, Milano, 2009)
- Hahnemann, Vita del padre dell'omeopatia. Sonata in cinque movimenti (con Riccardo de Torrebruna, E/O, Roma, 2007)
- Caro Hillman...Venticinque scambi epistolari con James Hillman (con Riccardo Mondo, Bollati Boringhieri, Torino, 2004)
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- Biotipologia. L'analisi del tipo nella pratica medica (Tecniche Nuove, Milano, 1997/2006)
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