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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

domenica 3 ottobre 2010

Le Recensioni di L.T. - "Gandhi commenta la Bhagavad Gita"

"Gandhi commenta la Bhagavad Gita", Edizioni Mediterranee, Roma 1988

Nella Bhagavad Gita (V-III secolo a. C.) sono condensate diverse dottrine filosofico-religiose dell'induismo di liberazione; in essa sono presenti passi che avvalorano una concezione impersonale dell'Assoluto accanto alla glorificazione dell'Assoluto personale. Infine, alcuni autori vi hanno ravvisato influenze buddhiste (si trova citato - tra l'altro - il termine nirvana).
E' logico che un'opera così ricca di spunti abbia ispirato tanti cercatori di verità; ed è logico che ciascuno di essi abbia trovato nella Gita spunti e conferme di temi peculiari alla propria ricerca.

Così i diversi commentatori della Bhagavad Gita ne offrono un'interpretazione da diverse prospettive, che spesso si completano a vicenda. Al Mahatma Gandhi sembra interessare particolarmente - com'è ovvio - il karma-yoga (lo yoga dell'azione, la cosiddetta "via delle opere"). "Il nostro unico scopo è conoscere Dio e realizzare l'irrealtà di tutto il resto. La via per conoscerlo non è quella di stare per terra con le gambe incrociate, ma è lavorare con spirito disinteressato". "Noi possiamo solo lavorare e lottare".
Il commento, dunque, ribadisce a più riprese un'esaltazione del lavoro compiuto per dovere, disinterassatamente, come mezzo per non soffrire gli effetti del karma. Per Gandhi, l'essenza della Gita sta nel tentativo di conciliare doveri sociali e doveri morali; e questo ne fa un'opera universale. "Questa è un'opera che può essere letta da persone di tutte le fedi religiose. La Gita non si pone dalla parte di nessun punto di vista settario. Il suo non è che un insegnamento di etica pura". Non sempre possiamo essere d'accordo col radicalismo di certe posizioni gandhiane (e sulla Gita, d'altra parte esistono commenti ben più profondi e filosoficamente acuti di questo - certamente riduttivo - di Gandhi); ma sempre, anche a proposito delle affermazioni che ci sembrano più datate o più opinabili, colpisce la disarmante umiltà di chi le pronuncia. Ispira tenerezza l'immagine del Mahatma che, giorno dopo giorno, per oltre nove mesi forza la propria natura anti-intellettualistica per condividere con gli ospiti del suo Ashram l'immortale sapienza della Gita.

Ci piace ricordare, infine, la curiosa antologia riportata nell'appendice di questo volume, in cui diversi autori esprimono i ll loro pensiero su Gandhi.In occasione del suo settantesimo compleanno (2.10.1939). Profondità e completezza di dati emergono dagli interventi di Radakrishnan e Comaraswany, ma vere e proprie "chicche" sono le comunicazioni di Einstein e soprattutto di Maria Montessori ("Gandhi e i bambini").

Luigi Turinese



In foto: "Il riposo del guerriero"


Recensione apparsa su "PARAMITA , Quaderni di Buddhismo", Anno VII, n. 28 , Ottobre-Dicembre 1988

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