Sidney Piburn (a cura di), "Il Dalai Lama. Una politica di gentilezza", Edizioni Il Punto d'Incontro, Vicenza 1995
Questa antologia di scritti del Dalai Lama, che comprende anche contributi di giornalisti che lo hanno intervistato, prende le mosse dall'assegnazione, nel 1989, del Premio Nobel per la Pace a Tenzin Gyatso.
Il discorso tenuto da Sua Santità in quell'occasione è commovente e incisivo. Vi trova cittadinanza la sofferenza di tutto il popolo tibetano. Non si può rimanere indifferenti di fronte al fatto che, confermando l'implacabile verità di anicca, un capo spirituale sia dovuto diventare, per necessità, anche un abile stratega politico. Nonostante le sofferenze personali e del suo popolo, il XIV Dalai Lama ha saputo trasformare anche l'esperienza della diaspora in un seme di apertura. "Ci sono così tante diverse disposizioni mentali! Per certe persone il buddhismo semplicemente non può funzionare. Le differenti religioni incontrano i bisogni di differenti persone" (pag.59)
Non possiamo analizzare partitamente i sedici capitoli del libro. Tuttavia ci piace menzionare la bella intervista di John Avedon (capitolo III, "La sua vita"), in cui vengono passate in rassegna le tappe della vita di Tenzin Gyatso, con particolare riguardo ai suoi sentimenti circa la condizione di essere il Dalai Lama.
O ancora il capitolo V ("Gentilezza e compassione"), capolavoro di buddhismo pratico. "Che si creda o meno nella religione o che si creda o meno nella rinascita, non c'è nessuno che non apprezzi la gentilezza e la compassione" (pag. 51).
Luigi Turinese
In foto: "Confusione"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA , Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo ", Anno XV, n. 58, Aprile-Giugno 1996
Questa antologia di scritti del Dalai Lama, che comprende anche contributi di giornalisti che lo hanno intervistato, prende le mosse dall'assegnazione, nel 1989, del Premio Nobel per la Pace a Tenzin Gyatso.
Il discorso tenuto da Sua Santità in quell'occasione è commovente e incisivo. Vi trova cittadinanza la sofferenza di tutto il popolo tibetano. Non si può rimanere indifferenti di fronte al fatto che, confermando l'implacabile verità di anicca, un capo spirituale sia dovuto diventare, per necessità, anche un abile stratega politico. Nonostante le sofferenze personali e del suo popolo, il XIV Dalai Lama ha saputo trasformare anche l'esperienza della diaspora in un seme di apertura. "Ci sono così tante diverse disposizioni mentali! Per certe persone il buddhismo semplicemente non può funzionare. Le differenti religioni incontrano i bisogni di differenti persone" (pag.59)
Non possiamo analizzare partitamente i sedici capitoli del libro. Tuttavia ci piace menzionare la bella intervista di John Avedon (capitolo III, "La sua vita"), in cui vengono passate in rassegna le tappe della vita di Tenzin Gyatso, con particolare riguardo ai suoi sentimenti circa la condizione di essere il Dalai Lama.
O ancora il capitolo V ("Gentilezza e compassione"), capolavoro di buddhismo pratico. "Che si creda o meno nella religione o che si creda o meno nella rinascita, non c'è nessuno che non apprezzi la gentilezza e la compassione" (pag. 51).
Luigi Turinese
In foto: "Confusione"
Recensione apparsa nella rubrica "Libri" di "PARAMITA , Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo ", Anno XV, n. 58, Aprile-Giugno 1996
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