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mercoledì 28 settembre 2011

Le Recensioni di L.T. - "Estetica del vuoto", di G. Pasqualotto

Giangiorgio Pasqualotto, "Estetica del vuoto", Marsilio Editori, Venezia 1992, pp.143

E' risaputo che per lo studioso occidentale una delle tematiche buddhiste più difficili e più soggette ad equivoci è quella del vuoto. Shunya (vuoto) o Shunyata (vuotezza): il nucleo della filosofia del Mahayana è tutto qui.
Negli anni '50, un brillante allievo di Radhakrishnan dedicoò un voluminoso saggio alla questione, esplorando il sistema Madhyamika di Nagarjuna (II secolo d.C.), che situò alle sorgenti del buddhismo tibetano e sino-giapponese (T.R.V.: "La filosofia centrale del buddhismo", trad. it. Roma 1983).
Alla dotta "pesantezza" del volume di Murti mancava la coloritura accattivante che impronta di sé quest'ultima fatica del professor Pasqualotto. Non che il lavoro di Pasqualotto soffra di superficialità, o cedimenti al gusto facile. Tutt'altro. L'autore, che insegna filosofia all'Università di Padova, durante un ventennio di pubblicazioni si è spostato progressivamente dall'analisi di problemi riguardanti gli sviluppi della civiltà occidentale verso un interesse crescente per il pensiero orientale.
Forse in questo percorso la tappa intermedia può essere rappresentata dai "Saggi su Nietzsche" (Milano , 1988).

"Estetica del vuoto" è un libro accattivante perché, su di un problema ostico come quello del vuoto, sceglie la via più fisiologica per il tema: la via meno concettuale.
E così, dopo una breve disamina delle due tradizioni che descrivono l'esperienza del vuoto, cioè il taoismo e il buddhismo, si passano in rassegna le attività estetiche in cui si riflette tale esperienza.

Attività tradizionali in Estremo Oriente, quali la cerimonia del tè, l'ikebana o arte di disporre i fiori, il poetare breve noto come haiku, il giardinaggio "alla giapponese", la pittura ad inchiostro, il teatro .

Esperienze, dunque, non idee o concetti. In Estremo Oriente non è nato nessun Platone. Manca persino l'idea di bellezza, ma non manca certo la facoltà di provocare e di vivere l'esperienza estetica. Così il vuoto non è un concetto ma un'esperienza cui si accede soprattutto per il tramite della meditazione. Laddove, naturalmente, anche disporre i fiori con la giusta presenza mentale è meditazione.

Luigi Turinese

In foto: "Round turtle"

Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno XII, n.45,Gennaio-Marzo 1993

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Luigi Turinese Cantautore

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