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"La qualità maggiore di un buon medico è un'estrema capacità di attenzione, perché la medicina è sopra ogni altra cosa un'arte dell'osservare" Luigi Turinese in Biotipologia

lunedì 25 aprile 2011

Le Recensioni di L.T. - "Naropa: Iniziazione" (a cura di) R. Gnoli e G. Orofino

R. Gnoli e G. Orofino (a cura di), "Naropa: Iniziazione", Adelphi Edizioni, Milano 1994, pp. 418

E' finito il turismo spirituale ad Oriente? Pare di sì, o per lo meno il fenomeno si è molto attenuato, rendendosi più interiore e meno bisognoso, quindi, di dimostrarsi attraverso voli charter. E' tramontato il turismo ad Oriente? Si sarebbe tentati di rispondere affermativamente, quando una casa editrice di alto profilo, ma pur sempre non specialistica come Adelphi decide di inaugurare una collana come la Biblioteca Orientale. Adelphi, a dire il vero, ha sempre avuto un occhio di riguardo per la letteratura religiosa d'Oriente. Lo testimoniano opere fondamentali come la Bhagavad Gita e il Tao-Te-Ching, o anche, in ambito buddhistico, Le Gesta del Buddha di Asvaghosa.
Inaugurare una collana a sé stante, e inaugurarla con un testo fondamentale e ottimamente curato come il Kalacakra di Naropa, però, è un'altra cosa, e testimonia un impegno di cui non possiamo non rallegrarci. Il programma editoriale della Biblioteca Orientale prevede la pubblicazione di uno o due testi all'anno, e chissà che, come nei voti di Roberto Calasso, la sua casa editrice non riesca ad emulare la collana "Sacred Books of the East", diretta nel secolo scorso da Max Muller, che arrivò a pubblicare, in trentacinque anni, quarantanove testi fondamentali della soteriologia orientale! Ce lo auguriamo di tutto cuore.

Il Kalacakra dunque, rappresenta l'ultima grande opera del buddhismo tantrico indiano. Elaborata attorno all'anno mille dell'era cristiana, è avvolta da un alone leggendario. Attribuita ad una dinastia di Re sacerdoti del paese fantastico di Sambhala, fu verosimilmente opera di un'accolita di yogin dell'India nord-occidentale. Il grande santo indiano Naropa, noto per essere stato il maestro spirituale di Marpa (e quindi, in un certo senso, il "nonno spirituale" di Milarepa...), realizzò un commento del Kalacakra, che prese poi la via del Tibet. Di tale commento è sopravvissuto soltanto un capitolo, di cui qui si riporta la traduzione accompagnata da un sapiente apparato critico.

"Nella tradizione del Kalacakra il processo di adempimento ... viene compiuto attraverso un sistema di yoga detto a sei membri ..., in cui l'energia sessuale ha una parte assai rilevante ...lo yoga dei Tantra buddhisti non si basa su una repressione, difficile e innaturale, dei nostri istinti fondamentali, ma su di una loro trasformazione e sublimazione" (dalla splendida introduzione di Raniero Gnoli, pag. 68).
Si è molto favoleggiato, nell'Occidente sessuofobo/sessuomane, su questo aspetto del tantrismo. Non ci sembra il caso di entrare in questo ginepraio. Ci limitiamo ad osservare che nel tantrismo si usa descrivere la versione "della mano sinistra", in cui prevale la versione letteralistica degli elementi sessuali; e la versione detta "della mano destra", in cui si fa valere l'interpretazione metafisica.

Il nostro libo, per la verità, non contiene solo il Kalacakra, ma presenta anche dei testi brevi e rari, provenienti dall'Asian Society di Calcutta e dai National Arcives di Kathmandu.

Al professor Raniero Gnoli, tra i più brillanti orientalisti usciti dalla scuola di Giuseppe Tucci, si devono le novanta pagine introduttive e la traduzione dell'originale sanscrito; il testo sanscrito è fatto oggetto di confronto con la traduzione tibetana grazie alla cura di Giacomella Orofino, studiosa attenta della letteratura religiosa in lingua tibetana.
La collaborazione tra i due studiosi è stata felice come in rari casi accade. Ci piace trasmetterne la qualità riportando le parole dello stesso Gnoli (Prefazione, pag. 9): "Nell'antico Tibet alla traduzione di testi sanscriti cooperavano solitamente due studiosi, un pandit indiano e un dotto tibetano, chiamato lotsava. Il metodo da noi tenuto è stato lo stesso, io il pandit e lei il lotsava".

Luigi Turinese


In foto: "Scultura"

Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA, Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo", Anno XIV, n.54, Aprile-Giugno 1995

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