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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

lunedì 20 dicembre 2010

Le Recensioni di L.T. - "Ka", di R. Calasso

Roberto Calasso, Ka, Adelphi Edizioni, Milano 1996

"D'improvviso il cielo fu oscurato da un'aquila. Le sue piume nere, quasi viola, lucenti formavano un mobile sipario fra le nubi e la terra. Appesi ai suoi artigli, un elefante e una tartaruga anch'essi immensi e irrigiditi nel terrore, sfioravano le cime. Sembrava che l'uccello si apprestasse a usarle come punte di coltelli per sventrare le sue prede" (pag. 5).
Il folgorante incipit di questo magnifico saggio in forma di narrazione descrive il volo di Garuda, il mitico personaggio con becco e artigli di rapace e corpo di uomo. E tra due voli di Garuda si svolge tutta l'imponente narrazione fino alla suggestiva immagine che chiude il libro. "Sollevò il rostro, aspirò l'aria che filtrava dal fogliame. Ancora una volta, era tempo di spiccare il volo" (pag.462).

Erudito e filologo, filosofo ma soprattutto scrittore, Roberto Calasso non racconta semplicemente il mito ma ne scandaglia i nessi, come già aveva fatto con i due libri precedenti che con Ka compongono un'ideale trilogia: La rovina di Kash (Adelphi 1983) e Le nozze di Cadmo e Armonia (Adelphi 1988).
Al sacrificio di Prajapati si faceva cenno già in "Kasch", in un capitolo ("Elementi del sacrificio") in cui si tratteggiava il passaggio dal mondo vedico all'universo buddhhista. E Prajapati, letteralmente "Signore della creazione", è il protagonista di Ka. Ka, in lingua sanscrita è il pronome interrogativo "chi". "Chi (Ka) è il dio a cui dobbiamo offrire il sacrificio?" si legge ripetutamente nell'inno 121 del Rig-Veda.

"Prajapati era l'unico autoesistente" (pag.37). Da lui promana tutta la creazione. E' emozionante il susseguirsi di emanazioni da Prajapati, che fa scaturire il molteplice dall'unione del suo "doppio" femminile: Vac, la Parola. Man mano che crea Prajapati si sposta: diversamente dal Dio delle religioni del Libro che crea e rimane potente al cospetto della creazione, la forza di Prajapati si trasferisce nelle sue creature, in una sorta di passaggio dalla trascendenza all'immanenza: viene da paragonare questo tipo di creazione al Big Bang, in seguito al quale l'energia creatrice, da compatta e puntiforme, diviene polverizzata e diffusa, in continua espansione.

E' l'arciere Rudra, dio vedico della tempesta, a incaricarsi di uccidere il Padre, impegnato in un coito con la figlia Usas, l'Aurora; Rudra, sintesi di elementi prevedici, non ariani, che verrà tardivamente assimilato a Shiva.
Sono molti i capitoli del libro che meriterebbero una disamina approfondita. Qui possiamo solo citarli. Il bellissimo capitolo VII, per esempio, dedicato al sacrificio del cavallo (ashvamedha) e ancora il XII e il XIII, dei quali Krishna è il protagonista indiscusso. Infine il XIV, particolarmente interessante per i lettori di PARAMITA, dedicato al Buddha, che muove dal concepimento del Sublime sino alle sue ultime parole: "Operare senza disattenzione" (pag. 456).

Chiudono il volume una citazione delle fonti e un approfondito glossario, che ricopre anche la funzione di indice analitico.


Luigi Turinese


In foto: "La perfezione è nei contrasti"


Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA , Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XVI, n. 61, Gennaio-Marzo 1997

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Luigi Turinese Cantautore

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