L'autore, monaco theravada dal 1970 al 1977, è già noto ai lettori italiani per aver curato, a quattro mani con Jack Kornfield, "I maestri della foresta", un libro su Ajahn Chah edito dalla casa editrice Ubaldini e recensito su Paramita n.34.
Della tradizione dei maestri della foresta, Ajahn Chah è certamente il più autorevole rappresentante contemporaneo. Per oltre un decennio è rimasto, fino alla morte recente, paralizzato e privo della possibilità di parlare. Tuttavia il seme del suo insegnamento ha valicato i continenti dando all'Occidente un impulso verso la pratica e promuovendo una sincera ricerca del Dharma (si pensi, per tutti, alla figura del suo discepolo più noto, Ajahn Sumedho).
Il libro di Breiter, scritto in uno stile chiaro, diretto e spiritoso, è a un tempo autobiografia e biografia del maestro. In effetti, può esser letto come un avvincente libro di avventure, in cui ogni rampollo della borghesia occidentale alla ricerca di un senso potrà riconoscersi. Così, al giovane novizio divorato dalle febbri e memore delle comodità della propria vita precedente, il maestro finirà per apparire come il "sadico più compassionevole del mondo".
Nel racconto che Breiter fa della propria esperienza non c'è nulla di quello spiritualismo caramelloso presente in altri resoconti; e concordiamo con il traduttore Giampaolo Fiorentini che avvicina il maestro thailandese, come appare nel ritratto del suo discepolo, ad una figura di "briccone divino".
Luigi Turinese
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo", Anno XII, n.45, Gennaio-Marzo 1993
Nessun commento:
Posta un commento